All’Università Pontificia Gregoriana si apre oggi, e durerà fino a sabato, un’importante conferenza internazionale su "L’evoluzione biologica: fatti e teorie". Mi limito a citare dalla pagina dedicata al tema della conferenza, con breve postilla finale:
"[La teoria neo-darwiniana] non va considerata né come una verità definitiva, che ne farebbe un’ideologia – proprio il contrario della scienza –, né come il suo opposto, come se fosse direttamente contrapposta ad una verità d’ordine religioso, per esempio. Si può, inoltre, discutere la questione di eventuali presupposti metodologici, quali il meccanicismo o un riduzionismo radicale, che forse potrebbero avere contaminato detta teoria in un senso più filosofico che non prettamente scientifico.
"Per tale ragione, il secondo piano da considerare attentamente, ben distinto dal piano delle scienze positive, è quello della riflessione filosofica; sia a livello epistemologico – in merito a quale sia veramente lo statuto epistemologico del neodarwinismo, per esempio –, sia a livello di una filosofia della natura di stampo critico, che possa riflettere adeguatamente sulle numerose implicazioni filosofiche dell’evoluzione delle specie in genere, come della teoria sintetica in particolare.
D’altra parte, solo un’adeguata riflessione filosofica può articolare, senza confonderli, i piani della scienza da una parte, e della fede o della teologia dall’altra. Quella filosofica deve quindi precedere logicamente la riflessione teologica sul fatto dell’evoluzione come sulle varie teorie che provano a spiegarlo. Nel campo proprio della teologia cristiana, il punto di partenza più ovvio sarà un’adeguata esegesi dei testi biblici che trattano della Creazione, a cominciare dai primi due capitoli del libro della Genesi. La distinzione dei generi letterari rimane una delle maggiori lezioni che possiamo, tra l’altro, ricavare da Galileo.
Intendiamo in questo modo evitare ogni opposizione frontale tra creazione ed evoluzione, nonché le polemiche suscitate per esempio dallo “Intelligent Design”, come se fosse una teoria scientifica alternativa al neodarwinismo. Un cristiano può credere nel disegno provvidenziale di Dio nella Creazione, senza farne una “teoria scientifica” concorrente ad un’altra: stiamo decisamente su un altro piano d’interpretazione. Questo però suppone, reciprocamente, che nessuna teoria scientifica si voglia erigere a spiegazione ultima della realtà, ciò che ne farebbe o una pseudo-metafisica, o una pseudo-religione – in ogni caso, il contrario della scienza".
Postilla. Queste posizioni hanno ai miei occhi un serio limite: per un verso sono ovvie, per un altro temerarie. E’ ovvio infatti che nessuna teoria scientifica si può erigere a spiegazione ultima della realtà, ma è temerario, in primo luogo, ritenere che questo basti a legittimare (se non a titolo di mera possibilità logica) qualunque altro genere di interpretazione della realtà, e, in secondo luogo non fare i conti con i problemi che ha la nozione stessa di spiegazione ultima, scientifica o no che sia.
A me pare una conferenza abbastanza schierata…
E cosa vuol dire: “…Si può, inoltre, discutere la questione di eventuali presupposti metodologici, quali il meccanicismo o un riduzionismo radicale, che forse potrebbero avere contaminato detta teoria in un senso più filosofico che non prettamente scientifico.”…?
La “filosofia” mi sembra ce la mettano quelli che non riescono ad accettare che la scienza si occupi di dati, fatti, esperimenti – di materia, certo, cos’altro?
Patfumetto
Se la nozione di fatto fosse ovvia, la filosofia potrebbe chiudere bottega
“L’Origine delle specie” di Darwin e l’enigma della mente
ROMA, domenica, 8 marzo 2009 (ZENIT.org).- “L’enigma della mente e della coscienza, esclusivo della specie umana, deve essere risolto ad un livello molto superiore a quello strettamente biologico, che non potrà mai fornire una spiegazione convincente”, sostiene padre Angelo Serra, S.I.
E’ quanto afferma il sacerdote, docente emerito di Genetica umana alla Facoltà di medicina del Gemelli, nell’articolo dal titolo “A 150 anni dall’Origine delle specie di Darwin”, apparso su “La Civiltà Cattolica” (quaderno 3808 del 21 febbraio 2009), la rivista dei gesuiti le cui bozze devono passare al vaglio della Segreteria di Stato vaticana prima di essere date alle stampe.
