– "Il male normale o ordinario può entrare in una relazione di "definizione per opposizione" con il bene. Mentire costituisce la controparte negativa del dire la verità, essere sleali è la controparte negativa della lealtà. Ma un male delle dimensioni di Auschwitz, invece, non può essere posto in una relazione del genere: non esiste un bene che possa essere definito come un "non fare quello che è stato fatto ad Auschwitz". sentiamo semplicemente che un male di queste dimensioni dovrebbe essere estirpato dal mondo: questo tipo di male è eccessivo anche solo per ricoprire il ruolo di "opposto del bene" -.
(A. Ferrara, La forza dell’esempio. Il paradigma del giudizio, Feltrinelli, Roma 2007, p. 110).
(Avevo lasciato intendere, nei commenti a questo post di ffdes, che l’espressione "male assoluto" non è solo un’espressione retorica, ma non avevo prodotto argomenti. Quello di sopra a me suona come un argomento, ma mi rendo conto che per qualcuno potrebbe essere anche solo un pezzo di retorica.
Il post finisce qua, quello che aggiungo sotto – e che solo alla fine si ricongiunge alla citazione di sopra – è scritto molto in fretta, per addurre ancora qualche argomento, a favore di chi non riesca mai a soddisfarsi di argomenti morali)
Secondo molti (non so quanti, ma secondo Ffdes, al quale avevo più o meno promesso questo post) l’espressione "male assoluto" (che di solito viene riferita al nazifascismo, e di solito lo si fa con l’idea di dire che non è certo stata l’unica cosa brutta che sia mai capitata, ma che è stata di un brutto assai particolare) qualificare un evento storico come male assoluto ha di sicuro un significato retorico, e sta a dire che quella tal cosa fu "moooolto cattiva" ma non ce l’ha sul piano strettamente storico-storiografico: "La storia è, nella sua essenza, ricostruzione basata sulle interpretazioni, e spesso sul loro conflitto impacificato e impacificabile".
Se capisco bene, qui si sostiene che, dal momento che qualunque evento storico può essere giudicato in modi diversi e da punti di vista diversi, non ha senso impiegare l’espressione "assoluto". Io trovo l’argomento assai insoddisfacente. Potrei cominciare col dire che se si tratta genericamente del fatto che la storia è sempre interpretata, e se si considera che il carattere ermeneutico del sapere storico è incompatibile con la qualificazione di ‘assoluto’, allora è probabilmente incompatibile anche con la qualifica di obiettivo: non saremmo cioè in condizione di poter dire mai come siano obiettivamente andate le cose, visto che "la storia è, nella sua essenza, ecc.". E invece lo possiamo e lo dobbiamo ben dire (senza lasciarci fuorviare da una superficiale considerazione di cosa è obiettivo, in storia). L’interpretazione può ben essere opinabile, ma il fatto che sia opinabile non toglie che essa pretende ad una validità obiettiva: non è la generica opinabilità a rendere meno obiettiva l’interpretazione, ma solo i dubbi determinati e circostanziati che la mettono in forse. E se anche fosse sempre possibile avanzare in principio di simili dubbi, occorrrerebbe prima avanzarli di fatto.
E così l’obiettività è salva nonostante la sua rivedibilità di principio.
Ma naturalmente c’è di più. Nonostante il post di ffdes sia scritto come se fosse male impiegare la parola ‘assoluto’ per certi effetti retorici, è esso stesso intriso di effetti simili (per non dire che è scritto male, a mio modesto avviso: e pur consapevole del fatto che anche questo post è scritto male, come tutti i post tirati via in fretta). La questione se sia o non sia sensato adoperare l’espressione "male assoluto" con riferimento a un evento storico non ha in realtà molto a che vedere con l’obiettività del giudizio storico, o col fatto che ogni evento storico è passibile di molteplici interpretazioni (che per essere molteplici non è detto che siano tutte parimenti fondate), ma proprio col fatto che si pretende di affermare con essa che un certo evento o fatto o fenomeno storico fu cattivo sotto ogni punto di vista. E’ un problema logico, non epistemologico: che sia possibile un’interpretazione neonazista del nazismo, che di certo non considererà Hitler il male assoluto, non relativizza di un centimetro il mio giudizio: ffdes me lo concederà. Se si tratta invece di un problema logico, allora si deve contestare che l’espressione ‘male assoluto’ abbia senso in se stessa.
