A Ffdes.
Sì, io considero normale (e civile) dare fiducia alle persone, e supporre in generale che comprendano quel che comprendo io. Almeno fino a prova contraria. Dunque supporrò che se io ritengo un certo caso omicidio (che a quel che so è un reato molto grave, il più grave, un reato sul quale non si può sorvolare: in generale, non mi risulta che dinanzi a morti violente la prima mossa dell’autorità sia quella di condurre accertamenti sullo spirito del tempo: può essere l’ultima, non la prima), se io ritengo un certo caso omicidio, ci sarà un omicida. Prima di rinunciare a trovare un omicida, di solito, ce ne corre. (SchwarzWelf, peraltro, magistero alla mano, mi pare concordi). (Corollario polemico: la polizia farebbe di conseguenza bene a entrare di più negli ospedali).
Ffdes non mi dice nulla circa la stima che io gli chiedo: quante donne sanno che abortendo mettono termine a una vita umana? Io sarei portato a ritenere tutte, quasi tutte, la maggioranza, Ffdes no, forse pensa un piccolo, piccolissimo numero: non so. Se un piccolo numero, vorrei che scrivesse magari sul suo blog: c’è un piccolo numero di donne assassine, là fuori. Vorrei che anche Ferrara facesse la sua stima, e scrivesse sul giornale: la maggioranza delle donne non sa di commettere un omicidio (che già questo è abbastanza offensivo); ma sicuramente (è un fatto statistico) ce ne sono alcune che lo sanno: quelle sono assassine (e questo è coerente). Converrebbe individuarle, per non gettare un sospetto morale su tutte le altre… Vorrei perciò che si auspicasse fortemente la condanna penale per le (poche) assassine: continuo a non capire perché, fosse anche una su mille a abortire sapendo che è una vita umana, ecc., quest’assassina non debba essere assicurata alla giustizia. Perché si consideri un dramma e uno scandalo senza pari l’aborto, e non anche che delle assassine vadano sistematicamente impunite.
Poiché il termine omicidio che viene qui usato è lo stesso che viene usato in altri casi di morte violente che non riguardano feti – e la ragione, a quel che il mondo ignaro apprende, è precisamente che si tratta della stessa cosa – vorrei che si dicesse chiaramente, quando si fa la somma degli aborti degli ultimi trent’anni, che va ridimensionato, al confronto, il nazismo. Idealmente: se qualcuno mi facesse scegliere: avresti voluto un Novecento senza aborti o senza nazismo, io, stupidamente, direi senza nazismo. Se guardo al numero dei morti dovrei dire invece: senza aborto.
(Se si trova urtante o provocatorio il confronto, mi scuso: ma è che io trovo urtante tutta questa faccenda).
(Faccio notare che Ffdes parla di vita umana. Almeno finora. Non so se con vita umana intenda persona umana. Che la vita umana sia sempre, in ogni stadio biologico della sua esistenza, vita umana personale, attende dimostrazione; poiché l’argomento della Thomson portato nell’articolo vale anche per individui umani adulti che tutti considerano persone, non ho discusso questo punto, né intendo discuterlo qui. La correzione della metafisica delle partorienti, perché adeguino il loro registro di comprensione del feto che hanno in grembo alle esigenze del personalismo, non è affar mio. Certo, chi difende la vita appellandosi all’evidenza non ha, credo, evidenze empiriche a conforto della personalità dell’embrione; tuttavia, nella misura in cui ritenesse di averle – ad esempio: per un feto di otto mesi – non potrebbe non trovare evidente anche per altri quel che è a lui evidente, sennò che razza di evidenza sarebbe?, e perciò non potrebbe non trovare assassina chi ciononostante abortisce. Se c’è lì un’evidenza, è facile, non dico necessario ma almeno facile, che molti comprendano la cosa esattamente negli stessi termini in cui la comprendo io).
Ffdes conclude con efficace retorica: chi comprende che è vita umana quella che interrompe, è in guai seri con sé. D’accordo, però devi auspicare – auspicare perlomeno – che sia in guai seri con la giustizia penale. Se poi scendi in politica e vuoi essere coerente, devi formulare pubblicamente l’auspicio. E proporti di stendere le relative distinzioni giuridiche. Quando Ferrara lo farà, ne guadagnerà in coerenza e credibilità.
A Schwarzwelf
Io non discuto nell’articolo, come ho detto sopra, la questione della dignità personale dell’embrione o del feto. Credo di avere spiegato perché: trovo che l’argomento della Thomson valga anche là dove nessuno dubita che di persone si tratti. Il caso del violinista famoso immaginato dalla Thomson, che un bel mattino io trovo attaccato non si sa perché ai miei reni, è appunto immaginato per saltare a pié pari la discussione sulla personalità dell’embrione (il che ovviamente non significa che sia pacifico che l’embrione sia persona né che non lo sia – però ti chiedo: qual genere di certezza attribuisci all’affermazione che l’embrione è persona? È una certezza che ritieni fondata sul dato biologico? Ritieni quindi che la biologia sia decisiva per stabilire le condizioni necessarie e sufficienti per decidere se un individuo sia persona oppure no? E se ora ti proponessi il caso immaginario di mia figlia, che ad un esame clinico è risultato possedere una dote biologica aliena? Mi autorizzeresti a sopprimerla?).
Ciò detto, confesso che mi infastidirebbe un po’ che qualcuno ritenesse che io sia anestetizzato, dal momento che non riconosco la personalità dell’embrione. Dotato come sono di smisurata autostima, mi verrebbe peraltro naturale di pensare che sono abbastanza imbecilli le persone (no, non le persone: facciamo i Magisteri) che mi considerassero anestetizzato. Così, per par condicio.
Ma torno all’argomento della Thomson. Che non è affatto ingenuo, ma stilizza il caso della gravidanza indesiderata. Se non si ritiene che esistano gravidanze indesiderate, cioè non volute, l’argomento della Thomson non funziona, mi rendo conto, ma non capisco perché il fatto che io sappia di poter rimaner incinta nel corso di un rapporto sessuale debba significare che dunque la gravidanza me la sono voluta. (Poiché apprezzo molto il tono non polemico, e mi scuso per un paio di battute polemiche, offro in cambio la rinuncia a tirare in ballo la questione contraccettiva).
E poi, posto pure che l’argomento si attagli solo a rarissimi casi (ad esempio: lo stupro) voglio sapere dai difensori e paladini della vita se in tali casi considererebbero moralmente lecita la decisione della donna. Se la considerano lecita, vorrei capire su qual fondamento la considerano tale.
Non vorrei, infine, apparir troppo leggero. L’ho scritto nell’articolo: sapere qual genere di responsabilità si esercita, avendo il diritto di esercitarla, non diminuisce affatto la responsabilità; casomai, l’aumenta. Di personale aggiungo che ho tre figli, e per nessuno dei tre io e mia moglie (più lei che io, naturalmente) abbiamo fatto ricorso all’amniocentesi: non avremmo mai e poi mai fatto seguire l’aborto ad un eventuale esito infausto. (Così stiamo tranquilli che troppo anestetizzato non sono).