Ieri, sulla Stampa, un articolo di Marco Baudino presentava il convegno romano con e su Gianni Vattimo. C’era anche un articolo dello stesso Vattimo, al quale risponde oggi amabilmente Severino. Severino ha ragione sul punto: Vattimo mi attribuisce una filosofia che non è la mia, fatta di strutture epistemiche e principi primi che devono spiegare (cioè dominare) il divenire. Chiarito l’equivoco, possiamo essere d’accordo: si tratta di pensare l’essere, quello che c’è. Però Vattimo pensa all’attualità, e arriva sinanche a pensare che quello che c’è, è grosso modo quello che c’è sui giornali: l’attualità nel senso finanche della quotidianità. Mentre io voglio scendere nel profondo: la quotidianità stessa ci impone di andar oltre, verso il profondo.
E’ curioso. Senza impegnare altro che questi articoli di giornale, mi chiedo come possa Severino non sospettare che scrivendo che la quotidianità "impone di andar oltre" (corsivi miei), presta il fianco alle osservazioni di Vattimo: c’è una superficie, e c’è un profondo oltre la superficie… D’altra parte Vattimo scomoda implicitamente Foucault ed esplicitamente Hegel per pensare la filosofia come il proprio tempo pensato in concetti, senza dire nulla sul fatto che al nostro tempo forse appartiene proprio questo tratto, che non si lascia pensare in concetti. E forse non è nemmeno una roba del nostro tempo soltanto.
Mi aspettavo qualche considerazione sull’intervista a Girard apparsa ieri su Il Foglio.
Riccardo
Grazie per la segnalazione. Ho letto solo ora, e vale la pena parlarne.
Figurati. Aspetto con ansia il pezzo.
Riccardo