Ora, secondo me ce l’ha. Ce l’ha eccome. E non capisco perché, tanto per cominciare, se una cosa può essere assolutamente rossa, non possa essere assolutamente cattiva o perché se una cosa può essere assolutamente divertente, non possa essere assolutamente cattiva.
Quest’ultimo esempio è interessante. Una cosa assolutamente divertente può significare tanto: una cosa che sia divertente per tutti (e non mi pare che vi siano impossibilità di principio, al riguardo) quanto la cosa più divertente di tutte (e anche in questo caso, sebbene in futuro possa capitare un giorno che uno ne tiri fuori un’altra più divertente, non si capisce perché questa mera possibilità logica dovrebbe rendere insensata la mia espressione).
Quando dunque dico che l’EVENTO X è stato il male assoluto, posso intendere:
1 che è da giudicare un male sotto ogni punto di vista;
2 che tutti giudicano che sia un male;
3 che non c’è stato male più grande di esso.
A meno di non voler rinunciare al giudizio storico, non vedo perché dovrei considerare queste tre espressioni prive di senso o contraddittorie (possono essere false, ma non è di questo che stiamo discutendo, mi pare).
Un’ultima cosa: si può ben dare il caso, anzi si dà il caso dell’interpretazione storica per la quale il tale evento (ad es.: il fascismo) non fu un male assoluto nel senso 1 e 3: non fu cioè il male più grande e/o non fu un male sotto ogni punto di vista. In tal caso, non posso certo sostenere che tutti giudicano che sia un male (punto 2). Ma questo non mi obbliga certo a ritenere inconfutabile una simile, avversa opinione, se non a condizione di ritenere che su ogni fatto storico il conflitto delle interpretazioni è per principio e sempre (in ogni momento storico: questo è molto importante) incomponibile. Non so perché dovrei pensarla così, e cosa si guadagni a pensarla così. Ma posto anche che così fosse, ecco un nuovo senso, l’ultimo e non il meno rilevante, in cui per me vale l’espressione male assoluto:
male assoluto è quella tal cosa sulla quale non considero che abbia dignità morale non un’altra interpretazione diversa dalla mia, ma una la quale si appoggi unicamente alla pluralità delle interpretazioni possibili per farsi valere. Potrei scrivere meglio quest’ultima cosa, ma vorrei che fosse chiaro che questa non è un’espressione meramente retorica, ma una presa di posizione morale, che probabilmente sta al fondo di tutta questa storia. E come non ha molto senso discutere, secondo Wittgenstein, se il metro campione depositato a Parigi, su cui si misurano tutti gli altri strumenti di misurazione (e ogni altra distanza) misuri o no un metro, così potrebbe non avere senso aprire una discussione sul tale evento X, se sia o non sia il male assoluto. Può ben essere assoluto nel senso che è quello che abbiamo scelto per tarare i nostri giudizi morali. Siccome dico "scelto", si crede di poter far ricominciare la giostra: si può ben trovare infatti chi pretenderà di sceglierne diversi, ma non vedo perché io non debba conntinuare a chiamare assoluto il mio campione, anche in tale evenienza. Tanto più che non penso affatto che sia veramente scelto. Proprio no.
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Sono d’accordo (se ho capito il discorso). D’altronde, la formula “male assoluto” andrebbe forse pensata ASSIEME all’altra nota formula “banalità del male”: (banalità cioè male che non si riconosce tale, male fatto per automatismo, per pseudo-ragioni ideologiche etc e non per luciferino compiacimento o per sadismo).
