Archivi del mese: aprile 2007

Perofobia.

E se fossi perofobo? Me lo chiedo davvero. Leggo gli articoli di Marcello Pera e ho una reazione di ripulsa ingiustificata e ingiustificabile. Leggo che non solo non esiste in Europa un "problema sociale degli  omosessuali", ma che gli omosessuali sono pure avvantaggiati! "Mentre è possibile oggi bloccare strade e città per una manifestazione di gay pride, non è più possibile intralciare il traffico per una processione del Corpus Domini".

Io non so come si possa dare una simile rappresentazione della realtà. A parte il fatto che nel mio paese le processioni procedono eccome (deve dunque essere che noi provinciali siamo arretrati) ma è veramente curioso che Pera si stia convincendo che fra poco i cattolici saranno costretti a tornare nelle catacombe, non potendo più manifestare per strada. Ma il family day – mi chiedo a questo punto allarmato – è stato autorizzato? E dove lo fanno: a Roma o a Pontecagnano (io, peraltro, non ho nulla contro Pontecagnano)? E, dico, il gay pride a Roma, quando fu che se ne parlò, parve una provocazione tanto obbrobriosa quanto il family day?

Ma Pera continua: dove sarebbe tutta questa omofobia della Chiesa? Solo perché considera l’omosessualità "un disordine morale e un a-normalità" tutti lì a parlare di omofobia? Sono anormali: che sarà mai! Forse che non lo si può dire? Deviano dalla norma: beh, non lo sapete? Chissà, forse Pera pensa che gli omosessuali siano anormali come le persone coi capelli rossi, che proprio normali non sono: se ne vedono così poche, in giro.

Ma Pera è uno che parla chiaro: non ci prendete in giro con questa storia dei DICO, cambiate i nomi, allungate il brodo, ma noi mica siamo fessi, noi difensori dellla civiltà: "il matrimonio uomo-uomo e donna-donna" non lo vogliamo. E perché non lo volete? Io, per esempio, non voglio il matrimonio delle persone coi capelli rossi: sono anormali.

Ma no. C’è di più. Questi qua sono moralmente disordinati. Le persone moralmente disordinate non si possono sposare. ai golosi dovrebbe essere vietato di entrare in pasticceria. Il disordine morale: scherziamo? Non c’è altro – almeno non nell’articolo di Pera. Né si capisce cos’altro possa esserci, contro l’unione uomo-uomo o donna-donna. Solo il disordine morale, per argomentare il quale Pera non si dà troppa pena. Anzi: non se ne dà affatto. Non ci spiega a chi facciano male due persone dello stesso sesso che si uniscono in matrimonio. (Già: a loro stessi. Come ho fatto a non pensarci: fuori i golosi dalla pasticceria: subito!)

Ma perché sono perofobo? Non mi dò pace. Salto su con questi post e maltratto l’ex Presidente del Senato che vuole salvare la civiltà in pericolo, solo perché lui, non più di molti altri, scrive articoli di una sfacciataggine unica. Perché non riconosco i suoi indubbi meriti intellettuali, perché non apprezzo la lucidità del suo pensiero? Perché mi convinco che Pera, statisticamente parlando, non è normale? Perché finisco col pensare che filosofi di tal lustro teoretico ce ne sono pochi, pochissimi, praticamente solo lui?

(Perché, perché non smetto di immaginare Marcello Pera coi capelli lunghi e rossi ?)

Il cielo significa

Spinoza e Etty Hillesum

Ultimo

Ultimo numero di Left Wing. L’elzeviro è Un’esperienza più libera e più umana. La goccia è Dewey. Ma soprattutto, dicevo, è l’ultimo: l’editoriale spiega che e perché per un po’ (quanto poco non si sa) Left Wing non verrà aggiornato. Certo, se vi inscrivete in massa alla newsletter…

Parentesi per intenditori

"Che una certa area cerebrale si attivi tutte le volte che un cattolico pensa a padre Pio non ci dice proprio nulla sul senso di quei pensieri. Le domande del tipo ‘che cosa significa?’ non sono cioè riducibili a quelle del tipo ‘dove accade?’"

