"Alcune persone, legate tra loro solo da liberi vincoli di comune passione, hanno pensato di dare vita a questa piccola rivista che cercherà di guardare il mondo da una prospettiva più ampia.".
(Del mondo? Più ampia del mondo?)
Così inizia lo stralcio dell’editoriale del primo numero della rivista "Il primo amore" che uscirà nelle prossime settimane. E che comprerò. Però non dice più ampia del mondo, la prospettiva, ma della ‘sola’ letteratura, anzi delle mere competenze specialistiche, o peggio delle consorterie. E tuttavia, anche così, non è che questo stralcio mi convinca molto. Perché non solo non si vuol fare la solita rivista – il primo che invece vuol mettere su una rivista e che dichiari che sarà la solita rivista ha il mio appoggio incondizionato -, ma non ci si contenta neppure di fare, che so, la rivoluzione (come se fosse facile farla, una rivoluzione!). No, che vuoi fare la rivoluzione? Sarebbe troppo poco "in un tessuto politico e culturale depotenziato" quale quello attuale. Una rivoluzione non sarebbe granché. Per "spostare in modo profondo la nostra situazione di specie", non ci vuole una rivoluzione. Ci vuole di più: ci vuole una rigenerazione).
(Per spostare la specie ci vuole una rivista? Per rigenerare la specie ci vuole una rivista? D’accordo che non sarà la solita, ma la prospettiva è veramente molto ampia)