Io credo vi sia una consonanza, a ben vedere, tra la “banalità” e l’ “assolutezza”: nel senso che il male può essere “senza fondo”, tremendamente insensato, meschino al massimo e disarmante-catastrofico: appunto banale e abissale insieme. Solo il bene, al contrario, può essere radicale, e limpido (sto ricalcando alcuni pensieri dellla stessa Hannah Arendt)
comunque, entrambe le formule, a mio parere, da angolazioni diverse, stanno a indicare la necessità, dopo Auschwitz, di ripensare radicalmente le nostre categorie morali, constatando le insufficienze delle riflessioni morali (filosofiche, teologiche etc) precedenti a riguardo.
(Bel blog)
Saluti!
Se il tuo posto è scritto in fretta, figurati questo commento… comunque, hai (ottimamente) dimostrato che “male assoluto” è una espressione sensata; rimane il fatto che “male assoluto” può essere una espressione retorica, e che come tale viene probabilmente utilizzata da molti politici. E in quest’utimo caso, ben venga il discorso di ffdes!
“2 che tutti giudicano che sia un male”;
a giudicare dai cori negli stadi il punto due, almeno da noi, non è soddisfatto.
non ritengo vera nemmeno la non opponibilità di Auschwitz: basta elencare le sue componenti (assassinio, sottomissione, schiavizzazione, annientamento, eccetera) per trovare a ciascuna il suo non-male.
a mio avviso è la parola “male” che non regge alla verifica.
per non parlare della parola “assoluto”.
sarebbe meglio non demonizzare Auschwitz, cioè non prendere le distanze per poter dire che questo a noi non accadrà mai.
bisogna invece percepire l’intimità con Auschwitz, il suo essere cosa umana, quindi di tutti noi, quindi nascosta nelle nostre menti, eccetera, per potersi ripetere: è accaduto, accadrà ancora.
la definizione “male assoluto” va bene per i bambini, forse.
Male assoluto non è ovviamente una definizione di Auschwitz. E, per me, dire questo non significa affatto non farne una cosa umana: non vedo perché (giusto il chiarimento sul significato della parola).
(lascio perdere la veramente bambinesca conclusione del commento)
è la dualità bene/male ad essere troppo elementare per funzionare davvero.
è chiaro che si tratta di concetti del tutto relativi, vale a dire culturali, vale dire legati al luogo geografico, alla cultura, al momento storico, eccetera.
dunque si può solo parlare di male relativo ad un determinato sistema etico, per cui tagliare teste e mummificarle e venderle non sarà la stessa cosa da noi e tra i cacciatori di teste.
Auschwitz è il male assoluto solo in relazione ad un mondo, il nostro, che si pensa eticamente maturo & risolto nell’assolutezza dei propri assunti etico-religiosi.
se smettessimo di assolutizzare Auschwitz, Hitler, il nazismo, per farne il polo negativo di una dialettica storica che ci vede tutti sull’altro lato, sapremmo vederci meglio per quello che siamo: uomini, quindi appartenenti alla stessa specie che ha fatto (più e più volte)cose naziste (le ha pure teorizzate).
spesso si sente definire l’umano per differenza dagli animali, perché possiederebbe caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre creture viventi, ma mai ho sentito includere Auschwitz tra queste.
eppure gli animali, che sono perfettamente crudeli, non si sono concessi il lager, mai.
Auschwitz è con noi, tutti i giorni, nascosta nella nostra mente, nella nostra sessualità, nel razzismo che si vede turgidamente emergere in un popolo che stupidamente se ne credeva esente, eccetera.
considerarlo come il male apicale significa prendere le distanze da Auschwitz, cioè in pratica credersene esenti.
Caro Tashtego, io ho cercato di spiegarmi sulla parola assoluto in modo che dire di X che è un male assoluto non comporti “farne il polo negativo di una dialettica storica che ci vede tutti sull’altro lato”. Non vedo in qual modo ciò sarebbe infatti implicato da quel che ne vengo dicendo.
Di più, io ho cercato di spiegare non se e perché Auschwitz sia il male assoluto, ma se e perché abbia un senso impiegare quell’espressione. Dopo di che, condivido la sostanza di ciò che vieni dicendo, benché lo trovi qui fuori luogo.
se credi che sia andato fuori tema, scusami: avevo bisogno di dire due o tre cose non-metafisiche in argomento.