Dopo i fatti accaduti al Cibali, e la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, i ragazzi del liceo classico Spedalieri di Catania stendono un documento, che appare sul giornale La Sicilia, in cui fra l’altro scrivono:
"Noi abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare il senso del vivere e del morire, qualcuno che non censuri la nostra domanda di felicità e di verità. Noi riteniamo che la scuola possa costituire una spazio adatto per questa ricerca e che liberamente uno possa verificare tutta la positività e il bene che la realtà ci promette. Dentro le cose che studiamo , dentro il tempo scolastico, dentro il rapporto con i professori.
Per questo chiediamo innanzitutto ai prof e alla scuola intera che ci prendano più sul serio, che prendano sul serio le nostre vere esigenze".
La risposta di preside e professori (trovata parzialmente qua): "Non possiamo né vogliamo darvi delle risposte, ma prepararvi affinché siate voi non solo a chiedervi quale sia il senso della vita ma anche a riuscire ad individuare, tramite lo studio del cammino culturale dell’uomo sociale, la risposte adeguate al vostro percorso. Proporvi, o imporvi, delle verità è integralismo, cioè barbarie, e pertanto questo atteggiamento non può avere luogo nella scuola pubblica, cioè democratica e laica".
Forse tra proporre e imporre qualche distinzione andrebbe fatta. E immaginare che si possa fare lezione intorno a qualsiasi tema, limitandosi a riferire su un piede di parità le opinioni di tizio, caio e sempronio (e ogni altra possibile opinione) è una palese scemenza. Il che però non significa che bisogna insegnare che tizio dice il vero, e caio e sempronio e tutti gli altri il falso.
Se un professore non vede alternativa all’infuori di queste due, non è un bravo professore.
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