Archivi del giorno: Maggio 10, 2007

Domande impertinenti

"So di stare per fare una domanda impertinente, addirittura blasfema, ma prendo coraggio e la faccio lo stesso: qualcuno ricorda di aver letto negli ultimi vent’anni qualcosa diciamo di appena appena significativo nelle migliaia di pagine di Ralf Dahrendorf? E Amartya Sen, quando non parla di economia (dove non so giudicare: ma mi pare che ne parli sempre meno), cosa ha mai detto e cosa dice mai di nuovo, di interessante? Ha sostenuto che la democrazia è stata conosciuta e praticata anche fuori d’Europa: ma con argomenti così fragili che non avrebbero passato il vaglio di un esame di laurea triennale italiana. Perché allora la fama e la riverenza che circondano entrambi? Perché svolgono il ruolo prezioso di teorici «alti» di quel paciugo cosmopolitico-socialdemocratico-buonista che è oggi l’ideologia delle classi dirigenti euro-atlantiche: ci ammoniscono dai convegni di Cernobbio, ricevono le lauree honoris causa dalle Università di serie B, sono gli aedi del nulla" (Ernesto Galli della Loggia, Il calendario, 7 maggio).

So di stare per fare una domanda impertinente, addirittura blasfema, ma prendo coraggio e la faccio lo stesso: si rende conto che fissando il criterio che ha fissato, Ernesto Galli della Loggia è stato troppo severo ed esigente: con Amartya Sen, con Ralf Dahrendorf, con il novanta per cento almeno dell’intellettualità nazionale e internazionale, e infine con se stesso?

 

Telepromozioni

Prendo a scrivere, mentre è in onda la pubblicità. Telecolore (Canale Sky 849) sta intervistando il filosofo Roberto Racinaro, il mio professore di cose hegeliane nonché correlatore. Racinaro è oggi nel Partito Democratico, dopo un passato remoto nel PCI e un passato recente nella Margherita. Ogni tanto, il Direttore manda spezzoni di un’intervista a Giuseppe Cacciatore, anche lui filosofo, che ha con Racinaro una lunga storia  di sinistra per molti tratti comune (oltre che sentimenti di amicizia personale). Cacciatore però non ha aderito al PD: credo abbia seguito Angius, o forse Mussi. Stanno dicendo cose chiare e comprensibili, non diverse da quelle che si leggono sui giornali, che stavo seguendo con interesse per la conoscenza che ho delle persone intervistate. (Racinaro ha tra l’altro pubblicato un ultimo libro, non ho acchiappato il titolo, che comprerò).

Ma questo post non si giustificherebbe, la numerosissima platea di questo blog non essendo granché interessata alla storia filosofico politica della Campania e di Salerno in particolare, se il Direttore non interpellasse ogni tanto, nel corso della trasmissione Gianluca Esposito. E’ di Esposito che bisogna parlare. Chi è Gianluca Esposito? Mi volto (sto sistemando in cucina), e leggo: telefilosofo (forse questo). Racinaro e Cacciatore di se stessi direbbero e dicono che son piuttosto storici della filosofia, mentre il sottotitolo è per entrambi filosofo (ma Cacciatore, per dire, ha appena finito di sfotticchiare le acrobazie e i sofismi del collega Cacciari – s’intende: acrobazie che lui si può permettere in quanto filosofo, come no! -), ma Gianluca Esposito. che non conosco, lui si definisce proprio così? Telefilosofo? Voglio dire: Sgarbi non si fa sottotitolare telecritico d’arte, né i vari Taormina, Bruno, Crepet si fanno sottotitolare teleavvocato, telecriminilogo, telepsichiatra. E allora?

Oppure hanno inventato sotto i miei occhi la professione di consulente filosofico della trasmissione ? No, perché se di questo si tratta, mi propongo.

Hitchens vince ai punti

Qualche tempo fa, a Napoli, a pranzo, Malvino mi domanda se io creda o no in Dio. Un dubbio doveva averlo assalito. Il solo fatto che un dubbio l’avesse assalito era per me motivo di qualche soddisfazione. Finché ho insegnato nei licei, ma anche dopo, non ho mai risposto a domande dirette sulle mie credenze politiche o religiose, e a scuola non mi dispiaceva affatto che i ragazzi avessero opinioni opposte sul mio conto. (Mi rendo conto peraltro che se avessi detto loro – come avrò detto – che mi riesce complicato credere, quando so, non mi avrebbero preso sul serio).

Ma insomma Malvino a pranzo, davanti a una signora pizza, mi domanda: per caso…?, ma mica…? Al che io rispondo – o almeno credo di aver risposto, se non ricordo male – qualcosa il cui senso doveva essere: l’ultimo dei miei problemi è se Dio esista o meno. Altra cosa è se mi domandi cosa ne consegue dal fatto che Dio esista, o che cosa ne vuoi fare. Credo di avere purtroppo confermato Malvino nell’opinione che la filosofia puzza troppo di teologia.

Dopodiché leggo su La Stampa che, in risposta a Christopher Hitchens, Al Sharpton, difensore di Dio, replica anzitutto preoccupandosi dell’uso che si fa di Dio: caro Hitchens, è insomma la risposta, tu te la puoi prendere col Vaticano, coi preti, coi settari, con ogni specie di integralismo, con la religione organizzata, ma tutto questo non è ancora negare l’esistenza di Dio. Non posso non approvare. Sharpton tuttavia non spiega a Hitchens (almeno: non nell’articolo) come sarebbe fatta una negazione dell’esistenza di Dio. Se avesse riflettuto su questo problema, avrebbe dato un contributo apprezzabile alla questione: così, la sua difesa è passabilmente inutile.

D’altro canto, sul piano dell’affermazione, Sharpton fa anche di peggio. Perché tira in ballo Dio dal momento che la scienza non risponderebbe alla domanda: com’è iniziata l’umanità?, e alla domanda: chi ha creato il giusto e l’ingiusto? A me pare ridocolo che si possa dire così, papale papale, che la scienza non spiega queste cose, o magari che non sono spiegabili. Spero sia una semplificazione dell’articolo. In ogni caso, anche con eventuali complicazioni, non vedo perché avremmo bisogno di affermare l’esistenza di Dio per sottrarre alla scienza la risposta a quelle domande; né vedo quanto ci guadagneremmo a rispondere dicendo: è stato Dio.

Allora: se è per questo, meglio, molto meglio l’ateismo di Hitchens. Vittoria ai punti per lui.

P.S. La pizza era offerta da Malvino, che quanto a ospitalità non è secondo a nessuno.