Archivi del giorno: Maggio 6, 2007

Carlo Flamigni, la laicità e il paliatone

L’articolo con il quale Carlo Flamigni saluta i compagni del Partito Democratico, al quale non aderirà, mi dà ovviamente un grande dispiacere. Qui metto qualche breve considerazione, nessuna delle quali esaustiva (ma non ho molto tempo).
1. Come ha ricordato Antonio Socci, nel programma dell’Unione si leggeva: “L’Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di un’unione di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale". Questo era il programma dell’Unione, non quello dell’Ulivo. A quel programma dovrebbero essere richiamati gli aderenti all’Unione, non solo quelli che aderiranno al PD.
2. La laicità, scrive Flamigni, “rifiuta le verità rivelate e non accetta graduatorie di valori etici”. Io mi considero laico, e tuttavia faccio graduatorie (come quasi tutti), e considero che certi valori siano meglio fondati di altri. Flamigni vuol forse dire che il laico non impone la propria graduatoria di valori, ma la cosa è un po’ diversa.
3. “Eugenio Lecaldano, Carlo Augusto Viano, Maurizio Mori”. Flamigni saccheggia – dice amabilmente – gli scritti di costoro. La sua opzione, filosoficamente parlando, non è dunque solo laica, ma robustamente empirica. Ma si può essere laici senza rifarsi all’empirismo (o, se posso dire, a una variante angustamente empiristica dell’empirismo). Ci si può rifare a Spinoza, a Kant, a Wittgenstein, per fare qualche esempio.
4. C’è un punto in particolare, che Flamigni e tutta la tradizione empiristica considera non problematico, ed invece è oltremodo problematico: la distinzione di fatti e valori. Il laico pare che ne abbia assolutamente bisogno. Ora, io sono laico e nego che quella distinzione sia assolutamente ben fondata. (Nota: ho scritto ‘assolutamente’ben fondata. È ben chiaro che dire ‘il film è bello’ e ‘la sedia misura 95 cm’ non è la stessa cosa, ma non sempre le cose si presentano così).
5. “L’etica laica, che ragiona etsi deus non daretur, come se dio non ci fosse, sostiene il principio della qualità della vita, in contrasto con il principio cattolico della sacralità, e si ispira all’ideale di una esistenza accettabile per qualità e per valori, il che vuol dire umanamente vivibile”.
Flamigni comincia così, ma la vera base della sua proposta è l’individualismo morale. Chi infatti deciderà se sia accettabile e umanamente vivibile una vita, se non l’individuo stesso che la vive?
Ora, l’individualismo morale non ha ai miei occhi nulla di spregevole, anzi. Esso significa: in tutti i casi in cui ne va della tua vita, e solo della tua vita, sarai tu a decidere. Ma questo suppone che l’individuo sia costituito come tale prima che si formi il caso su cui è chiamato a decidere, e che sia non problematica la definizione dei casi in cui ne va solo di quell’individuo. Filosoficamente parlando, l’una e l’altra cosa non sono ovvie. Là dove peraltro ho scritto come tale (con un occhio alla metafisica) qualcuno potrebbe persino mettere: come istanza titolare di diritti, oppure capace di decisione. Si vede bene così che il punto che considero problematico può dare anche la stura a qualunque genere di abuso. Lo so e men preoccupo. Il lettore di questo blog sa peraltro come la penso sui casi sui quali è oggi rivendicato dall’individuo il diritto di decidere per sé, ma questo non significa che non veda il problema. (Il lettore di questo blog sa che per me, come per chiunque interrogato sull’argomento, “ciascun individuo ha pari dignità”, è ben certo, ma questo c’è già nella costituzione). Vedere il problema significa considerare che vi sia base di discussione con chi non ha un approccio individualista ai problemi della morale e del diritto, e questo mi permette di stare nel partito democratico (nel quale peraltro confluiscono tradizioni non individualistiche nella morale e nella politica con le quali Flamigni ha già dovuto dialogare, nei DS). D’altra parte, quando Flamigni scrive che è “corretto separare, di principio e di fatto, essere umano e persona”, riconosce il rilievo di questo punto, del punto sottolineato dal come tale.
6. Potrei continuare: “il pensiero laico sostiene la tesi della completa umanità della morale”, scrive Flamigni. Queste proposizioni prendono senso solo se lette nella loro intenzione polemica (verso chi ritiene ad esempio che l’etica sia dettata da Dio attraverso tavole e altri supporti),ma sono filosoficamente abbastanza indigeribili. Anche l’idea che va evitata “ogni confusione tra morale e diritto” è terribilmente ingenua. “L’etica laica non crede nel valore salvifico del dolore”. Ma c’è bisogno, per esser laici, di mettere la cosa così? Capisco le semplificazioni di un articolo di giornale, ma perché privarci ‘per principio’ di Eschilo, per esempio? (Il genitore laico non fa paliatoni ai figli? – detto da uno che messo alle strette non crede nel valore salvifico, e tuttavia ha fatto e fa paliatoni: le cose non sono mai semplici).
7. Flamigni conclude: “Due concezioni del tutto diverse della vita e dell’esistenza di ciascuno di noi, accettare l’una o l’altra significa prenotarsi per percorsi completamente diversi e che in molti casi ci allontaneranno dal resto del mondo”. Lo dico da laico, favorevole non solo al matrimonio omosessuale, ma anche all’adozione, alla fecondazione assistita, alla pillola abortiva, e a tutte le cose che Flamigni propone nel suo rapido elenco (ma forse è significativo che Flamigni non metta cose tipo la legalizzazione delle droghe leggere: io sono favorevole anche lì). Lo dico da laico: non è vero che non si possa stare nel PD con gente che è contraria a tutte queste cose. Non vi si può stare se si ritiene che non esista alcuna possibile regolazione dei conflitti che si aprono su questi punti (e allora però è complicato pure stare in maggioranza. Oppure: bisogna argomentare sul carattere decisivo che avrebbe una piena identità di vedute su queste questioni per la fisionomia di un partito che in agenda deve avere anche questioni di politica economica, di politica estera, di politica ambientale. Può darsi sia così, ma Flamigni manca di dare argomentazioni in merito). Non vi si può stare se si ritiene che, non stando nel PD, su questi punti avanzerà con prospettive di successo una proposta politico legislativa di impronta e matrice più laica. Non vi si può stare se si esclude che tutti questi conflitti abbiano o possano avere (parlo al futuro, perché le linee su cui si produrranno i conflitti si sposteranno con lo spostarsi delle frontiere della ricerca) un impatto pubblico che deve essere preso in considerazione con strumenti più raffinati della semplice distinzione fra morale e diritto, fra privato e publico, fra individuo e Stato, perché sono queste stesse distinzioni a (poter) venire in questione, come ho già detto in altra circostanza: etsi Petrus non daretur.
 
(Carlo Flamigni ha peraltro tutta la mia stima, personale e politica).
P.S. Per il significato di paliatone.
PP.SS. Ho trovato il precedente articolo di Flamigni e le argomentazioni in merito alla possibilità di stare nello stesso partito con Rutelli e la Binetti. Sono ragioni che considero validissime sotto il profilo personale (specie se uno s’è impegnato in politica essenzialmente su questi temi), ma non rispondono alla mia domanda. Non mi fanno cioè sapere perché l’identità di vedute sui temi eticamente sensibili debba essere presupposta alla creazione del nuovo partito. E la sua mancanza debba essere anteposta ad una certa identità di vedute su altri temi.