Archivi del mese: gennaio 2008

Ratzinger e Kant (un po' in fretta)

Mons Bruno Forte, intervistato da Alessandro Lanni, dice: quel che Benedetto XVI mette in evidenza è l’incompletezza di certe proposte (scienza, tecnica, progresso). D’accordo. Ma ciò con cui si è cimentata la filosofia nel ‘900 non è solo o tanto la caccia alla proposta completa, ma la critica della completezza (con l’avvertenza – qui piuttosto oscura – che questa critica non necessariamente si conclude all’affermazione che, dunque, siamo incompleti, poiché in questione è piuttosto il senso della completezza, e quindi anche dell’incompletezza). Invece la proposta di Forte è: ti faccio la critica di ogni costrutto umano/mondano, che è incompleto, e così lascio spazio al completamento. Non nego i penultimi (sono rispettoso della scienza), ma li critico quando credono di essere gli ultimi (lo scientisimo). E per giunta so io bene dove pescare gli ultimi. Si vede subito che in questo modo qualunque contributo della filosofia circa il senso di ciò che è ultimo e di ciò che è penultimo viene mancato. (Mentre Forte ha ragione nel sottolineare che una tale riflessione manca anche in chi semplicemente non vede il problema).

E se mons. Forte dice che il Papa dialoga con Kant, piuttosto che con Dawkins, io son contento, ho la stessa preferenza, ma poi penso che forse Kant non lo ha capito bene, perché è proprio di un intendimento superficiale di Kant che si tratta qui – l’intendimento che, fra l’altro, sta dietro le parole citate sotto [eccovi svelata la soluzione, e complimenti ad adlimina]: ho dovuto distruggere il sapere (lo scientismo) per far posto alla fede. Questo è però solo una prima presentazione del problema critico. Ma il senso della critica è, contemporaneamente, all’inverso: ho dovuto fare di Dio un problema senza soluzione per far posto all’uomo. Senza di che, Kant resta un libro chiuso.

(Lascio perdere per mancanza di tempo il resto dell’intervista, in cui c’è dell’altro. Ma in breve, non mi va quando la si mette come se si trattasse di scegliere: ti piace di più quel che combina l’uomo emancipato, o l’uomo non emancipato dal bisogno di Dio? Ammesso pure che mi piaccia di più il secondo, qui non si tratta di quel che piace o piacerebbe a me. E non mi va neppure quando la si mette come se ci fosse un implicito da esplicitare, e non mi va non solo per le ovvie ragioni che si possono immaginare, che anche così la si fa un po’ facile, ma non mi va proprio la logica dell’implicito e dell’esplicito. Questo però non si capisce, me ne scuso e vi saluto).

Dai un nome all'autore

"Solo se date retta a me potrete rescindere alla radice il materialismo, il fatalismo, l’ateismo, l’incredulità, la stravaganza e la superstizione, e anche l’idealismo e lo scetticismo"

A. Rosmini B. Heidegger C. Kant D. Ratzinger E. Pascal F. Nietzsche G. Sgarbi H. Ferrara

La proposizione perfetta/5

"L’idea della scienza non è affatto un’idea scientifica. E’ un’idea filosofica e per niente scientifica"

(Le altre proposizioni perfette)

 

Niente perciò

Massimo Cacciari su Giambattista Vico: splendido (qualche lettore del blog mi chiede di mettere nei post un bollino, il cui significato sarebbe: attenzione, il presente post va letto con ironia. Questo post non necessità di bollino – salvo ovviamente per la presente parentesi). Splendido. Io queste cose le sento da quel dì da Vitiello, che ne scrive pure un po’, ed è notevolissima la consonanza. Fin quasi all’identità (il più accreditato dei vitiellologi viventi confermerà, spero).

Ciò detto, eccoci al punto: "Ma syn-pathein è possibile, a sua volta, solo se in noi permane l´eco di ciò che andiamo visitando". Messa così, non sta in piedi. Non puoi dire che il logos è astratto, che devi pensare l’origine, che l’origine è abisso, non fondamento, che mai puoi giungere a perfetta co-scienza del fondo del dire e di ogni dire, che però deve essere scienza, e che perciò deve permanere l’eco, e sentirla è possibile.

