Archivi del giorno: febbraio 18, 2008

Habemus articulum

Con titolo, L’aborto e la coerenza, del quale ringrazio il giornale (anzi, già che ci sono, ringrazio pure il Direttore:

Un diverso clima culturale. Giuliano Ferrara giura e spergiura che non vuole cambiare la legge 194 sull’interruzione di gravidanza, ma soltanto favorire un nuovo clima contro “la cultura della morte”, contro la selezione eugenetica dei nascituri, contro la selezione in base al sesso e in base a qualunque altro motivo. La sua lista, che a quanto pare si apparenterà col PdL, si chiamerà dunque “Aborto? No, grazie”, ma non proporrà alcun intervento legislativo in materia. Verranno, tuttavia, varate linee guida assai proibitive, questo si è per ora appreso, che impediscano aborti come quello di Napoli. La legge verrà in questo modo svuotata, ma si potrà dire che è ancora lì.
Comunque vada questa singolare vicenda, un po’ di coerenza non guasterebbe. Per capire, se non altro, come si possano presentare i fatti di Napoli così come ha fatto il Foglio, titolando “Ucciso bimbo perché malato”, e poi difendere la legge a norma della quale si uccidono i bambini malati; come si possa dire che no, le donne non sono assassine, e tuttavia sostenere che “le interruzioni di gravidanza sono un omicidio perfetto”. Quella logica aperta e franca, secondo la quale si vuole condurre il dibattito, pregando tutti di chiamare le cose col loro nome, non consentirebbe infatti di cavarsela attribuendo genericamente la responsabilità dell’uccisione di un bimbo malato allo spirito del tempo, alla temperie culturale o all’atmosfera eugenetica che tutti respireremmo. Sarà così, ma è troppo facile: se c’è un omicidio, c’è un omicida; se c’è un assassinio, c’è un’assassina. E anche se nel mondo, è vero, di “omicidi perfetti” se ne commettono molti di più, e non per commendevoli motivi, non si capisce perché dovremmo chiudere un occhio sugli omicidi di casa nostra. E poiché infine nessuno vuol rivedere il biblico “non uccidere”, coerenza vorrebbe che prima o poi si chieda invece di rivedere la legge. Nel senso del divieto, e della condanna penale. Nel senso della colpevolizzazione delle donne. E dell’incriminazione – almeno finché l’omicida va considerato un criminale.
Vi sono naturalmente argomenti per respingere simili ragionamenti e le loro conseguenze. Ne proporrò uno, anzi due. Ma, intanto, sono i sostenitori dell’aborto uguale omicidio che devono, se credono, proporre un argomento razionale per non dare la patente di assassina alla donna che abortisce. Nell’appello per la moratoria se ne trova soltanto uno: il diritto di autodifesa. Ma è un argomento insoddisfacente, parecchio lacunoso, assai improprio. A meno che infatti non sia in pericolo la vita stessa della donna, non ad esempio soltanto compromessa la sua salute fisica o psichica, uccidere il bambino per difendersi non può essere né moralmente né giuridicamente lecito. Occorre trovar di meglio. Trovare qualcosa che non sia una semplice attenuante. Le attenuanti, del resto, non tolgono la patente di assassino a chi commetta un omicidio. Anche così, dunque, coerenza vorrebbe che la lista contro l’aborto e il suo futuro ministro della salute mettessero in programma l’abrogazione di una legge che riconosce il diritto di uccidere ad una donna spaventata dalle conseguenze di una gestazione indesiderata, lasciando ad altre anime belle, per esempio a Casavola, che ne ha scritto con grande misura sabato su questo giornale, la difesa di una disciplina legale nel suo complesso positiva, che regolamenta con saggezza i casi in cui è possibile far ricorso all’interruzione di gravidanza.
Ora però l’argomento. Il più franco che conosca. Lo prendo da un altro clima culturale, quello che c’era negli anni in cui in Italia e nel mondo si conquistava non il diritto di abortire, che fa inorridire taluni, ma il diritto all’autodeterminazione della donna, che gli inorriditi non sentono purtroppo di dover difendere. Lo formulò a suo tempo Judith J. Thomson, filosofa americana che secondo la terminologia ripristinata sabato da Sgarbi sul Giornale meriterebbe senz’altro l’epiteto di strega (a proposito del clima). E dice più o meno così, in breve: se un giorno io trovassi che dall’uso del mio corpo dipende la vita di un altro, non sarei per questo moralmente tenuta a prestarglielo, né alcuno mi potrebbe costringere a ciò. In questo modo la drammaticità della scelta non è affatto diminuita, poiché nessuno rifiuta a cuor leggero ad altri una possibilità di vita. Nessuno lo pensa, e nessuno lo rivendica. Ma si ritira alla donna la patente di assassina. E si può cominciare a ragionare, a considerare le differenze, le situazioni, i casi della vita. Le settimane di gravidanza.
Ma ecco il secondo argomento. Breve, senza trucchi e senza eufemismi: le donne, caro Ferrara, non commettono “omicidi perfetti”. Convinciamoci almeno di questo, se vogliamo migliorare il clima.

