“Blaise Pascal?”
“Sì, lui. È stato Carnap”.
“Carnap?”
“Sì, Carnap. Non si conosce il mandante, ma si conosce il movente: prima di sparargli in pieno volto, Carnap gliel’ha sbattuto gelidamente in faccia: «Lei ha chiesto: «Ne sei degno?». E, prima che quello potesse rispondere un sì o un no, ha detto: «Se rispondi di sì, sei presuntuoso, e pertanto indegno. Se rispondi di no, sei indegno ugualmente, e allora Dio perché dovrebbe mostrarsi proprio a te?»”.
“Elegante, non ti pare?”.
“Lo pensava anche Pascal. E Carnap non gli ha fatto dire altro. «Queste sono due valve di pseudo-proposizione che insieme fanno una cozza metafisica!», gli ha rinfacciato, prima di fare fuoco. Pascal non ha fatto in tempo a portare la mano alla tasca (ma possibile che fosse anche lui armato? Roba da non credersi!) che Carnap, velocissimo, gli ha maciullato il suo grosso naso e la sua insopportabile boria”.
“È già successo”.
“A Pascal? Ma come? Chi?".
“Ma no, cosa hai capito?
È già successo che facessero fuori uno di noi. Carnap, poi, è un killer spietato e sanguinario: ha un criterio di significanza maledettamente stretto, ed è inevitabile che prima o poi arriverà fin qui. Ma noi non ce ne preoccuperemo”.
“Come dici?”.
“La filosofia è meditatio vitae, mio caro: non star lì a pensarci. Piuttosto, Pascal credeva che si dovesse vivere come se si stesse per morire, e ora qualcuno penserà che se l’è cercata. Scherzi del destino. Però stavolta non aveva tutti i torti.”.
“Come sarebbe non aveva tutti i torti?”.
“Ascolta. Perché Carnap gli ha sparato? Perché quelle di Pascal erano due pseudoproposizioni?
“Per quello”.
“Ma lo erano davvero?”.
“Carnap lo ha creduto”.
“Carnap ha creduto che Pascal dicesse con quelle proposizioni che Dio non si può mostrare in nessun caso, e che quindi fosse inverificabile, e ultimamente insensata, qualunque proposizione che lo concerne”.
“E non è così?”.
“Tu hai letto il memoriale di Pascal?”.
“Ma è morto sul colpo!”.
“Dico quello che ha scritto prima,
nella notte del 23 novembre 1654. Dicono che Pascal lo portasse con sé, nel panciotto. Se Carnap non ha frugato nelle sue tasche è ancora lì”.
“Ah! Ecco perché Pascal ha cercato la tasca! Non era per la pistola! E cosa dice, il memoriale?”
“Il memoriale riferisce l’esperienza che Pascal ha avuto di Dio. Due ore a versare lacrime di gioia. Se Carnap l’avesse trovato, forse le cose sarebbero andate diversamente”.
“E come sarebbero andate? Pensi che Carnap lo avrebbe preso sul serio?”.
“Non lo so. Ma Pascal avrebbe cercato di farlo ragionare. Gli avrebbe fatto per esempio osservare che ci sono un mucchio di proposizioni perfettamente sensate che tuttavia non soddisfano il criterio di significanza di Carnap, perché empiricamente inverificabili”.
“Tipo?”.
“Tipo gli enunciati controfattuali come questa proposizione che ho appena pronunciata. O tipo: «Ad Aristotele piacevano le cipolle», che è un bell’esempio di Jerry Fodor. Pensi che Carnap farebbe fuori anche Fodor?”.
“Spero di no! Ma anche quegli enunciati da qualche parte devono pur ancorarsi al mondo. Posso immaginare come sarebbe il mondo se fossero veri (immaginare, e forse persino verificare se Aristotele mangiasse spesso cipolle, ad esempio). Ma il Dio di Pascal? Non chiamerai mica verifica l’esperienza presunta mistica di un uomo dalla salute assai precaria?”.
