Sul Manifesto è apparsa qualche giorno fa una bella intervista a Slavoj Zizek. La riprendo da materiali resistenti. E leggo che:
mi dispiace, ma la violenza: quando ci vuole ci vuole;
e sapete quando ci vuole? Voi, che avete capito? State tutti a pensare ai terroristi, ai kamikaze, ai brigatisti, a individui o gruppi violenti, e neppure vi accorgete della intollerabile violenza del sistema;
quand’è così, quando la violenza oggettiva raggiunge certe soglie, io capisco che giovani come quelli delle banlieues si esprimano attraverso la violenza. Non hanno altro modo per (dire di) esserci;
a sinistra, poi, si fanno anche un mucchio di chiacchiere. A quel mucchio dà un bel contributo Toni Negri con questa storia della moltitudine, e un bel contributo lo danno tutti quelli che vogliono superare lo Stato. Ma superare cosa? Ma scherziamo? Primo; dobbiamo rimetterci a studiare, ma seriamente, come funziona la società; secondo, lo Stato, se ci riusciamo, ce lo dobbiamo prendere. Altro che!;
e a proposito di chiacchiere, ma quale deterritorializzazione! ma quale carnevale! Ma che? Facciamo a chi la spara più grossa? Oggi la trasgressione è l’ideologia dominante, è un contentino, una valvola di sfogo, l’abbuffata che ti toglie la voglia di. Non è da lì che passa l’azione rivoluzionaria, Ci vuole austerity, disciplina, mica sorbole. E spirito di sacrificio.
(Sono stato chiaro, no?: "Ecco perché non mi dispiace definirmi ironicamente un fascista di sinistra").
Passi l’ironia: se non dispiace a te. Io, peraltro, non vedo incoerenze. Non vedo però neppure cosa ci guadagnerebbe il mondo a dare retta al fascismo di sinistra di Zizek, vista la completa indeterminatezza circa quel che ce ne verrebbe – salvo, nel frattempo, violenza rivoluzionaria e disciplina di massa. (Ciononostante, al mio cambio attuale, uno Zizek vale almeno venti Negri).