Niente perciò.

Il contrario della politica

Con questo titolo indovinato, è su Left Wing l’intervento di sabato scorso. Ci sono anche quello di Roberto Gualtieri e di Carlo Cerami. Sono anche sul sito di Italianieuropei, ma io devo tenere conto delle priorità

L'ora delle decisioni irrevocabili

Viene anche quella, in effetti. Perché quando, nei commenti del dopo partita, il denominatore comune è lo splendore della tua calvizie sotto la luce spietata dei riflettori, non c’è un minuto da perdere. Lunedì i barbieri sono chiusi, ma martedì si interviene drasticamente. Radicalmente. Irrevocabilmente.

P.S. A chi interessa, il mio intervento al decennale della Fondazione Italianieuropei può essere seguito qui.

Dieci anni

Domani pomeriggio sono qui. Seguite la diretta, mi raccomando.

Il mondo ci osserva

Il New York Times dà la notizia: "If I had the chance, I would have spit in his face". Secondo il Guardian (che titola alla Kim Carnes: Berlusconi eyes) la chance l’ha avuta: "one senator was spat on and called a "squalid poof" and had to be carried from the chamber on a stretcher". 

Sul NY Times (per il quale l’Unione andava dai conservative Christian Democrats fino ai Communists) non manca il commento dell’analista: "Where is the difference between right and left? There is none. If we go to elections with the same old law, people face a situation of no hope", said Beppe Grillo, a political comic and blogger".

Un post in diretta: Storace al Senato

"Finalmente. E’ la parola più pronunciata dai blog di questo paese".

Siamo un popolo di navigatori, non c’è dubbio.

Cesare e Pinco Pallo

La scienza non avrà l’ultima parola, dice Severino, ed a me non riesce di capire come l’ultima parola possa venire così, di bel bello, dopo la penultima (e la terzultima, e la quartultima). Mi pare peraltro maggiormente interessante capire com’è fatta una parola ultima, che non chi ce l’abbia.

Ma dall’intervista rilevo che secondo Severino (che lo ha scritto e ripetuto altre volte) "l’insegnamento originale di Gesù non è solamente ma è essenzialmente politico.  Proprio l’espressione che viene ricordata per indicare come si debba rispettare l’autonomia dello Stato, ‘date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’, denuncia invece il carattere essenzialmente teocratico della predicazione evangelica. Gesù non può pensare che a Cesare si dia qualcosa che è contro Dio. Ma se a Cesare, che è lo Stato, si dà qualcosa che non può essere contro Dio, allora Cesare dev’essere un alleato di Dio, di Gesù, del Dio della Chiesa, cioè Cesare dev’essere cristiano, lo Stato dev’essere cristiano. Quindi appartiene all’essenza del cristianesimo il voler essere presente nella vita pubblica, nella società".

Ora, mi soffermo solo sull’argomento. Che non funziona. Se io dicessi a Pinco Pallo: dai X a Tizio e Y a Caio, come posso concludere da quel che dico a Pinco Pallo che Tizio è alleato di Caio? Come posso concludere, dal fatto che Gesù raccomanda a Pinco Pallo come regolarsi con Tizio e Caio, che Tizio è alleato di Caio? L’alleato sarà al più Pinco Pallo (e per giunta: a certe altre condizioni). C’è bisogno di un po’ di ipotesi supplementari per trarre la conclusione di Severino. Ma quelle ipotesi non ci sono nel Vangelo, e di ipotesi supplementari se ne possono fare tante. E in generale, questo modo di fare l’esegesi è veramente la cosa meno convincente che vi sia.

(Dell’intervista è notevole pure la conclusione, dal tono indubbiamente religioso)

Walk on the Wild Side

The problem is: what side are you on? Stai dalla parte della vita che resiste, o dalla parte del suo sfruttamento biopolitico? Perché non è che tu possa pensare di costruirti ingenuamente spazi separati di controcultura. Il diagramma biopolitico ti attraversa a tutti i livelli, e ti penetra nell’anima. E allora c’è poco da fare: devi resistere attivamente. E va bene che è tempo di esodo, però ci vuole pure un poco di forza, che diamine. Voi mi venite a parlare di soft, di weak moltitude: io ho qualche problema con questi aggettivi un po’ miserrimi.

