Archivi del giorno: gennaio 17, 2009

Santoro, Annunziata e non solo

La misura doveva essere davvero colma, se Lucia Annunziata ha preso cappello e se n’è andata. Di fronte al coro di reazioni e di critiche severe alla conduzione faziosamente anti-israeliana della trasmissione, Michele Santoro ha scelto la strada consueta: quella di ergersi a immacolato paladino della libertà di informazione e di gridare alla censura, senza mostrare la benché minima disponibilità a chiedersi cosa mai potesse avere spinto un ex presidente della RAI a lasciare polemicamente gli studi di Annozero, nella puntata dedicata alla guerra a Gaza.
E ha fatto molto male, perché qualche motivo di riflessione la protesta di Lucia Annunziata poteva offrirglielo. L’Annunziata non è infatti un colono israeliano ultraortodosso, ma è colei che nel 2006, dopo la vittoria elettorale di Hamas a Gaza, alla domanda di un lettore del suo giornale che le chiedeva se "c’è davvero da aver paura di Hamas" rispondeva monosillabicamente di no. Rispondeva che la politica è "l’arte di trattare con la realtà", che la realtà ha dimostrato che "ogni avventura militarista deve alla fine sfociare in una trattativa" e che "la guerra non è una soluzione". Non si nascondeva certo il carattere terroristico di Hamas, ma invitava i governi occidentali a trovare le giuste misure per non assecondare la radicalizzazione dell’islamismo, nell’area e in tutto il Medioriente, e favorire anzi il processo opposto. Come si vede, non sono le opinioni di un nemico giurato del popolo palestinese. Eppure giovedì si è alzata e se n’è andata.
L’anno dopo, nel 2007, al momento dell’apertura informale dei contatti fra gli Stati Uniti e i cosiddetti paesi canaglia, quei paesi cioè che Bush aveva collocato nel 2002 lungo il famoso asse del male, e cioè Siria e Iran (che ad Hamas fornisce le armi) Lucia Annunziata aveva criticato i complessi che affliggono il centrosinistra, preoccupato di mostrarsi più realista del re e di escludere quindi la sia pur minima iniziativa che potesse servire a frenare "l’ulteriore degenerazione" di Hamas. L’ulteriore degenerazione c’è poi stata, purtroppo: la tregua è stata rotta, e i missili lanciati. E Israele ha reagito usando la mano pesante. Ma come si può pensare che una persona che, come si vede, non ha risparmiato gli inviti al realismo durante questi anni, e che ha addirittura denunciato "la paralisi emotiva e intellettuale" la quale condanna a pagare, a sinistra, il prezzo dell’ostilità a Israele di settori dell’opinione pubblica più radicale con una lealtà passiva e acritica verso Israele ("anche quando non è necessaria") – come si può pensare che chi ha di queste idee, si alzi e se ne vada nel bel mezzo di una trasmissione se davvero la misura non è colma, e la rappresentazione delle ragioni del conflitto insopportabilmente sbilanciata?
Quella di Santoro non è l’unica faziosità in campo, perché è il campo stesso della politica italiana che appare fazioso. E forse, ancor più che fazioso, immiserito da polemiche a uso esclusivamente interno, buone per posizionarsi nel famigerato teatrino della politica ma non per misurarsi con le cause reali del conflitto. Accade così che le ragioni difese dall’Annunziata (e riprodotte sopra con le opportune virgolette) tornino per larghi tratti nelle parole usate nelle scorse settimane da Massimo D’Alema per divenire oggetto di una polemica di segno opposto, ma altrettanto faziosa e pretestuosa. Non diversamente dall’Annunziata, D’Alema si è chiesto cosa fare con Hamas, una volta che non è più un "piccolo gruppo cospiratorio" ma un’organizzazione politica di massa. Senza negare il carattere terroristico degli attacchi missilistici, D’Alema si è chiesto se la guerra sia la soluzione, e se non debba anche questa avventura militarista sfociare infine in una trattativa necessaria. Infine, come anche Lucia Annunziata ha scritto, D’Alema ha criticato la mano dura di Israele, lamentando (non solo per ragioni umanitarie) la sproporzione di un intervento che rischia di allontanare e non avvicinare la pace nella regione, radicalizzando l’opinione pubblica mediorientale e allungando la scia di odi e rancori. Sono valutazioni su cui naturalmente si può e si deve discutere, ma non le si può ricondurre strumentalmente a un fosco pregiudizio anti-israeliano, visto che costituiscono semplicemente prove di quell’esercizio di realismo di cui ha dato segno la stessa Lucia Annunziata che giovedì abbandonava gli studi di Santoro, indignata dai pregiudizi (quelli sì) dell’eroico tribuno dei popoli oppressi. Sono peraltro le posizioni su cui si sono attestate anche la Francia di Sarkozy, l’Egitto di Mubarak, l’ONU di Ban-Ki Moon: segno perlomeno che non sono campate in aria.
Ma prevale la paralisi: paralisi emotiva, paralisi intellettuale, e soprattutto paralisi politica. Di cui si stenta a ritrovare la strada preferendo, invece di "trattare con la realtà", rappresentarsela secondo i propri desiderata, in funzione di bersagli politici casalinghi, polemiche domestiche, e baruffe nostrane.
E a Gaza bisognerà infine che la si ritrovi, quella strada, contando fino a dieci prima di sparare ancora; da queste parti, più modestamente, contando fino a dieci prima di parlare.