Nell’articolo, viene affrontato il tema dell’origine biologica dell’Homo sapiens e vengono riproposti in sintesi i risultati dei lavori dei maggiori scienziati secondo cui l’antenato comune dell’uomo anatomicamente moderno visse in Africa entro gli ultimi 200.000 anni, e che dalla sua migrazione fuori dell’Africa discesero tutte le popolazioni umane attuali dell’Eurasia.
Si passa poi a trattare dell’“Origine della specie” di Charles Darwin (1809-1882), in cui il naturalista inglese condensò i frutti più maturi della teoria da lui elaborata a partire dal viaggio di cinque anni attorno alla terra sul brigantino Beagle.
Il concetto essenziale era stato definito “evoluzione ramificata”, cioè un insieme di specie che divergono pur provenendo da un antenato comune. Darwin stesso aveva tracciato già nel 1837 lo schizzo di un “albero della vita”.
Tutta la struttura biologica di questo Homo sapiens è “un evidente capolavoro”, sottolinea padre Serra, ma la novità è strettamente associata a una componente di ordine spirituale: lo “spirito” o “anima”, “che esercita la funzione mente, radice comune delle due facoltà intelletto e volontà”.
Strettissima, continua il gesuita, è tuttavia la relazione mente-corpo, che implica due aspetti: “uno di ordine psicologico fra intelligenza, volontà o libero arbitrio e funzione neurofisiologiche e fisiologiche del corpo”; e “uno di ordine metafisico nella relazione anima e corpo”.
Un altro aspetto è la relazione cervello e mente, dove il primo, continua padre Serra citando C. M. Streeter, costituisce solo “l’infrastruttura fisiologica” della seconda, tanto che le nostre conoscenze sulla materia neurologicamente organizzata non ci permettono di spiegare la manifestazione dello spirituale.
L’articolo passa poi ad analizzare l’enigma rappresentato dallo sviluppo del linguaggio, criticando la posizione del linguista americano Noam Chomsky, secondo cui le più recenti evidenze scientifiche nell’ambito della biologia molecolare e delle neuroscienze ci fanno “comprendere quanto profondamente condividiamo la nostra eredità – fisica e mentale – con tutte le altre creature con cui condividiamo il nostro pianeta”.
Padre Serra parla a questo proposito di una “assurda negazione” della mente – “energia che pensa, riflette e si esprime” attraverso un linguaggio comprensibile ed elaborato – e della coscienza – “riflessione che esamina ciò che la mente esprime, per giudicarne il valore: bene o male” – “che separano nettamente la specie Homo sapiens da tutto il resto del mondo animale”.
Richiamando quindi i risultati di un noto ricercatore del Centro di Neuroscienze dell’Università di Ne York, come Joseph LeDoux, padre Serra indica tra i fattori essenziali di questa attività cerebrale, la “memoria” come “chiave che permette di comprendere il proprio ‘Io’ da come lavora i cervello”.
“Il ‘sé’ è stabilito e conservato nel cervello se è codificato come memorie – spiega il gesuita – , e gli sviluppi delle moderne neuroscienze hanno dimostrato che queste memorie esistono e sono di natura sinaptica, sono cioé connessioni tra neuroni dette ‘sinapsi’, che sono il mezzo con cui il cervello compie i suoi impegni”.
“Un secondo importante fattore – prosegue – è l’ “attività genica’, assolutamente indispensabile per l’esistenza e il modo essenziale di operare di questi sistemi di memoria. Geni la cui attività opera nella nostra mente e sulle reazioni comportamentali preparando la via alla formazione delle sinapsi”.
In questo senso, spiega LeDoux, “le sinapsi sono semplicemente la via cerebrale per ricevere, accumulare e restaurare le nostre personalità”.
Da qui appare evidente, scrive padre Serra, che “le strutture del cervello umano si sviluppano quale strumento indispensabile per consentire alla persona umana di elaborare ed esprimere i prodotti della sua mente e di scegliere ed eseguire le proprie decisioni”.
In conclusione, afferma il gesuita, è innegabile che “la straordinaria novità di questo essere ‘corpo e spirito’ è l’enigma della ‘mente’, particolarissimo dono spirituale, che gli offre la capacità di pensare, di formulare, ed esprimere i suoi concetti mediante il linguaggio, espressione di una intensa ed ordinatissima attività cerebrale”.