"L’esperienza religiosa è un caso esemplare dell’impossibilità di ridurre i fatti della vita ai suoi componenti. L’esperienza religiosa è un fatto della nostra vita, un’evidenza di cui rendere conto (non c’è umano per il quale non si ponga questo tipo di esperienza: quello dell’ateo, per intenderci, è uno dei modi in cui si può vivere quell’esperienza), un’evidenza elementare, nel senso che non può essere tralasciata per tempi migliori, quando si saranno intanto spiegati gli altri ‘moduli’, quelli più semplici. […] non è possibile – senza una teoria dell’esperienza religiosa – neanche avere una teoria soddisfacente del linguaggio umano".

C’è una parentesi quadra nel testo che avete appena eletto, e che proviene dall’editoriale del primo numero della rivista Forme di vita, nata nel 2004, attualmente in libreria  con un bel fascicolo dal titolo foucaultiano. Nella parentesi quadra si legge:

"[Per intenderci, dal nostro punto di vista radicalmente materialistico] non è possibile…".

Par condicio

Terrorismo dal volto umano, ma pur sempre terrorismo. E come l’altro ripugnante, "altrettanto" ripugnante. Cioè: ti ripugna il kamikaze? Ti ripugna Osama Bin Laden? Beh, a mons. Amato ripugnano nella stessa maniera, ripugnano "altrettanto", gli abortisti (e/o tutto ciò che concorre a).

Mons. Amato non è un arcivescovo qualunque (che già, essendo arcivescovo, non sarebbe qualunque). No, è il segretario della Congregazione della Dottrina della Fede. Che si lamenta perché "purtroppo" (purtroppo) non gli è dato di chiudere le biblioteche e le cineteche del male. Le deve accettare con cristiana sopportazione, immagino.

Ho preso queste piacevolezze dall’intervento di mons. Amato qui, ma ha richiamato la mia attenzione su di esse, stamane, luigi de marchi, su Radio Radicale. Ovviamente, nessuno vuole impedire a mons. Amato di dire le cose orrende che dice, non è che ora mi salta su qualcuno il quale si lamenta che si vuole zittire mons. Amato o la Chiesa. Ma nient’affatto. Io mi auguro che consentano a mons. Amato di dire queste cose alle 20.30 a reti unificate, nei panni più solenni che la sua veste ufficiale gli dona. Mi auguro che qualcuno gli metta a disposizione anche le immagini da mandare mentre lui parla dei mattatoi, le cliniche dove si abortisce essendo per lui dei mattatoi. E le immagini delle stragi terroriste, sottotitolate dalle sue parole. Bambini dilaniati dalle bombe e medici ospedalieri che fanno il loro mestiere. Per rendere il tutto più vivido e impressionante. Così almeno mons. Amato non parlerebbe più delle "centrali oscure, laboratorio di pensieri falsi" che inquinano la verità. Dopodiché mi prenderei solo un minuto per informare i telespettatori che questa è l’opinione della Chiesa cattolica apostolica romana,o almeno della sua gerarchia, e che vi sono al mondo altre Chiese cristiane, altri pastori cristiani, che non possono non inorridire ascoltando le parole di mons. Amato. E leggerei una pagina del Vangelo, una a caso: Così: per par condicio)

Il Manifesto, organo dei radicali italiani

Trovo, dopo quasi un mese, questo notevole articolo di Luisa Muraro sui temi più scottanti del confronto tra laici e cattolici. Enumero in breve i punti salienti:

radici cristiani dell’Europa. Chi le voleva in Costituzione aveva ragione: non si può mettere in Costituzione il mondo antico, il rinascimento, l’illuminismo e saltare il medioevo. L’Europa è quella che è anche per la mediazione romana e cristiana;

i Dico. L’abbiamo buttata sull’ideologico e abbiamo sbagliato. Un monsignore diceva un anno fa che le coppie di fatto sono un fatto e come tale va riconosciuto. E invece guardate come è andata a finire, a prendersela con le ingerenze della Chiesa. (Zapatero, lui, è stato troppo disinvolto);

Il referendum sulla legge 40. Ruini è di destra e vabbè, Ruini ha giocato non proprio pulitissimo con l’astensione e vabbè, però anche alle donne i referendum non garbavano tanto: ma chi se ne è accorto? Si sono preferite contrapposizioni laici/integralisti, credenti/non credenti, destra/sinistra che non hanno rispondenza nei reali interessi delle donne e delle classi popolari;

la dottrina sociale della Chiesa. Ma la dottrina assegna al lavoro un primato sul capitale: ce ne siamo dimenticati? "Certe volte, a leggere il manifesto sui temi di confine tra società e vita religiosa, credo di avere in mano il giornale dei radicali e non un quotidiano comunista".

