Farfintadiesseresani dà ragione a Filippo Facci sul fatto che Milano non è fatta per le biciclette. Io, che ciclista calmo non sono ma che in gioventù molto amai la bicicletta, gli segnalo un approfondimento storico-teoretico della questione, aperto da questa perla davvero preziosa:
"Secondo il nostro ragionamento, il trasporto può aumentare la libertà di movimento soltanto entro i limiti in cui uno può rinunciarvi".
Si tratta del contributo di Ivan Illich (e Jean Robert) al "Simposio sulla libertà della bicicletta", reso "nell’epoca della trasformazione della locomozione degli esseri umani in un prodotto di prima necessità". E non è solo teoria, c’è anche -e fa un po’ tenerezza – un progetto concreto. Che viene esposto e comincia così:
"Immaginiamo che la Suprema Corte ritenga anticostituzionale che si conduca un veicolo per la via pubblica a meno che non si operi come un servizio pubblico. Di conseguenza, tutti i veicoli capaci di portare un passeggero devono accettare quelli che facciano un segno in un luogo e per la strada".
Immaginiamo (ci sono anche i dettagli).