In carcere, Radovan Karadzic mangia solo noccioline e uvetta. L’uomo dell’assedio di Sarajevo, l’uomo che diede il via libera al massacro di Srebenica, è un grande esperto di macrobiotica, bioenergia e medicina alternativa. Quest’uomo, Radovan Karadzic, messe da parte le stragi e i massacri, gli stupri e le esecuzioni sommarie, ha esercitato con grande perizia l’agopuntura, somministrato farmaci omeopatici, praticato le arti quasi magiche della chiroterapia e della fitoterapia. Portava una lunga e folta barba bianca, che gli dava l’aria del santone. E tunica e sandali, come un asceta o un maestro di saggezza dell’antico Oriente. Presso il suo studio, presso lo studio medico dell’ex presidente serbo-bosniaco accusato dal Tribunale penale internazionale di genocidio e crimini contro l’umanità, si potevano seguire metodi riabilitativi di bimillenaria tradizione, come lo Yoga e il Qi Gong. Radovan Karadzic è stato, d’altronde, anche un poeta: l’uomo ha scritto quattro libri di poesie e per uno di essi ha anche ricevuto il premio "I sentieri dell’infanzia". Uno dei responsabili delle più orrende pulizie etniche a danno dei musulmani e dei croati di Bosnia, con il bel nome e la nuova identità professionale di Dragan Dabic ha potuto evocare nel corso di questi lunghi anni di latitanza l’energia del sole, il potere dei cristalli e i segreti dell’iridologia. Dragan Dabic era un dottore, e alleviava i mali dei suoi pazienti avendo sulle spalle la morte violenta di migliaia di uomini.
Naturalmente, per quanto a lungo si possa camminare, non si ritroveranno mai i confini di un’anima: lasciamo perciò senza spiegazione come l’individuo in doppiopetto Radovan Karadzic abbia potuto indossare il camicione largo del dottor Dabic, senza lasciar affiorare nulla del suo terribile passato. Quel che però è degno di qualche riflessione, è che nell’anonimato della sua nuova esistenza Karadzic abbia esercitato, presumibilmente con qualche successo, una professione medica che si vuole alternativa rispetto alla medicina ufficiale, e che, ancor prima di giustificare i propri metodi in ragione di una presunta maggiore efficacia, si vanta di stabilire un rapporto più diretto, più coinvolgente e personale, in una parola: più "umano" con il malato. È questo che sorprende: per quanto abile sia stato Karadzic nel calare sul suo volto la maschera di profeta New Age, e indipendentemente dalle coperture che hanno probabilmente potuto assicurargli una così lunga impunità, resta il fatto che ha potuto essere – lui macellaio, lui boia – un campione di umanità.
Ma di che genere di umanità si tratta? Forse lo comprendiamo meglio smettendo di raccontare la storia che le ideologie sporche e cattive sono finite, che i nostri sono tempi di definitivo disincanto, che non ci resta quindi che stare sul mercato a difendere occhiuti i nostri egoistici interessi, lasciando poi che ciascuno se la sbrighi da solo con le proprie ragioni di disagio: bussando magari alla porta del dottor Dabic. È infatti in quest’orizzonte post-politico, in cui la forma politica dell’esistenza umana è semplicemente rimossa, oppure, se non è rimossa, è appena tollerata, che è possibile che trovino un punto di contatto le più violenti forme di pulizia etnica e le più dolciastre illusioni esistenziali, e che taluno confidi o nello scatenamento della violenza o nelle salutari risorse della luce, dell’acqua e del suono. Son cose che, per quanto distanti in superficie, hanno tuttavia, in profondità, qualcosa in comune: il rifiuto di costruire la propria identità nello spazio pubblico della democrazia. Uno spazio difficile perché costitutivamente abitato dall’altro, da colui che non ha il mio stesso idem sentire, e di cui quindi devo rispettare sino in fondo la diversità.
L’idem sentire: si dice che ne abbiamo bisogno, per fortificare le nostre comunità minacciate. Prima però di somministrarne nuove, massicce dosi alle inferme democrazie occidentali, pensiamoci a lungo: a ben vedere, è quello il basso continuo della vita di Radovan Karadzic. Cosa ha fatto in effetti, Radovan Karadzic, che di identità e comunità si intendeva, e ci teneva a tal punto da consentire l’espulsione o l’omicidio del diverso, perché tutti, nella sua regione, sentissero come lui – cosa ha fatto, dismessi i panni del Presidente e indossati quelli del dottor Dabic, se non cercare tra le anime dell’ex-Jugoslavia quelle che più avevano bisogno di consentire ancora con lui, di sentire ancora con lui, in una più forte comunione spirituale, il salutare effetto dell’idroterapia o la benefica azione della cromoterapia?