Qualche considerazione in estrema sintesi: radici cristiane. Nessuno mi ha spiegato che dobbiamo farci con queste – e con le altre radici. Un fatto simbolico, dice la Muraro. Ma anche i fatti simbolici hanno una ragione d’essere e un senso politico. Le celebrazioni del 25 aprile rinnovano l’esecrazione del nazifascismo, che non deve tornare. Con le radici cristiane sto forse dicendo che il paganesimo non deve tornare, che i buddisti se ne devono andare, o che l’islamismo non deve avanzare? (Dopodiché, non mi straccerei le vesti, se è solo per gusto antiquario)

i Dico. Non scherziamo. Confrontiamo la proposta di legge sui Dico con il resto delle legislazioni europee e poi vediamo se è frutto di laicismo esasperato e di polemica anticlericale, oppure se il resto d’Europa meriterebbe con più ragione, visti i testi legislativi, accuse simili.

il referendum. In attesa di conoscere come si sarebbe dovuta disegnare la contrapposizione secondo le vere linee divisive, mi domando in cosa la legge 40 sarebbe a giudizio della Muraro più rispettosa della specificità femminile. Il referendum su una materia del genere per me è peraltro sacrosanto, direi anzi che è la materia referendaria per eccellenza. Non dò giudizi sull’opportunità politica del momento, o su come sia stata condotta l’intera vicenda, perché non me ne intendo, ma, nel merito, non ho capito o non mi vien detto quali punti, conseguenti all’eventuale abrogazione referendaria, avrebbero offeso le donne, urtato le donne, mortificato le donne. Quel che succede invece con la storia dell’impianto di massimo tre ovuli fecondati ho invece idea che non sia il massimo della prospettive per una coppia, e per la donna in particolare.

dottrina sociale e radicali. I radicali prendono in Italia percentuali elettorali assai basse: possibile che siano questo spauracchio? Non mi capacito. Non c’è forse ragione di pensare che non è il manifesto a simpatizzare ma, su certi temi, la realtà? Dopodiché con le formule si fa presto: è come se un marxista mi tirasse fuori Marx e la religione oppio dei popoli per meravigliarsi che la Muraro vada in cerca di un incontro coi cattolici. Stupidaggini. D’altra parte è anche vero che la Muraro respinge come inadeguata la distinzione destra/sinistra, e dunque c’è da sospettare che il comunismo al quale pensa non sia di sinistra. O forse: c’è Arpaia che ha scritto un efficace pamphlet sulla sinistra reazionaria, magari tornerà utile leggerlo.

After this nothing happened

Ho cominciato a leggere l’interessante libro di J. Lear, Radical Hope: Ethics in the Face of Cultural Devastation,  che sulla New York Review of Books è recensito da una firma illustre, Charles Taylor. La recensione è un lungo commento alle parole del grande capo della tribù dei Crow, al tramonto del suo mondo: After this nothing happened. Quando una cultura (una forma di vita) finisce, non rimane da vivere che un’esistenza incomprensibile.

Quand’è così, solo una speranza radicale ti può sostenere in un mondo altrimenti privo di significato.  E una speranza radicale è una speranza diretta verso un bene futuro che trascende qualunque capacità di comprensione di ciò cui propriamente essa si indirizza. Una simile speranza è una speranza religiosa.

Lear lascia vedere anche i problemi. Per esempio: in nome di una simile speranza, si finisce con l’accettare un bel po’ di cose. E cosa pensare di chi amministra una simile speranza? D’altra parte, tu eri un indiano coraggioso perché andavi a caccia: come puoi ancora dirti coraggioso, ora che hai accettato il dominio yankee, e una vita in riserva? Eppure, se non puoi dirti coraggioso, non puoi vivere. Dunque, devi risignificare il coraggio. Coraggiosa diviene la pazienza di chi accetta di vivere per un bene futuro radicalmente incerto (secolarizzato, questo coraggio non ci è affatto estraneo, ed è quel che trattiene lo svantaggiato, in condizioni di ingiustizia sociale, dal mandare tutto per aria). (Quanto a loro, i Crow si diedero all’agricoltura).

