Archivi del giorno: giugno 22, 2009

La giostra della famiglia in vacanza

In un normale zainetto, ingenuamente brevettato nel secolo scorso, cioè prima dell’avvento dei parchi di divertimento di massa, la famiglia italiana media, composta da padre madre e due figli, cerca solitamente di stipare: la crema solare protezione totale, un paio di cappellini con visiera, due costumi da bagno, due paia di ciabatte di ricambio, un ricambio per ciascuno dei pargoli completo di calzini canottiere, pantaloncino, maglietta (e due giubbini antivento perché non si sa mai), due teli per il mare, un pallone gonfiabile, un Mp3 player, un apparecchio Nintendo, due lattine di coca-cola e due succhi di frutta, un paio di panini e un paio di tramezzini, una scatola di cerotti, qualche forcina per i capelli, fazzolettini di carta, salviette rinfrescanti, pile, caricabatteria.
Così equipaggiati vanno. Dinanzi a loro si estende al sole il parco: con le giostre, le attrazioni e gli spettacoli. Sono le dieci del mattino, la temperatura viaggia già intorno ai 30 gradi e i nostri eroi aspettano da un’ora per essere i primi ai tornelli di ingresso. Stanno già studiando la mappa del parco, e si chiedono come schivare le colonie e i gruppi organizzati che ingrossano pericolosamente le file. Hanno infatti solo otto ore di tempo per: assistere a spettacoli, musical e proiezioni, sbracciandosi furiosamente perché i bambini selezionati ogni volta per i giochi da pagliacci e maghi sul palco siano proprio i loro; provare tutte le giostre e le attrazioni senza lasciarsi spaventare da cartelli che precisano: "da questo punto il tempo di attesa è 90 minuti"; assecondare i figli ("siamo qui per loro") e fare tutti i giri che chiederanno, lasciandosi tirare per la maglietta; mangiare e bere non quello che hanno portato con sé ma quello che i figli vorranno (se nello zainetto c’è la coca cola vorranno l’aranciata, e viceversa: immancabilmente).
Il percorso netto prevede pure che ad ogni giostra, ad ogni pupazzo, ad ogni altalena, la nostra famiglia si fermi per qualche foto: foto a lui coi bambini, a lei coi bambini, a lui lei e i bambini, ai soli bambini, alla sola giostra. Siccome il progresso tecnologico ha messo nelle nostre mani quegli strumenti di tortura che sono le fotocamere digitali, con le quali si possono fare centinaia di foto a costo zero, e siccome – è noto – l’etica non tiene il passo della tecnologia e dunque tutto ciò che appare realizzabile per questo solo va anche realizzato, si scatteranno tutte le foto che la memory card della macchina contiene: e sono numeri a parecchie cifre. Lo stesso supplizio, naturalmente, va ripetuto con la videocamera.
E la giornata trascorre. Si avvicina l’orario di chiusura, i bambini cominciano ad essere stanchi e nervosi, forse si accontenterebbero di un gelato e di una panchina, ma il tempo corre e non sono state ancora affrontate le attrazioni estreme. Questa è l’ora in cui i duri cominciano a giocare, l’ora in cui i genitori tornano a comandare. Al diavolo ogni prudenza: adesso sono loro a tirare i figli per la maglietta, perché non si perdano l’ultimo giro sulle montagne russe, oppure la ruota panoramica, o anche solo il carosello che sarà pure riservato ai bimbi di due anni ma va fatto anche quello.
Uno pensa che su questa irresistibile pulsione al divertimento fosse tutto già scritto nel libro di Pinocchio, quando narra del paese dei balocchi e di come Pinocchio si lasciò sedurre; e invece non sta scritto proprio nulla. Sul far della sera, si capisce infatti che a salire sul carro trainato "da un omino "tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre" siamo oggi un po’ tutti: e più gli adulti che i bambini. Collodi, del resto, dei "cinque mesi che durava questa bella cuccagna di baloccarsi" non dice neanche una parola. Li salta a piè pari, e passa subito all’amaro risveglio con le orecchie d’asino. E si capisce: bastano due giorni in un parco di divertimenti per comprendere che cinque mesi là dentro sarebbero un inferno per chiunque.
Ma l’imperativo del nostro tempo è comunque: "Godi!". Lo ha scritto il filosofo sloveno Zizek ed è vero: non c’è nessuna ingiunzione che ci viene più insistentemente rivolta dal sistema della comunicazione, dalla pubblicità, dai media. "Godi!" è l’unico dovere al quale non possiamo sottrarci, senza che le nostre vite perdano completamente senso: a che vale una vita senza weekend? Cos’è mai un’estate senza bagni al mare, un compleanno senza la festa, un sabato senza sabato sera?
E purtroppo, in questi giorni, a leggere almeno i quotidiani, sembra che nessuno, ma proprio nessuno, che conduca il carro o ci si lasci portare, sia capace di sottrarsi a questo paradossale dovere. Speriamo solo che non tocchi anche a noi, come a Pinocchio, di ritrovarci tutti somari, perché buone bambine dai capelli turchini che ci aspettino pazienti purtroppo non ce ne sono più.
(Il Mattino, con un po’ di anticipo rispetto alla disponibilità on line: mi scuso col giornale. E mi scuso anche con la mia famiglia: nonostante certe apparenze, l’articolo non è precisamente autobiografico)