“Certo che no. Però fammi dire due o tre cose”.
“Dì pure”.
“Primo: siamo d’accordo che Carnap col suo criterio ha il grilletto troppo facile? Secondo. Il memoriale non fornisce un metodo di verificazione, ma se uno insistesse che lui ha fatto esperienza eccome di Dio, lo ha proprio sentito, e che ciascuno può sentirlo per sé, in cuor suo, se solo…”.
“Qui ti fermo. Queste sono cazzate. Capisco che ci siano in giro fenomenologi che accreditano questa idea di un accesso personale alla verità delle cose, non riproducibile secondo alcuna metodica obiettiva e tuttavia ben reale, ma prima o poi Carnap farà fuori pure quelli. E giustamente, dal suo punto di vista. In ogni caso, non ha scritto Pascal che, comunque facciamo, siamo indegni della rivelazione? E allora, di che cuore parli? Di che stiamo parlando?”
“Hai ragione. Solo in parte però. Perché io dovevo solo farti presente un’obiezione che forse Pascal non avrebbe avanzato, o forse sì, non lo so, ma che tuttavia può essere elevata. Resta però, hai ragione, quel suo modo di ragionare che ha dato sui nervi a Carnap (
e non solo a lui)”.
“Già. È quello che devi provare a difendere, se vuoi dimostrare che Carnap è andato oltre il segno”.
“Beh, vedi. Se Carnap avesse dato a Pascal il tempo di spiegarsi, forse avrebbe sentito Pascal dirgli: «Calma! Io non dico che Dio non si mostra affatto. Avessi detto questo, cosa credi?, sono stato scienziato anch’io: capisco che ci sarebbe da incazzarsi, e pure di brutto. Ma leggiti un po’ i miei pensieri: io dico solo che non si mostra a chi ne è indegno, e pretendere di rendersene degni significa esserne indegni»”.
“E non è la cozza metafisica, questa?”.
“Cioè una coppia di indecenti pseudoproposizioni?”.
“Sì.”.
“A dire il vero, non mi pare. Un conto è infatti
pretendere di rendersene degni, un conto è dire che comunque non ne siamo degni e che dunque Dio non si mostra affatto. Poiché Dio può ancora manifestarsi a chi si crede indegno, ma non lo è. E Dio può ancora manifestarsi di sua iniziativa, liberamente. E c’è di più: io ti indico – potrebbe dire ancora Pascal – anche il metodo per umiliarsi dinanzi a Dio così da sperare di esserne un giorno degno:
prendere l’acqua benedetta, sentire messa, moderare le passioni…”.
“Ma che razza di metodo è questo? Non è mica un metodo scientifico!”.
“No che non lo è, ma non vedo perché dovrebbe esserlo. Non tornare a mettere le cose in termini così stretti che non c’entrano nemmeno le cipolle di Aristotele. E a proposito: prima ti ho fatto il nome di Fodor, ora aggiungo quello di Wittgenstein, tipo assai strano, forse ancora più strambo di Pascal, e non meno folle, il quale considerava che il significato di una proposizione sta nell’uso. Se allora vi è un modo di usare le proposizioni di Pascal, che rileva per le circostanze della vita, che produce forme distinte e ben riconoscibili di prassi, beh: quelle proposizioni potranno pure essere false, non però insensate. Eh, caro mio, se proprio vogliamo dirla tutta, sarebbe bello considerare la metafisica e la teologia un cumulo di insensatezze: ce ne si libererebbe più facilmente. Il guaio è che sono sensate, e tocca o di dimostrare che sono false, oppure che…ma no, questa cosa non te la dico, sennò la prossima volta… Carnap fa di testa sua, e viene qui a finire il suo sporco lavoro”.
“Chissà. Bisognerebbe sapere chi ce lo manda, ogni volta”.
“Ti confiderò un segreto, amico mio: a mandarlo sono stato io. E ora trovalo, il movente vero!”