Non ho seguito la faccenda degli autobus genovesi (con la notizia che Dio non esiste, e che non ce n’è bisogno). Leggo solo ora i post di Ffdes e Luca Sofri. Il punto che interessa Luca Sofri (a giudicare dalla citazione, e in polemica con Mantellini) è che non c’è alcuna prevaricazione o imposizione nella manifestazione del libero pensiero sulle autolinee (altrimenti, aggiungo, che pensare della scritta "Dio c’è" che per anni ci ha accompagnato nei nostri viaggi autostradali?). Il punto che invece interessa Ffdes, contro Sofri, è che non è banalmente vero che Dio non esiste, e che la proposizione "Dio non esiste" ha molto più senso della proposizione "gli asini volano" (benché, aggiungo io, ci vorrebbe qualche spiegazione su cosa mai sia il senso, perché la proposizione "gli asini volano", che è sensatissima – benché falsa – deve la sua sensatezza alla possibilità di essere vera, pur rivelandosi fala, mentre la propoizione "Dio esiste" deve far appello ad un senso di sensatezza diverso dalla vero/falsità, temo).
I due punti che interessano i contendenti, come si vede, sono tra loro compatibili. Non vedo peraltro l’interesse di Sofri a sostenere che le due proposizioni in questione si equivalgono sul piano della sensatezza, e perciò egli potrebbe rivedere la sua frettolosa opinione sul punto; Ffdes dovrebbe però evitare di aggiungere che è insulsa la pubblicità in questione, anche perché se è vero – come scrive – che la verità di "Dio esiste" è essenziale al cristianesimo, che qualcuno neghi una cosa essenziale al cristianesimo ben difficilmente può passare per un’operazione insulsa (se poi quella proposizione è essenziale anche al funzionamento di istituzioni, è ancor meno insulsa l’operazione, condivisibile o no che sia).
Infine, d’accordo: la pretesa di verità di chi afferma che Dio esiste è di genere assai diverso dalla pretesa di verità di chi afferma che gli asini non volano. Il secondo dovrebbe perciò concedere, senza infastidirsi, che chi pretende che sia vero che Dio esiste lo pretende in un senso di verità e di essere diverso da quello implicato dall’affermazione sugli asini; il primo però non dovrebbe pretendere (e nemmeno sottintendere) che il solo fatto che qualcuno dica: "no, non in quel senso, ma in un altro", garantisca che un altro senso ci sia per davvero, e che sia proprio quello che lui ha in mente, senza dunque infastidirsi se v’è chi lo nega.
(i link ve li metto un’altra volta, ché non ho tempo)