Archivi del giorno: aprile 8, 2008

Dopamina per tutti

Perché le scienze cognitive applicate alla morale costituirebbero un settore chiave? Chiave per aprire che cosa? Leggo (grazie al blog) che fra qualche anno potremmo avere qualche elemento in più per sapere se abbia ragione Dennett, per il quale la religione passerà di moda, oppure Gray, per il quale è come il sesso: un bisogno fondamentale che di moda non passerà. Spero proprio che sia qualche anno, e non qualche decennio o secolo, perché mi farebbe piacere conoscere la risposta, anche se dubito molto che le scienze cognitive applicate alla morale potranno darmela.

O forse potranno. Chissà. Però mi domando: si considera che sia un problema empirico o concettuale la questione di sapere che cosa significa che queste e queste altre sono le basi fisiologiche del bisogno di religiosità? Si considera che v’è chi neghi (e che perciò vada dimostrato) che quando il credente si trova nella disposizione della credenza (qualunque cosa ciò significhi) nel suo cervello accade qualcosa? E posto che si dimostri che quel che accade nel cervello non è gran che e può non accadere per questi e questi altri motivi (biologici, chimici, farmacologici o chissà cos’altro), si sarà davvero con ciò dimostrato che la religione è solo una moda, un fenomeno culturale passeggero? Ma posto che si nutrano simili considerazioni, sono esse scientifiche? Lo sono secondo quale idea di scientificità? D’accordo: meno ideologia e più scientificità. Ma è ideologico o scientifca la determinazione del senso dei risultati scientifici? Posto infine che si dimostri che alla base della credenza religiosa c’è un sacco di dopamina, e che invece chi di dopamina non ne ha neanche una goccia è ‘naturale’ che non creda, si sarà compreso cosa, precisamente? (E chi impedirà o consentirà al futuro Ratzinger – Ratzinger no, facciamo Luca Volonté – di chiedere la prescrizione della dopamina per legge?).

Mah.

Unmusikalisch

La cosa che mi ha strappato un molto doloroso assenso, è il logo: la cassetta. La musicassetta. Chi non ha preparato una musicassetta in gioventù (avendo ahimè l’età per parlare oggi della sua gioventù)?

[E chi non si è trovato alle quattro di notte nella metropolitana di Londra senza un soldo in tasca, e non ha incontrato un giovane turco vagabondo (o un armeno o un curdo: non so bene), seduto tranquillo per terra, intento a riavvoltolare il nastro delle musicassette raccattate qua e là, e disposto non solo a spiegarti dove conviene scavalcare i tornelli per non essere sorpresi da guardie o telecamere, ma a darti persino, insieme alla fiducia nell’umanità, qualche spicciolo per consentirti di tornare a casa, dopo che hai accompagnato (senza portafoglio) la tua ragazza all’aeroporto, l’unica a cui tu abbia regalato una compilation su cassetta in gioventù?].

Perciò ecco l’esordio di Azioneparallela su Muxtape. Sono solo due canzoni. Cinque minuti. Per mia madre e per mio padre.

Un gesto coraggioso

Torno su Mancuso, per linkare la migliore difesa del libro L’anima e il suo destino (grazie a Roberta De Monticelli, su InSchibboleth). E’ una difesa che non entra nel merito, non discute il contenuto della posizione di Mancuso, si ferma sulle soglie del libro e giustifica "il gesto coraggioso" di Mancuso, che ha posto fine all’epoca del doppio binario: "la gran dialettica filosofico-teologica fuori, il catechismo un po’ nascosto dentro".

In effetti è così. E ha ragione la De Monticelli: dire che, quale orrore, è un libro ‘pop’, non risolve gran che. Avendo poi qualche conoscenza dell’attuale "gran dialettica filosofico-teologica fuori", cioè dei Cacciari, dei Donà, dei Vitiello che dialogano con i Bruno Forte e i Piero Coda, devo dire che sì: il dialogo non si svolge mai sulla lettera catechistica (chiamiamola così). Ed è giusto che Mancuso si sia un po’ stufato. I filosofi no, poiché non hanno bisogno di difendere quella lettera, ma i teologi: non dovrebbero spiegare come andrebbe difesa? Oppure non va difesa? L’impressione che ho ricevuto, leggendo commenti qua e là di credenti seri e impegnati, è che costoro vedono bene come l’esperienza cristiana della fede, alla lettera, sia molto lontana dalle pagine del libro di Manuso, ma evidentemente confidano in un’intelligenza di quella lettera in cui Mancuso non confida più. Perché essi vi confidino, però, non è chiaro. Mancuso ha voluto chiarirselo, ha voluto provare ad immaginare di poter dialogare ‘fuori’ proprio di quella lettera, senza nasconderla.

Da questo punto di vista,è veramente esemplare la risposta (secca, priva di particolare sapienza teologica, ma secca e diretta) che Vito Mancuso ha dato qualche settimana fa a Bruno Forte. Di solito, la "gran dialettica filosofico-teologica fuori" discute dottamente del peccato originale, o della salvezza in Cristo, senza porsi però le domande che ad esempio pone nella replica Mancuso. Ad es.: d’accordo, e i non battezzati? O cambi la lettera del dogma, o la nascondi. Non puoi abolire il Limbo, tenere il peccato originale e il sacramento del battesimo nel suo significato tradizionale, e però dire che i non battezzati non vanno all’inferno. Alla lettera ci vanno, eccome se ci vanno (o ci dovrebbero andare).

(Però, sia detto en philosophe, nella replica Mancuso ha solo parzialmente ragione su Kant. Anzi, ha fondamentalmente torto).