Vi assicuro che in Italia, negli anni ’70, s’è cominciato col soft  e col weak, e poi s’è finito alla lotta armata. Stiamoci attenti… Sembra un paradosso [lo è, lo è, ndb], ma se tu cominci subito con la resistenza strong, di passare alla lotta armata la voglia non ti viene [eh, già, ndb]. Comunque l’efferverscenza che c’è in giro a me piace. Si possono fare un sacco di cose. Io per esempio ho proposto di trasformare i consigli di fabbrica in centri sociali urbani. Così si fa. Lo Stato è vecchio, i movimenti sono giovani, e le istituzioni devono essere realtà aperte, in continuo divenire. Pensate a Rostock: io non dico che è stato come il 1905 in Russia, l’inizio di un nuovo ciclo rivoluzionario.

Non lo dico, però lo spero: Toni Negri, l’ho letto oggi, il giorno dopo lo speciale di Ballarò.

P.S. Lou Reed: testi e video

La moralità nella seconda repubblica

A seguito del tamponamento, già rubricato come danno collaterale, questa sera il perito dell’assicurazione della mia auto è venuto a chiedermi conferma dell’avvenuto incidente, dal momento che non trovavano in agenzia copia della mia denuncia (che io, posso assicurare l’inviperito – immagino – automobilista da me tamponato, avevo regolarmente presentato). E’ passato un po’ di tempo, quasi tre mesi, perché la macchina era intestata a mia madre, che ora non c’è più. E non c’è più mio padre, e la casa è vuota e nessuno risponde, e la cassetta postale dove sono stati depositati gli avvisi non è stata svuotata con regolarità, e insomma solo stasera sono risaliti a me.

Io ho tutto confermato. Ma mi sono chiesto anche, dimostrando come in me campano sia per via di queste strane domande una precaria pellicola il senso civico: se, ora che non c’è più l’intestataria dell’automobile, e io devo pure cambiare l’auto, che ha superato i 200.000 km e i sette anni di vita, se me ne andassi in giro tamponando qua e là un po’ di amici compiacenti, con l’auto un po’ ammaccata, che vogliono rifarsi la carrozzeria, dal momento che la prossima assicurazione sarà intestata a mio nome, o a nome di mia moglie, e quindi non dovrò accollarmi tutti questi incidenti, se io così facessi, l’assicurazione come potrebbe parare il colpo?

P.S. Un mio amico suggeriva di confezionare, per noi campani, la maglietta: "Sono campano, ma mi sto curando".

 

Tutto da leggere

Su Left Wing ci sono un bel po’ di cose nuove: Veltroni contro i velociraptor, La solitudine del leader, Correnti senza partito, Bettiniani brava gente, La volpe e il pulcino. Tutto da leggere.

La politica ai tempi della biopolitica

Su Europa, comincia oggi una serie di "interviste sulla politica ai tempi della biopolitica con alcuni tra i più importanti filosofi italiani". Il primo a essere intervistato è Roberto Esposito. Un punto della sua intervista, in particolare, mi fa difficoltà, quando dice che "il problema centrale [della politica] non è più tanto quello della ripartizione delle risorse e della giustizia sociale", ragione per cui le classiche distinzioni destra/sinistra non funzionano più. "Le questioni che riguardano l’inizio e la fine della vita o la salute sono in gran parte trasversali ai concetti di destra e sinistra".

Io invece penso che questa trasversalità è forse il segno che non sono ancora divenute (non dico concettualmente, ma empiricamente) così centrali come Esposito ritiene. Ed è possibile che diventino centrali (anche se ciò non vuol dire che destra e sinistra rimarranno immutate) quando porteranno sempre più con sé "questioni di ripartizione delle risorse e della giustizia sociale" (ad esempio: io ho i soldi per acquistare un rene, e tu no; io ho i soldi per mangiare cibi certificati, e tu no; e così via). 

