Archivi del giorno: aprile 26, 2007

Il Manifesto, organo dei radicali italiani

Trovo, dopo quasi un mese, questo notevole articolo di Luisa Muraro sui temi più scottanti del confronto tra laici e cattolici. Enumero in breve i punti salienti:

radici cristiani dell’Europa. Chi le voleva in Costituzione aveva ragione: non si può mettere in Costituzione il mondo antico, il rinascimento, l’illuminismo e saltare il medioevo. L’Europa è quella che è anche per la mediazione romana e cristiana;

i Dico. L’abbiamo buttata sull’ideologico e abbiamo sbagliato. Un monsignore diceva un anno fa che le coppie di fatto sono un fatto e come tale va riconosciuto. E invece guardate come è andata a finire, a prendersela con le ingerenze della Chiesa. (Zapatero, lui, è stato troppo disinvolto);

Il referendum sulla legge 40. Ruini è di destra e vabbè, Ruini ha giocato non proprio pulitissimo con l’astensione e vabbè, però anche alle donne i referendum non garbavano tanto: ma chi se ne è accorto? Si sono preferite contrapposizioni laici/integralisti, credenti/non credenti, destra/sinistra che non hanno rispondenza nei reali interessi delle donne e delle classi popolari;

la dottrina sociale della Chiesa. Ma la dottrina assegna al lavoro un primato sul capitale: ce ne siamo dimenticati? "Certe volte, a leggere il manifesto sui temi di confine tra società e vita religiosa, credo di avere in mano il giornale dei radicali e non un quotidiano comunista".

Qualche considerazione in estrema sintesi: radici cristiane. Nessuno mi ha spiegato che dobbiamo farci con queste – e con le altre radici. Un fatto simbolico, dice la Muraro. Ma anche i fatti simbolici hanno una ragione d’essere e un senso politico. Le celebrazioni del 25 aprile rinnovano l’esecrazione del nazifascismo, che non deve tornare. Con le radici cristiane sto forse dicendo che il paganesimo non deve tornare, che i buddisti se ne devono andare, o che l’islamismo non deve avanzare? (Dopodiché, non mi straccerei le vesti, se è solo per gusto antiquario)

i Dico. Non scherziamo. Confrontiamo la proposta di legge sui Dico con il resto delle legislazioni europee e poi vediamo se è frutto di laicismo esasperato e di polemica anticlericale, oppure se il resto d’Europa meriterebbe con più ragione, visti i testi legislativi, accuse simili.

il referendum. In attesa di conoscere come si sarebbe dovuta disegnare la contrapposizione secondo le vere linee divisive, mi domando in cosa la legge 40 sarebbe a giudizio della Muraro più rispettosa della specificità femminile. Il referendum su una materia del genere per me è peraltro sacrosanto, direi anzi che è la materia referendaria per eccellenza. Non dò giudizi sull’opportunità politica del momento, o su come sia stata condotta l’intera vicenda, perché non me ne intendo, ma, nel merito, non ho capito o non mi vien detto quali punti, conseguenti all’eventuale abrogazione referendaria, avrebbero offeso le donne, urtato le donne, mortificato le donne. Quel che succede invece con la storia dell’impianto di massimo tre ovuli fecondati ho invece idea che non sia il massimo della prospettive per una coppia, e per la donna in particolare.

dottrina sociale e radicali. I radicali prendono in Italia percentuali elettorali assai basse: possibile che siano questo spauracchio? Non mi capacito. Non c’è forse ragione di pensare che non è il manifesto a simpatizzare ma, su certi temi, la realtà? Dopodiché con le formule si fa presto: è come se un marxista mi tirasse fuori Marx e la religione oppio dei popoli per meravigliarsi che la Muraro vada in cerca di un incontro coi cattolici. Stupidaggini. D’altra parte è anche vero che la Muraro respinge come inadeguata la distinzione destra/sinistra, e dunque c’è da sospettare che il comunismo al quale pensa non sia di sinistra. O forse: c’è Arpaia che ha scritto un efficace pamphlet sulla sinistra reazionaria, magari tornerà utile leggerlo.

After this nothing happened

Ho cominciato a leggere l’interessante libro di J. Lear, Radical Hope: Ethics in the Face of Cultural Devastation,  che sulla New York Review of Books è recensito da una firma illustre, Charles Taylor. La recensione è un lungo commento alle parole del grande capo della tribù dei Crow, al tramonto del suo mondo: After this nothing happened. Quando una cultura (una forma di vita) finisce, non rimane da vivere che un’esistenza incomprensibile.

Quand’è così, solo una speranza radicale ti può sostenere in un mondo altrimenti privo di significato.  E una speranza radicale è una speranza diretta verso un bene futuro che trascende qualunque capacità di comprensione di ciò cui propriamente essa si indirizza. Una simile speranza è una speranza religiosa.

Lear lascia vedere anche i problemi. Per esempio: in nome di una simile speranza, si finisce con l’accettare un bel po’ di cose. E cosa pensare di chi amministra una simile speranza? D’altra parte, tu eri un indiano coraggioso perché andavi a caccia: come puoi ancora dirti coraggioso, ora che hai accettato il dominio yankee, e una vita in riserva? Eppure, se non puoi dirti coraggioso, non puoi vivere. Dunque, devi risignificare il coraggio. Coraggiosa diviene la pazienza di chi accetta di vivere per un bene futuro radicalmente incerto (secolarizzato, questo coraggio non ci è affatto estraneo, ed è quel che trattiene lo svantaggiato, in condizioni di ingiustizia sociale, dal mandare tutto per aria). (Quanto a loro, i Crow si diedero all’agricoltura).

C’è un’ultima cosa. Nella recensione, Taylor si sofferma sul tema della democrazia. Il caso dei Crow dimostrerebbe che dall’interno della tua cultura tu puoi e devi trovare le risorse per inventare nuove soluzioni, mentre non basta esportare libere elezioni per trapiantare modelli politici e culturali. A me interessa invece il problema di se e come si mantiene la speranza religiosa: può essa vivere in condizioni di completa indeterminatezza? Se non lo può, allora, inculturandosi, finisce col perdere la sua radicalità, cioè la sua tensione propriamente religiosa. E se finisce col perdere la sua tensione propriamente religiosa, finisce col morire insieme con la cultura in cui s’è infilata.