Mi scuso, ma da due giorni sono senza connessione. Mi limito perciò a segnalare che stamane sul Mattino, mi occupo con qualche soddisfazione di quella faccenducola degli embrioni chimera. Metto qui il pezzo, che sul Mattino è apparso gravato da errori di composizione (ma online c’è la versione corretta). Aggiungo pure che una versione appena più elaborata, e con precisa citazione bibliografica ,apparirà a giorni su Schibboleth:
A volte la filosofia può servire per porre qualche buona domanda. E a volte le buone domande riguardano altre domande. Prendiamo ad esempio questa: “L’embrione è qualcosa o qualcuno?”. È o non è una buona domanda? Al tempo del dibattito sulla legge 40, in occasione dei referendum che intendevano abrogarne alcuni punti, il filosofo cattolico Robert Spaemann rivolse la domanda sopra citata a quanti si riferivano all’embrione come se fosse soltanto, si diceva, un grumo di cellule. In favore di quella continuità almeno potenziale, per cui nessuna donna si rivolgerebbe all’essere che ha in grembo domandandosi ‘che cosa’ sia invece di domandarsi ‘chi’sia, Spaemann poteva sostenere che l’ovulo fecondato è già qualcuno. Il limite dei 14 giorni, che distinguerebbe la fase di vita pre-embrionale dall’embrione vero e proprio, non è perciò mai stato condiviso da parte dei difensori della vita umana fin dal suo concepimento.
A quel limite si è tuttavia riferita l’HFEA, l’Human Fertilisation and Embriology Authority del Regno Unito, nell’autorizzare i ricercatori inglesi che intendano prelevare il nucleo di una cellula umana e inserirlo in un ovulo animale denuclearizzato, per produrre, a scopo di studio e di ricerca, cellule staminali embrionali. Dopo 14 giorni, l’ibrido così ottenuto deve infatti essere distrutto. È chiaro che se vale la tesi della continuità fondamentale dei processi biologici il limite delle due settimane non ha molto senso. Quello che c’è al tredicesimo giorno c’è anche al quindicesimo. Ma ora rispunta la domanda di Spaemann, che all’epoca del referendum i giornali hanno proposto con grande energia, per la sua semplicità e chiarezza: qualcosa o qualcuno? L’ibrido ottenuto inserendo un nucleo di cellula umana nell’ignaro citoplasma di una cellula bovina è qualcosa o qualcuno? Riproposta adesso, si vede bene quanto la domanda di Spaemann sia fuorviante, e come non sia affatto di aiuto per orientare la nostra riflessione etica alle frontiere della vita. Ragioniamo infatti per gradi. La cellula umana da cui viene prelevato il nucleo non è sicuramente qualcuno, a meno di non voler considerare l’uomo come una federazione composta da miliardi di persone. Non è qualcuno nemmeno la cellula che, privata del suo ottuso nucleo bovino, la ospiterà. Ora, quel che nasce da un tale incontro, dall’incontro di qualcosa con qualcosa, non può essere qualcuno. Da qualcosa non si sviluppa qualcuno. Dunque l’ibrido di cui si discute, e che proprio così nasce, non rientra nella famiglia umana, non è una persona nemmeno potenzialmente, e non ha nessuno dei diritti umani che sono riconosciuti come diritti della persona. E vista la continuità fondamentale dei fenomeni biologici, si deve addirittura concludere che anche dopo il quattordicesimo giorno non sarà, ahilui, qualcuno. E così, posto che l’embrione possa davvero vivere oltre quella soglia (la scienza non ne sa granché), bisogna concludere paradossalmente che se l’HFEA avesse fatto propria la domanda di Spaemann, ed il punto di vista che ad essa si sostiene, non solo avrebbe dovuto autorizzare, come ha fatto, le ricerche sui cosiddetti embrioni chimera, ma avrebbe dovuto pure eliminare il limite temporale dei 14 giorni!
Orbene, credo che a questo punto si possa dire: la domanda di Spaemann non è una buona domanda (mentre è un buon risultato appurarlo). Questo non significa che la ricerca scientifica debba procedere indisturbata, e che non si debbano sollevare seri interrogativi in proposito; significa solo che non si può procedere sulla base di distinzioni linguistiche e concettuali errate. Porre di là le cose, di qua le persone ci mette a mal partito finanche con le bestie, figuriamoci adesso con gli ibridi citoplasmici!
Tutto ciò non vuol dire neppure che non sia legittimo seguire con apprensione le nuove sperimentazioni sulla vita. La stessa HFEA ha dato un’autorizzazione controllata e temporanea, tenuto conto del parere degli studiosi e dei sentimenti contrastanti dell’opinione pubblica. Noi tutti, in verità, ci aspettiamo di essere rassicurati circa l’utilizzo del materiale genetico, non amiamo pensare che dai laboratori possano uscire esseri mostruosi, vogliamo garanzie sulle finalità di queste ricerche, siamo preoccupati che gli interventi nella fase iniziale della vita possano ledere i futuri diritti del nascituro, e così via. Ma per fortuna non è necessario, per avere di queste legittime preoccupazioni, supporre, anzi considerare dimostrato che l’ovulo fecondato è già una persona, è già qualcuno, con la spiacevole conseguenza che allora si potrà fare quel che si vuole delle future chimere, che persone non sono, e neppure lo saranno nell’ipotesi (ancora avveniristica) che possano un giorno svilupparsi in esseri senzienti e intelligenti.
Dov’è la morale, in tutto ciò? Direi semplicemente: che forse qualche robusta tesi metafisica (e qualche anatema) in meno può essere il migliore viatico per trovare, dove più occorre, qualche elemento comune di ragionevolezza in più.