 

Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, proposizione 6.43

"Il mondo del febbricitante è altro da quello del non febbricitante"

L'attesa

In attesa di poter riprodurre qui l’articolo apparso oggi su Il Mattino, aggiungo tre considerazioni. La prima, in risposta al commento lasciato sotto da SchwarzWelf (grazie):

1. Se è per non esasperare i toni, e dialogare, non limitiamoci a evitare la parola assassino, o omicida, evitiamo pure assassinio, o omicidio.
Se qualcuno – leggi Ferrara – mi fa la predica sull’uso ideologicamente connotato delle parole, mi sento non in diritto, ma in dovere di fargli notare quando vi incorra lui. Nel caso di specie, poi, non si tratta dell’uso di una perifrasi, di un eufemismo o di non so cos’altro di politicamente corretto. No: Ferrara nega esplicitamente che le donne siano assassine. Il problema è perciò logico, non linguistico (Io, ad esempio. posso usare l’espressione “interruzione volontaria di gravidanza”, ma difficilmente negare che con ciò si intende quel che s’intende con “aborto”).
 
2. Passi avanti si farebbero tutte le volte in cui si aiutasse a distinguere. Ferrara non aiuta. Anzi: deliberatamente confonde (Si veda, ad esempio, il sistematico appaiamento delle questioni abortive e delle problematiche eugenetiche, con l’aggravante ulteriore che eugenetica è una parola passe-partout con la quale si demonizza qualunque genere di intervento tecnico che modifichi il mitico corso naturale delle cose, che sarà pure bello e buono, ma mi sfugge Ferrara come faccia a saperlo).
3. Stamane Bellasio (su La7) ha detto che non riesce a capire come la lista "Aborto? No, grazie", che difende la Vita possa essere considerata di destra (era l’opinione di Facci). Se non lo capisce, temo che non capisca nulla, ma non voglio essere precipitoso. Bellasio ha detto: chiunque, dall’estrema destra all’estrema sinistra, riconosce il valore della vita, e riconosce che il problema dell’inizio e della fne della vita è uno dei grandi problemi del nuovo secolo. Ma certo. Come no. Si fanno le liste solo per individuare i problemi del XXI secolo, non per fare le leggi. L’ipocrisia con cui si usa la bandiera della vita per non connotare le politiche per la vita che si considerano conseguenti è insopportabile. Oppure i parlamentari eletti con quella lista faranno prediche e scriveranno articoli di giornale, astenendosi dall’appoggiare nuove linee guida della legge 194, come quelle annunciate ieri dal ministro della salute in pectore della lista, Ferrara, il quale no, non vuole mica modificare la legge 194; vuole solo proibire l’aborto nei casi in cui il feto sia affetto da sindrome di Klinefelter?