Archivi del giorno: marzo 11, 2009

Il testo dell'articolo di oggi su Il Mattino

Ora che il ministro Tremonti ha raccomandato di leggere la Bibbia per cercavi, in questi tempi di crisi, quella lezione di saggezza che non si trova più nei libri di economia, vien fatto di domandarsi se non si tratti, in fondo, di un ritorno alle origini. Non già nel senso che le origini dell’economia politica moderna stiano nella Bibbia, sarebbe troppo, ma nel senso che si trovano, invece, insieme alla nascita e alla giustificazione di uno spazio economico autonomo, in una lunga tradizione di filosofia morale alla quale apparteneva lo stesso scopritore della mano invisibile del mercato, Adam Smith. Il quale si era occupato, prima ancora che della ricchezza delle nazioni, dei fondamenti morali dei sistemi economici e sociali: su di essi poggia, per Smith, una socialità originaria fra gli uomini che il mero perseguimento degli interessi individuali non può produrre da solo.
Il che non toglie che qualche robusta sentinella, a guardia dell’affidabilità e della credibilità degli attori economici e finanziari, ci voglia eccome. Nella Bibbia sta scritto, in effetti: "l’anima mia attende il Signore/più che le sentinelle l’aurora", il che significa che se anche la sentinella continua a vedere la notte attorno a sé, se anche il Fondo Monetario Internazionale prevede per quest’anno una crescita negativa del PIL mondiale, come non succedeva dal ’45, cioè dai tempi della guerra, non bisogna tuttavia rinunciare a cercare con fiducia l’aurora nel cuore della notte. L’ottimismo di Berlusconi ha dunque un fondamento biblico.
Ma resta che le sentinelle poste di vedetta nelle istituzioni internazionali, nelle banche centrali, nelle autorità di vigilanza, non è che abbiano vigilato gran che, in questi anni. E non perché fossero distratte, ma probabilmente perché hanno preso a dubitare che vi fosse seriamente qualcosa da vigilare. Se infatti nei libri di economia (non in tutta la scienza economica, ma in quella che ha dominato negli anni della globalizzazione ruggente) si legge non solo che il mercato obbedisce a una logica autonoma e alle sue proprie leggi, le quali dovrebbero dispiegarsi senza troppi interventi da parte dei poteri pubblici, ma che addirittura esso secerne e distribuisce con generosità anche le risorse politiche e morali che sono indispensabili al suo virtuoso funzionamento, è chiaro che viene meno la ragione stessa per esercitare qualunque azione di vigilanza. Niente più sentinelle, dunque, e in assenza di regole ognuno cerchi quel che è meglio per sé. Ne verrà il bene per tutti.
Ma non ne è venuto, purtroppo, come più d’uno scopre oggi sulla sua pelle. Per ricostruire allora, ancor prima dei capitali finanziari, il capitale morale di cui qualunque istituzione ha bisogno, compresa quella del mercato, l’Occidente deve tornare ad attingere, dice Tremonti, ai suoi ingenti giacimenti di saggezza. Costituiti peraltro non solo da parole divine, le quali, indubbiamente autorevolissime, hanno però il difetto di provenire sempre un po’ troppo dall’alto, rispetto al basso in cui si trovano di conseguenza relegati i destinatari, ma anche da parole mezzo divine e mezzo umane, come i mitemi che sofisti e filosofi amavano raccontare per accreditarsi presso i loro concittadini.
C’è ad esempio il bel mito di Prometeo narrato da Protagora nell’omonimo dialogo platonico. Epimeteo ha distribuito con larghezza agli animali un bel po’ di doti naturali. Distratto, ha lasciato però l’uomo, che ancora deve nascere, privo di tutto: nudo e inerme. Allora il fratello Prometeo ruba agli dei il fuoco e la perizia tecnica. Per difendersi dalle fiere, però, occorre pure che gli uomini si uniscano fra di loro; accade tuttavia che appena si mettono insieme, subito commettono ingiustizia gli uni verso gli altri. Ingiustizia il cui nome generale è "pleonexìa", la brama di voler avere sempre di più anche a scapito degli altri: il motore di ogni accumulazione, insomma.È così che Zeus pensa bene di inviare Ermes presso gli uomini perché doni loro il rispetto e la giustizia, i fondamenti morali dell’ordine pubblico, quel surplus di virtù politica che l’esercizio privato delle arti e dei mestieri non potrebbe mai assicurare. E alla domanda di Ermes su come procedere alla distribuzione di quei beni Zeus risponde che non avrebbe dovuto fare come con le altre arti, la cui competenza era stata riservata solo a pochi: non esisterebbero città, osserva infatti Zeus, se solo pochi uomini fossero dotati di rispetto e giustizia. Così, concludeva Protagora tirando la morale della favola, solo quando si parla di politica accade che tutti prendano la parola, mentre in tutti gli altri ambiti regnano competizione, privilegio e differenza.
Dal tempo di Protagora alla crisi dei nostri giorni le cose sono cambiate, non c’è dubbio, ma visto che è diffusa l’esigenza di riscrivere le regole del capitalismo globale, per imbrigliare la pleonexìa degli attori finanziari, e visto che questa riscrittura deve farsi guidare da principi di giustizia, non sarà male ricordare che i loro depositari restano i cittadini, tutti i cittadini, e che è per restituire loro questa funzione politica, oscurata dal solo profilo di consumatori o clienti con cui sono stati negli scorsi anni presentati sulla scena pubblica, che si deve tornare a leggere non so se la Bibbia, sicuramente qualche buon classico di scienza politica.

La Bibbia la crisi le sentinelle

Oggi, su Il Mattino (disponibile dopo le 14).

(Voi però ricordate il caso Della Loggia? Devo dire che questa volta rischiavo di incapparvi io. Per fortuna mi sono accorto in tempo dell’uscita dell’articolo di ieri di Michele Salvati, e ho tolto di mezzo Isaia, accontentandomi del Salmista. Ma se non me ne fossi accorto – dopo le 18.41, com’è chiaro dal post precedente – il Corriere si sarebbe preso una bella rivincita)