C’è un’ultima cosa. Nella recensione, Taylor si sofferma sul tema della democrazia. Il caso dei Crow dimostrerebbe che dall’interno della tua cultura tu puoi e devi trovare le risorse per inventare nuove soluzioni, mentre non basta esportare libere elezioni per trapiantare modelli politici e culturali. A me interessa invece il problema di se e come si mantiene la speranza religiosa: può essa vivere in condizioni di completa indeterminatezza? Se non lo può, allora, inculturandosi, finisce col perdere la sua radicalità, cioè la sua tensione propriamente religiosa. E se finisce col perdere la sua tensione propriamente religiosa, finisce col morire insieme con la cultura in cui s’è infilata.

Serial killer

Se avete sei minuti di tempo, poco meno, e vi piace Dylan Dog, guardatevi questo cortometraggio al quadrato. (Girato da un amico, girato a Salerno, girato bene con pochissimi mezzi).

(oggi è festa, si può derogare)

Il dispositivo

Grazie a georgiamada (che ringrazia giorgio di costanzo) leggo l’articolo che Alfonso Belardinelli ha dedicato su Il Foglio a Che cos’è un dispositivo? di Giorgio Agamben. L’articolo è ottimo. Non avendo però letto il testo di Agamben (e soprattutto non avendo letto il suo ultimo libro, cosa che prima o poi farò) mi astengo dal discutere nel merito. Salvo un punto, che se non ricordo male ho già proposto (ma non saprei dire dove). Belardinelli conclude infatti con cinque domande, e ho anch’io la mia domanda, a proposito di questo passo agambeniano:

Vi propongo nulla di meno che una generale e massiccia partizione dell’esistente in due grandi gruppi o classi: da una parte gli esseri viventi (o le sostanze) e dall’altra i dispositivi in cui essi vengono incessantemente catturati” (p. 21).

La domanda è: chi diavolo li produce i dispositivi, da dove vengono fuori? Come cioè ha origine la partizione proposta? Se debbo pensare che sono gli esseri viventi a produrre i dispositivi, allora non posso saltare questo punto e cominciare dalla partizione; se invece non sono loro, chi mai sarà? Sorgono da sé? Ci sono sempre stati? (E in generale, posso io cominciare con un di qua questo, di là quello?)

La pura laicità e il sorriso della vergine pagana

A Salerno è partito il corso di formazione politica fortemente voluto dall’on. M. Carfagna, commissario di Forza Italia in città (ecco l’intenso programma, inaugurato dall’on. S. Bondi con una relazione su Laici e cattolici: una fede comune). Analoga iniziativa a Napoli (manifesto in pdf, con Gandhi in esergo). Visto l’attivismo, son risalito all’origine, al Dipartimento di Formazione del Partito (guidato dall’on. Gaetano Quagliariello, vice l’on. Mara Carfagna) e a Ragionepolitica.it, diretta da don Gianni Baget Bozzo.

E’ un sito molto istruttivo, da frequentare assiduamente. Vi si leggono per esempio gli articoli di Raffaele Iannuzzi (nato a Grosseto nel 1966, si è laureato in filosofia presso l’Università di Pisa. È stato socialista operaista e vicino ad Autonomia Operaia. Nel 1992 è approdato alla fede cattolica. Ha pubblicato Il Dio cercato, Marietti, Genova-Milano 2003: notizie prese qui, dove c’è anche una convincente foto).

Raffaele Iannuzzi ha, nel suo ultimo articolo, un attacco fulminante: "Il laicismo è reazionario. Non può che essere tale perché si pone relativamente nei confronti della vera laicità, competitiva e fondata su un ethos oggettivo e naturale". Ora, io a Raffaele Iannuzzi voglio concedere (per non più di un secondo) l’ethos oggettivo e naturale che dice lui, voglio concedere la vera laicità competitiva e l’idea che il laicismo si ponga relativamente nei suoi confronti (qualunque cosa ciò significhi: si pone in relazione, si pone di sguincio, si pone di fianco?), ma non mi riesce di capire come, anche tutto ciò concesso, ne venga che il laicismo è reazionario. Forse che la vera laicità è progressista, e il cattivo laicismo che si pone relativamente è perciò reazionario? Ma Iannuzzi, don Gianni che è il suo Direttore, Quagliariello che guida il Dipartimento, son tutti progressisti? E soprattutto: Iannuzzi crede che l’uso della congiunzione perché equivalga automaticamente alla produzione di un argomento, di uno straccio di spiegazione? Uno legge l’articolo, e la fondazione dell’ethos oggettivo e naturale, e della laicità vera e competitiva (ma ‘competitivo’ cos’è, un omaggio a Berlusconi e alla cultura dell’impresa? Pure la laicità è competitiva?) non ce la trova.

