Il dibattito sulla pericolosità ideologica dei cartoni animati entra finalmente nel vivo. Ne parlano Wittgenstein, Mantellini, Zoro, Moroni e sicuramente molti altri, a proposito delle famigerate Winx (via ffdes). Il sottoscritto non solo non ha fatto nulla per impedire che entrassero in casa, ma ha anche commesso i seguenti peccati:
comprato un paio di libri; comprato una canottiera e un cappellino Winx (entrambi al mercato); rifornito la casa di un paio di cartoni per tamponare le emergenze, in periodo di magre televisive; giocato innumerevoli volte alle Winx (per lo più in combinazione con Winnie the Pooh e la Squadra Arcobaleno, che voi non conoscete ma è formata da Beth Bill Bea Gedeone Chiara Alfredino Ferdinando, i miei figli più un paio di nuovi acquisti, Birillo e Giorgio, non ancoa perfettamente integrati nel mondo Arcobaleno).
Il sottoscritto ha anche il merito di avere respinto la formale richiesta di comprare lo zaino Winx, l’astuccio dei colori e le matite Winx, il monopattino Winx, i trucchi Winx e altre scatole di giochi Winx.
Alla luce di questi comportamenti, credo di potermi collocare in una posizione mediana, che formalizzerei in questi termini. I miei figli possono vedere quello che vogliono, in dosi moderate. I miei figli possono avere paccottiglia Winx, in dosi moderate. L’una e l’altra cosa fino a quando rimango convinto che loro conservano la capacità di stufarsi di quello che vedono o che ricevono, ed io quella di dire no in questa percentuale: 90% di no motivato, 10% di no perché mi sono stufato a mia volta. E in effetti mia figlia trova che le Winx sono da papere e non mette più i cartoni Winx tra i suoi favoriti. Peraltro, il livello di pericolosità delle magie Winx non è maggiore di quello che ha preoccupato qualche cattolico zelante a proposito di Harry Potter. Ma io non sono zelante. Il livello di pericolosità delle smancerie delle fatine è inferiore o al più pari a quello che viene ingurgitato per le normali vie mediatiche, amicali, parentali, scolastiche. Per me poi, che ho vissuto per strada in età infantile, e ancora mi dolgo del fatto che per strada non c’è quasi più nessuno che giochi a pallone e che commetta le tante piccole atrocità o fesserie che commettevo io con i miei compagni, vale in materia di pedagogia il principio che ha ispirato la medicina paterna. Mio padre diceva infatti (e sono auree sentenze che si trasmettono di padre in figlio): "le medicine fanno male a chi sta bene, figuriamoci a chi sta male". Questo io penso non della scienza pedagogica in genere, ma dei genitori che si pongono il problema di DOVER essere pedagogicamente attrezzati. Interventi troppo pedagogicamente ispirati e criticamente consapevoli vanno assunti perciò come le medicine: solo in caso di estrema necessità.
Postilla: possibile che quanti si preoccupano delle Winx non abbiano ancora detto nulla sulle Principesse Disney?