Archivi del giorno: giugno 4, 2007

Fermare l'avanzata

(Poi mio figlio è andato a nanna, e ha cominciato a raccontarmi una storia in cui si lanciavano cacche addosso a tutti i nemici, e prima di tutto a Capitan Uncino e a Pietro Gambadilegno. Ma ha squillato il citofono, e lui è stato così bravo da addormentarsi da solo, mentre il papà faceva entrare la gentile signorina che per un’ora e trenta minuti circa, di più e non di meno, gli ha spiegato tutto del riservatissimo canale istituzionale di Franco Maria Ricci, che incredibilmente si preoccupava di offrire a me, a un prezzo che copre soltanto il costo vivo dell’opera, quel che dapprima Giovanni Paolo II, poi il successore Ratzinger hanno concepito nell’autunno del 2001 per arrestare "l’avanzare belligerante" nel mondo: il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, in pregiatissima edizione di lusso che è precisamente quel che il Papa beato aveva in animo di realizzare, mica l’edizione commerciale della quale in verità il suo successore s’è pure detto dispiaciuto a causa della scadente qualità della stampa. Io sono persona gentile e paziente, e il fatto che abbia perso le ore migliori del pomeriggio, quelle in cui Enrico dorme, per apprendere tutto dei documenti che Franco Maria Ricci realizza su commissione istituzionale vuoi dei Papi vuoi dei Presidenti, tutto delle Cattedrali e della loro Bellezza sostenuta addirittura da Sgarbi, e tutto dell’oro caldo, del color porpora e del fondo nero, della carta resistentissima e della rilegatura a mano e dei caratteri bodoniani, e del nuovo Bernini, lo scultore romano Giusepe Ducrot, il fatto che abbia appreso tutto questo ha significato solo che al termine dell’accurata presentazione mi sono limitato a dire che avevo bisogno di riflettere, di sottoporre a mia moglie la proposta. Ho quindi dato il numero di cellulare alla signorina. Il numero di Malvino).

(Vabbè, l’ho solo pensato, ho solo trascorso l’ultimo quarto d’ora della visita dicendomi: lo faccio?, non lo faccio? Poi s’è svegliato mio figlio, papino!!, papino!!", mi sono svegliato!!, e allora ho salutato in tutta fretta).

Mitopoiesi

– Enri, adesso andiamo a fare il riposino, va bene? –

– Sì, papà. Però prima mi racconti una storia? -.

– Va bene -.

– Però una storia nuova. Una storia che ho inventato io! -.

– E come te la racconto se l’hai inventata tu? -.

– Te la dico nell’orecchio -.

– Ah! -.

Bonheur di Spinoza

"La dottrina spinozista dell’unità della volontà e dell’intelletto ci apparirà nel suo pieno senso se vi vedremo, sotto la sua veste speculativa, un rifiuto dell’angoscia.
In effetti, se la si considera cme il contrario della soddisfazione di cui ci si bea, la volontà comporta un certo coraggio, a condizione di intendere per coraggio la volontà di affermare l’ignoto. È accettazione della trascendenza, o piuttosto volontà di trascendenza. Mentre la libertà è sempre un possesso, la volontà è l’iniziativa per la quale un individuo tende a darsi qualcosa che non ha. Per questo, c’è una volontà di conoscenza che precede la conoscenza, e una volontà d’amare che non è ancora amore. La volontà non ci dà nulla da sola. Il volere si definisce per ciò che non ha, piuttosto che per quel che ha, è caratterizzato non dall’essere, ma dall’intervallo che lo separa dall’essere. Ma questo essere, in quanto non è posseduto, come nella bonheur, ma solamente voluto, si può dire che non è conosciuto. È l’ignoto per eccellenza. Non si può dire neppure che sia l’essere. È un non-dato che potrebbe anche essere niente. La volontà ha dunque come termine di riferimento una X, che è l’ignoto della sua propria equazione, e verso la quale essa va, occhi chiusi e stretta al cuore" (M. Henry, Le bonheur de Spinoza, Paris, PUF 2004, p. 559).
(Felicità di Spinoza).

Un uomo impaurito

Avevo colpevolmente perso di vista Marcello Pera. Ma l’articolo ospitato da La Stampa contro il doppio cognome si è attirato una replica magistrale di Chiara Saraceno, sicché non posso non segnalarvi l’uno e soprattutto l’altra.

(Io, per me, mi prendo solo lo sfizio del titolo).

Dislocazioni e mistero

Francesco D’Agostino su Avvenire scrive: andiamoci piano. Qui vogliono spiegare che i sentimenti morali "sarebbero uno dei prodotti dell’evoluzione", questione di geni: ma chi ci crede. La mente è "dislocata" fisicamente nel cervello, lo sappiamo da un mucchio di tempo, ma bene e male: quelli no:

"Non illudiamo la gente che possa mai essere scoperta una dislocazione cerebrale, sollecitando la quale si possa rendere buona una persona malvagia (o viceversa rendere malvagio un uomo buono)".

Da quanto leggo capisco dunque che per D’Agostino, se fosse scoperta una "dislocazione" cerebrale dei sentimenti morali, allora, intervenendo sulla sede neuronale in cui i sentimenti morali sono "dislocati", si potrebbe rendere a piacere un uomo malvagio oppure buono. Ma non si può fare, perché una simile dislocazione non potrà mai essere scoperta.

Però sono secoli, anzi millenni, che sappiamo che la mente è "dislocata" nel cervello. Pare venirne allora che per lo stesso D’Agostino sulla mente possiamo o potremo agire (almeno in linea di principio). E come è possibile che i sentimenti morali no, ma la mente sì? Forse D’Agostino pensa che posso a piacere rendere un uomo ironico o pedante, ma non buono o malvagio? Le qualità intellettuali sì, quelle morali no? Mistero.

(Malvino prende di mira questo stesso articolo, e mostra di pensare che quel che non fosse spiegato scientificamente avrebbe per ciò stesso natura trascendente. Ma non si vede perché. D’Agostino d’altra parte fa di tutto perché lo si pensi, quando scrive che "bene e male sono scientificamente un mistero")