Archivi del giorno: gennaio 30, 2008

Ratzinger e Kant (un po' in fretta)

Mons Bruno Forte, intervistato da Alessandro Lanni, dice: quel che Benedetto XVI mette in evidenza è l’incompletezza di certe proposte (scienza, tecnica, progresso). D’accordo. Ma ciò con cui si è cimentata la filosofia nel ‘900 non è solo o tanto la caccia alla proposta completa, ma la critica della completezza (con l’avvertenza – qui piuttosto oscura – che questa critica non necessariamente si conclude all’affermazione che, dunque, siamo incompleti, poiché in questione è piuttosto il senso della completezza, e quindi anche dell’incompletezza). Invece la proposta di Forte è: ti faccio la critica di ogni costrutto umano/mondano, che è incompleto, e così lascio spazio al completamento. Non nego i penultimi (sono rispettoso della scienza), ma li critico quando credono di essere gli ultimi (lo scientisimo). E per giunta so io bene dove pescare gli ultimi. Si vede subito che in questo modo qualunque contributo della filosofia circa il senso di ciò che è ultimo e di ciò che è penultimo viene mancato. (Mentre Forte ha ragione nel sottolineare che una tale riflessione manca anche in chi semplicemente non vede il problema).

E se mons. Forte dice che il Papa dialoga con Kant, piuttosto che con Dawkins, io son contento, ho la stessa preferenza, ma poi penso che forse Kant non lo ha capito bene, perché è proprio di un intendimento superficiale di Kant che si tratta qui – l’intendimento che, fra l’altro, sta dietro le parole citate sotto [eccovi svelata la soluzione, e complimenti ad adlimina]: ho dovuto distruggere il sapere (lo scientismo) per far posto alla fede. Questo è però solo una prima presentazione del problema critico. Ma il senso della critica è, contemporaneamente, all’inverso: ho dovuto fare di Dio un problema senza soluzione per far posto all’uomo. Senza di che, Kant resta un libro chiuso.

(Lascio perdere per mancanza di tempo il resto dell’intervista, in cui c’è dell’altro. Ma in breve, non mi va quando la si mette come se si trattasse di scegliere: ti piace di più quel che combina l’uomo emancipato, o l’uomo non emancipato dal bisogno di Dio? Ammesso pure che mi piaccia di più il secondo, qui non si tratta di quel che piace o piacerebbe a me. E non mi va neppure quando la si mette come se ci fosse un implicito da esplicitare, e non mi va non solo per le ovvie ragioni che si possono immaginare, che anche così la si fa un po’ facile, ma non mi va proprio la logica dell’implicito e dell’esplicito. Questo però non si capisce, me ne scuso e vi saluto).