In compenso trova garbate prese in giro. Per esempio all’indirizzo della filosofa De Ponticelli (in luogo di Monticelli: spero sia solo un refuso), "mite figura dell’Anticristo nostrano" (addirittura!) che nell’ultimo libro, siccome si dichiara a favore dell’eutanasia (che poi sarebbe da vedere se e come), sfodera per Iannuzzi "il sorriso della vergine pagana". Ma l’articolo  è davvero esilarante: si apprende per esempio che "la Cristianità di Benedetto XVI" è "l’ultimo bastione della laicità" è "laicità pura" – e nel corso dello stesso capoverso si rimbrottano tutti i cattolici che cercano altre strade: "Non esiste ‘pensiero laterale’ possibile, solo per chiamarsi fuori dall’adesione piena e incondizionata alla poizione della Chiesa".

Esilarante davvero: pura laicità, laicità pura. Adesione piena e incondizionata. Non so voi, ma io preferisco mille volte il sorriso della vergine pagana. (E pazienza per la civiltà occidentale che Iannuzzi "ama e difende").

Un sano concetto di laicità

"Come è adeguato esigere dai musulmani, che sono maggioranza in Italia, il rispetto della costituzione, anche là dove potesse chiedere loro un ‘sacrificio’ dal punto di vista della loro ermeneutica del bene comune (per esempio, a proposito della poligamia), così, in base a questo sano concetto di laiità, non mi pare contraddittorio chiedere qualche sacrificio a una minoranza che pretenda un riconoscimento giuridico-legislativo rigettato dalla maggioranza, sempre fatto salvo il riconoscimento e l’esercizio dei diritti fondamentali personali" (Angelo Scola, una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio 2007, p. 24).

(Il 2 maggio parteciperò a Roma a un incontro sui temi della nuova laicità, poi vi dirò, e mi sto preparando. Si accettano suggerimenti. Uno potrebbe essere questo del patriarca di Venezia: sacrifici per le minoranze).

La lotteria di Maurizio Ferraris

La lotteria funziona così. Vende biglietti, incassa, preleva dall’incasso una quota, che incamera, e quel che resta mette a montepremi. Quand’ero un bravo ragazzo, e in tv Pippo Baudo reclamizzava a Fantastico i biglietti della Lotteria, facevo questo ragionamento: i biglietti costano 5000 lire, ma valgono 1000, perché solo un quinto dell’incasso finisce nel montepremi. Chi compra un biglietto perde dunque, mediamente, quattromila lire. Allora io mi piazzo davanti all’edicola, e promettendo di far risparmiare duemila lire al costo di duemila lire spiego questa cosa al potenziale acquirente del biglietto: lui, non acquistando, risparmia duemila lire; io, spiegando, guadagno duemila lire.

Bene: non va così. La gente preferisce comprare il biglietto piuttosto che dare duemila lire a me (che sarebbe molto più razionale). Maurizio Ferraris, in volo sull’easy-jet, su una cosa cioè che funziona solo grazie a degli ingegneri molto razionali, si meravigliava del fatto che i passeggeri acquistassero dalle hostess biglietti gratta e vinci: "Non dobbiamo illuderci sul fatto che il progresso tecnologico sia anche sviluppo razionale", commenta.

Ma è così irrazionale  acquistare un biglietto "gratta e vinci"? (A scanso di equivoci, non ne ho mai acquistato uno in vita mia). E’ irrazionale partecipare a un gioco ‘in perdita’? Si dice tutto dicendo che è irrazionale? In realtà La lotteria ‘gratta e vinci’ (e ogni altra lotteria e banco di scommesse, comprese quelle più o meno propinate da omonimi) ha di brutto non che è irrazionale, ma che è immorale: qualcuno (lo Stato) lucra sulle speranze irrazionali dei passeggeri di vincere una fortuna (e tanto più è immorale quanto più è debole il soggetto abbindolato dalla speranza). Se uno però si accorge che c’è chi lucra, si arrabbia: questo spiegherebbe perché davanti all’edicola nessuno mi darebbe duemila razionalissime lire per la mia spiegazione, dimostrando che si preferisce un comportamento irrazionale al lucro altrui (quando sarebbe razionale il contrario).

Ecco, con il libro su Babbo Natale ho l’impressione che Ferraris voglia fare un po’ come me dinanzi all’edicola. Se distinguesse fra chi lucra sulle speranze irrazionali e tutto il resto, apprezzerei un po’ di più.

