"Credo di conoscere, dopo averla colta anche nelle attitudini del padre, la vocazione di Veltroni per la drammatica dualità del fondere, ma anche del separare, la vecchia nozione e la nuova lettura del dilemma di fondo: la fides et ratio, cioè la presenza di Dio in sé, nel suo proprio arbitrio e dominio, e in noi, nella nostra facoltà di intenderlo e viverlo".
Zavoli che recensisce Veltroni che recensisce Scalfari. Non aggiungo parola perché non vorrei ritrovarmi da qualche parte come anello di questa stessa catena.
P.S. Che poi, abbiate pazienza, ma una cosa devo notarla. Veltroni attacca così: "Aprirò il libro dalla dedica. Non guarderò la copertina, non ancora. Ci ritorno dopo un po’". A parte il discutibile uso dei tempi verbali, ma che ti fa Veltroni, dopo avere cominciato così? Ti parla a lungo proprio della copertina che non ha guardato subito ("è rilegata in brossura…la sovraccoperta è bianca…, ecc. ecc.), e per tutto l’articolo non dice una parola sulla dedica! Straordinario. (Veltroni in realtà voleva dire: solo alla fine vi dirò il nome dell’autore che sta in copertina. Ma sarà rimasto così stordito dalla brillantezza della sua trovata che purtroppo gli è venuta male)
Il titolo del post doveva essere “La drammatica dualità del fondere”. Col quel tanto di sapore jungeriano.