Oggi abbiamo mangiato tutti insieme da amici. Verso le sei siamo tornati. Mauro ed Enrico, un po’ stanchi, si sono sistemati sul divano a guardare la tv, Renata è salita in camera, per sistemare l’album di figurine. Io sono andato in camera da letto per cambiarmi. E mentre mi toglievo le scarpe ho pensato, distintamente ho pensato che dovevo realizzare qualcosa di eterno.
Non so se c’entri qualcosa il fatto che, rientrando poco fa, mentre eravamo ancora per strada e io tenevo per mano Mauro ed Enrico, mi sono visto all’improvviso con gli occhi di me bambino, o meglio: ho visto mio padre con gli occhi di me bambino, ho guardato le mie scarpe nere, i miei passi mentre tenevo per mano Mauro ed Enrico e ho visto le scarpe e i passi di mio padre, dall’altezza di quando ero bambino. Non ho visto gli occhi o il volto di mio padre, ma solo i suoi passi, la sua andatura, forse la sua sigaretta mentre camminava piano dietro di me, e ho pensato che forse i miei figli un giorno ricorderanno confusamente di quando nelle giornate invernali, infagottati nei cappotti, con il cappello tirato su e la sciarpa attorno al collo, mi tenevano la mano cercando di scappar via appena io mollavo la presa, per poi dire loro di fermarsi alla fine del marciapiede. Forse ricorderanno di quando li inseguivo mentre uno, Enrico, gridava "Papà lumaca! Papà lumaca!" e l’altro, Mauro, gli correva dietro e voleva a tutti i costi far come lui, e infine si fermava soddisfatto accanto al fratello, voltandosi indietro in cerca dei miei passi accelerati alle sue spalle.
Non so cosa c’entri tutto questo: in comune c’è solo il fatto che poco fa e prima, per strada, io ho guardato le mie scarpe nere. Prima le ho viste ai piedi di mio padre, e ora ho pensato, con un’acutezza quasi dolorosa, che dovevo realizzare qualcosa di eterno e incancellabile. E ho anche pensato che non c’era altro modo di riuscirvi se non sciogliendo per bene, lentamente e senza fretta, i nodi delle scarpe.
Ho tolto le scarpe e mi sono gettato all’indietro, sul letto. Per qualche secondo ho chiuso gli occhi.
questo post, pur non avendo figli, lo sento profondissimamente mio. E' bellissimo.
emilio/millepiani
ps ti chiamo presto
Il guaio è che noi ricordiamo perfettamente nostro padre, ma non abbiamo la minima idea di come noi, da figli, siamo rimasti impressi nella di lui paterna memoria. Io non so come mi ricorderanno i miei figli, non so nemmeno se mi ricorderanno. So per certo che io non mi dimenticherò mai di loro, e tanto basta. Ciò detto, questo post mi ha commosso, sappilo.
Si anche qui in questo post, ci sarebbi da fare delle gritiche, tipo vedete come vanno a finire al solito i grandi propositi della sinistracentronichilista ; che uno c'ha i grandi idee, i grandi propositi, " fare qualcosa di eterno e incancellabile" e poi si butta sdraioni sul letto.
ah ah, Vabbè, si scherza è letteratura, in realtà c'è gente che si da anche da fare, tipo nonostante il freddo, partecipare a una manifestazione animalista senza lo sherling. comunque a dire la verità il post mi è piaciuto anche a me, anche solo per il tema della relazione verticale, dell inesorabile legame tra padri e figli.
caio,r
occhi chiusi e basta! questa roba mi piace
Caro Max sei filosofro o poeta?
qui sei poeta!
bia
magone a mille, però piacevolissimo.
tra l'altro contribuirai sicuramente ad incrementare di 4-5 punti percentuale le nasciste italiane del prossimo anno!
+50% per i lettori :io passo da 2 a 3!