Postilla. Il credente che credeva che il mondo è stato creato in sei giorni, era in buona fede. Il credente che oggi sa che il racconto non può essere preso alla lettera e tuttavia crede lo stesso, è in malafede (secondo Ferraris). Ma crede lo stesso cosa? Che il mondo è stato creato? Io non lo credo, ma neppure so cosa debba credere al riguardo: debbo credere che il mondo non è stato creato? E cosa vuol dire, questo? E’ sicuro Ferraris che è tutto in ordine a proposito dell’inizio del mondo, e che non abbiamo bisogno che di ingegneri?

Le parole di Cho

Diciamo che ho scritto questo articolo per Left Wing allo scopo di linkare le parole di Cho Seung-Hui che, messe in versi da Tiziano Scarpa, mi hanno molto impressionato. Poi l’ho scritto anche per polemizzare con quelli che, come Lee Harris, non perdono mai l’occasione per prendersela con l’Occidente malato (e questo spiega come mi sia potuto imbattere nell’orrendo editoriale di Folli linkato sotto). E tutto sommato può darsi anche che non sia una gran cosa, ma il solo fatto che gli sia stato trovato questo stupendo titolo, E liberaci dalle spiegazioni, ne giustifica l’esistenza.

(La goccia è Wittgenstein, Comprendere una poesia, e anche quella vale la pena e ha a che fare con)

Una nota

(Stimolato dal commento di giulio mozzi, metto anch’io una nota al post su limbo e purgatorio)

Nota. Se si può andare nel logo chiamato ‘paradiso’ anche senza essere battezzati, e si deve anzi sperare che i bimbi senza peccato all’infuori del peccato originale ci vadano senz’altro (visto che non hanno colpe da scontare in purgatorio, e visto che il limbo è stato inventato per evitare loro l’inferno), che fine fa il peccato originale? Io ho sempre pensato che la peccaminosità del peccato originale fosse ben più grande e grave di quella dei peccati personali, ma ora solo questi ultimi possono farmi dubitare di finire in paradiso, mentre quello no. E allora: perché mantenere la dottrina del peccato originale? Eppure Papa Benedetto XVI ha messo tra i segni dei tempi tristi che stiamo attraversando proprio l’incapacità di mantenere nell’orizzonte della comprensione dell’umano la dottrina del peccato originale.

Io, per me, ho sempre pensato che una religione è spacciata quando si risolve in morale. Alla lunga, è spacciata. La dottrina del peccato originale è moralmente assai dura da digerire: ed ecco che la Chiesa corregge moralmente l’ingiustizia più insopportabile, che cioè i bimbi senza colpa siano privati del luogo chiamato ‘paradiso’. Nella zona temperata dalla morale, la religione secondo me non sopravvive a lungo. Per questo, ho scritto che, non avendo più il fegato di Sant’Agostino, che dannava l’umanità intera salvo pochi, non vedo altra possibilità che ‘superare completamente la scena della giustizia’. Tutti salvi.

Ma se siamo tutti salvi (in verità, ci vuole coraggio anche per pensare qualcosa del genere, e ancor più perché lo pensi un vescovo di Roma: ma un coraggio di altra natura), che fine fa l’amministrazione ecclesiastica della salvezza? E d’altra parte, se i sacramenti vengono amministrati in base a ragioni morali – tanto che per i bimbi non battezzati provvede direttamente la grazia di Dio – perché dovrei rivolgermi alla Chiesa petrina, per trovare la salvezza?

Non so. (giulio, mi piacerebbe che tu avessi ragione. Ma forse per la Chiesa il primo crimine, sebbene minore, è ancora sufficiente per lasciare le cose come stanno)

L'editoriale peggiore

Stefano Folli su Il Sole, scrive stamane il peggiore editoriale che mi sia stato dato di leggere da un po’ di tempo in qua. Folli scrive che in Francia il partito più imponente è quello degli indifferenti e degli indecisi. (In Francia, straordinaria affluenza alle urne: 84,6%). Quali le cause? La fine delle ideologie. Segue questo passaggio agghiacciante: "Le ideologie si sono sfarinate, e negli Usa la società è disgregata. I morti del Virginia tech sono lì a ricordarcelo. La politica non svolge più la sua impareggiabile funzione di grande pedagoga della gioventù. Così come la scuola non educa più alle virtù civiche, né lo fa la famiglia. I giovani sono lasciati a se stessi".

Senza commento.