"Che una certa area cerebrale si attivi tutte le volte che un cattolico pensa a padre Pio non ci dice proprio nulla sul senso di quei pensieri. Le domande del tipo ‘che cosa significa?’ non sono cioè riducibili a quelle del tipo ‘dove accade?’"
"L’esperienza religiosa è un caso esemplare dell’impossibilità di ridurre i fatti della vita ai suoi componenti. L’esperienza religiosa è un fatto della nostra vita, un’evidenza di cui rendere conto (non c’è umano per il quale non si ponga questo tipo di esperienza: quello dell’ateo, per intenderci, è uno dei modi in cui si può vivere quell’esperienza), un’evidenza elementare, nel senso che non può essere tralasciata per tempi migliori, quando si saranno intanto spiegati gli altri ‘moduli’, quelli più semplici. […] non è possibile – senza una teoria dell’esperienza religiosa – neanche avere una teoria soddisfacente del linguaggio umano".
C’è una parentesi quadra nel testo che avete appena eletto, e che proviene dall’editoriale del primo numero della rivista Forme di vita, nata nel 2004, attualmente in libreria con un bel fascicolo dal titolo foucaultiano. Nella parentesi quadra si legge:
"[Per intenderci, dal nostro punto di vista radicalmente materialistico] non è possibile…".