Anche il più spiritualista degli uomini è disponibile, di questi tempi, a concedere che l’attività mentale lascia tracce nel cervello: mi pare difficile che si spinga sino a sostenere che nulla nel cervello accada, mentre si pensa, si immagina, si percepisce. Comprendere ad esempio la differenza tra un certo comportamento e l’esecuzione di un certo comportamento ‘per finta’ rientra tra quelle cose che noi facciamo, e di cui dunque è lecito attendersi che vi sia traccia nel cervello. Uno scienziato, Pinco Pallo, è riuscito a determinare quali neuroni scaricano quando comprendiamo che un certo comportamento viene eseguito per finta, ed è riuscito a stabilire che quegli stessi neuroni, detti neuroni furbacchioni, non si attivano quando il comportamento non viene tenuto per finta, ma sul serio. Ne viene che i neuroni in questione si attivano dunque perché comprendono la finta? Oppure è meglio dire che noi chiamiamo comprensione l’attivazione dei neuroni furbacchioni?
Quel che accade nel cervello quando comprendiamo è ciò che chiamiamo comprensione? Evidentemente no (almeno: non finora). Quel che accade nel cervello è allora un altro modo (per esempio: un modo più preciso, un modo più potente, un modo più definito) di descrivere quel che chiamiamo comprensione, e abbiamo chiamato finora così ignorando l’esistenza dei neuroni deputati allo scopo? Ma avere scoperto il comportamento dei neuroni furbacchioni rende davvero più perspicuo cosa significhi comprendere, o è piuttosto il primo passo sulla strada di quel che si potrà fare per sapere, poniamo, se Tizio ha compreso che è una simulazione quella a cui si è sottoposto, e magari spingere un giorno il cervello a fare quel che gli chiediamo di fare (per esempio: comprendere le finte) non a parole, ma a forza di scariche elettriche? Resta che devo avere già idea di cosa sia compendere, per andare a cercare quali sono i neuroni che fanno il lavoro per me. Sicché cos’è comprendere non me lo possono insegnare i neuroni, né ora né mai .
P.S. avevo scritto "…o è soltanto il primo passo…". Ma immagino che molti, se avessi scritto così, avrebbero commentato: "e ti par poco"?
PP.SS. I più materialisti, spaventati dall’ultima proposizione del post, possono riformularla, in maniera un po’ più complicata, così: sicché la dimensione in cui si muove la comprensione del mondo che precede necessariamente qualunque spiegazione non può essere a sua volta spiegata: non perché sia in mente Dei, ma proprio perché non è in mente, essendo piuttosto la mente a stare in essa.