La lotteria funziona così. Vende biglietti, incassa, preleva dall’incasso una quota, che incamera, e quel che resta mette a montepremi. Quand’ero un bravo ragazzo, e in tv Pippo Baudo reclamizzava a Fantastico i biglietti della Lotteria, facevo questo ragionamento: i biglietti costano 5000 lire, ma valgono 1000, perché solo un quinto dell’incasso finisce nel montepremi. Chi compra un biglietto perde dunque, mediamente, quattromila lire. Allora io mi piazzo davanti all’edicola, e promettendo di far risparmiare duemila lire al costo di duemila lire spiego questa cosa al potenziale acquirente del biglietto: lui, non acquistando, risparmia duemila lire; io, spiegando, guadagno duemila lire.
Bene: non va così. La gente preferisce comprare il biglietto piuttosto che dare duemila lire a me (che sarebbe molto più razionale). Maurizio Ferraris, in volo sull’easy-jet, su una cosa cioè che funziona solo grazie a degli ingegneri molto razionali, si meravigliava del fatto che i passeggeri acquistassero dalle hostess biglietti gratta e vinci: "Non dobbiamo illuderci sul fatto che il progresso tecnologico sia anche sviluppo razionale", commenta.
Ma è così irrazionale acquistare un biglietto "gratta e vinci"? (A scanso di equivoci, non ne ho mai acquistato uno in vita mia). E’ irrazionale partecipare a un gioco ‘in perdita’? Si dice tutto dicendo che è irrazionale? In realtà La lotteria ‘gratta e vinci’ (e ogni altra lotteria e banco di scommesse, comprese quelle più o meno propinate da omonimi) ha di brutto non che è irrazionale, ma che è immorale: qualcuno (lo Stato) lucra sulle speranze irrazionali dei passeggeri di vincere una fortuna (e tanto più è immorale quanto più è debole il soggetto abbindolato dalla speranza). Se uno però si accorge che c’è chi lucra, si arrabbia: questo spiegherebbe perché davanti all’edicola nessuno mi darebbe duemila razionalissime lire per la mia spiegazione, dimostrando che si preferisce un comportamento irrazionale al lucro altrui (quando sarebbe razionale il contrario).
Ecco, con il libro su Babbo Natale ho l’impressione che Ferraris voglia fare un po’ come me dinanzi all’edicola. Se distinguesse fra chi lucra sulle speranze irrazionali e tutto il resto, apprezzerei un po’ di più.
Postilla. Il credente che credeva che il mondo è stato creato in sei giorni, era in buona fede. Il credente che oggi sa che il racconto non può essere preso alla lettera e tuttavia crede lo stesso, è in malafede (secondo Ferraris). Ma crede lo stesso cosa? Che il mondo è stato creato? Io non lo credo, ma neppure so cosa debba credere al riguardo: debbo credere che il mondo non è stato creato? E cosa vuol dire, questo? E’ sicuro Ferraris che è tutto in ordine a proposito dell’inizio del mondo, e che non abbiamo bisogno che di ingegneri?