Senza paura

Su il Mattino, dopo le 14, la Chiesa senza paura. Ecco il testo:

In una piazza San Pietro gremita fino all’inverosimile, centinaia di migliaia di persone hanno assistito ieri all’Angelus dopo la forzata rinuncia del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico alla Sapienza. E per quanto i numeri facciano la loro impressione, non era certo necessaria questa occasione per dimostrare quanto determinante sia stata e ancora sia la presenza della Chiesa nella società italiana. Si può allargare il tiro: la filosofia, l’antropologia, la sociologia, sono tutte concordi nell’attribuire carattere di universalità al fenomeno religioso. E come non è riuscita la teoria, così non è riuscita neppure la storia, almeno finora, a eliminare la religione dalle forme di vita associata degli uomini. Con ogni evidenza, la religione come fenomeno intimamente individuale, spogliato di qualsiasi visibilità pubblica, separato da qualsiasi aspetto rituale, priva di qualunque consistenza istituzionale, è semplicemente un non senso. Non esiste, non può esistere. Nei termini proposti da Marcello Pera su la Stampa, a cui come i controversisti medievali per una volta concediamo tutto, queste affermazioni sono le affermazioni di un laico. Laico è infatti per Pera chi non crede, ma non considera per ciò stesso che la religione sia priva di senso; laicista invece chi non solo non crede, ma non riconosce alla religione alcun valore. Vi è dunque un preciso discrimine culturale tra il laico (buono) e il laicista (cattivo), che la presenza in piazza San Pietro di credenti e non credenti, avrebbe secondo il presidente Pera il significato di ribadire con forza. Naturalmente, poiché occorre essere rispettosi delle opinioni di tutti, come proprio ieri il Papa ha giustamente ricordato, anche l’opinione del laicista deve essere rispettata. Quel che va contrastato, è casomai l’arroganza e la prepotenza con la quale il laicista cerca di precludere spazi e riconoscimenti pubblici alla religione, e segnatamente alla Chiesa cattolica (ché di questo si parla). Ma è veramente questo, quello che accade in Italia? La gravità dell’episodio della Sapienza deve farci ritenere che vi siano davvero nel nostro paese sfere della vita pubblica in cui la religione sia confinata ai margini del confronto ideale e culturale, e relegata al silenzio? Se così fosse, bisognerebbe indicare quali, in quali ambiti la Chiesa non ha l’opportunità di dispiegare la propria missione universale. Io in verità non lo credo, e non credo neppure che occorra fingere che così sia, come invece sembra che taluni, devoti o no, atei o no, vogliono fare. Naturalmente, che la religione sia un fenomeno pubblico, non vuol dire affatto che il pubblico sia, come tale, un fenomeno religioso, e dovrebbe essere cura di tutti, laici e non, credenti e non, evitare in ogni modo che confusioni e sovrapposizioni del genere si producano. Ma c’è un’altra considerazione da fare. È vero che i numeri fanno la loro impressione, ma è anche vero che fermo principio di ogni società liberale è che ad aver bisogno di protezione e tutela sono le minoranze, non le maggioranze. Le maggioranze sono infatti protette anche solo dal fatto che sono maggioranza, e da questo punto di vista la Chiesa cattolica ha in Italia ben poco da temere. Ci sarebbe perciò da riflettere sul perché avverta oggi il bisogno di riaffermare con forza la sua presenza: ciò sembra in effetti dipendere da orizzonti storici e scientifici e filosofici che trascendono di gran lunga il laicismo scomposto di qualche professore, e di sicuro vanno ben al di là dei confini nazionali. Per questo, c’è da augurarsi che, riempiendo piazza San Pietro, il cardinale Ruini non abbia voluto confondere i piani: se davvero la Chiesa ha a cuore la verità che è in gioco nel nostro tempo, e non la politica che a volte se ne fa gioco a proprio uso e consumo, dovrà ricordare con timore che a volte, quando la verità si rimette ai numeri della politica, può capitare che la maggioranza scenda in piazza e gridi: Barabba! Barabba!

(So che l’articolo di Marcello Pera era criticabile sotto molteplici aspetti, ma io dovevo servirmene solo come spunto)