Hegel diceva: è come nei film. E’ come quando lo stai per ammazzare, però non basta, occorre che il soccombente, prima di morire, ti dia la soddisfazione di riconoscere la sconfitta, veda nei tuoi occhi che ha perduta la vita. Allora, puoi anche lasciarlo andare. Questa è l’antropogenesi. Però è un film, appunto. Perché nel film a condurre questa lotta per la vita e la morte sono due uomini: due, cioè, che sono già uomini.
Tra i non molti che pensano che le cose non vadano come nei film, che è lì all’opera una prima idealizzazione/edulcorazione della verità dell’umano c’era Emilio Villa. Per lui è tutta un’altra roba: “Uccidere è l’esperienza assoluta del primo vivente; è il primum”. Per lui, “oggetto e soggetto dell’atto di uccidere, o sacrificale, è la bestia: la bestia viene assunta, sotto l’impulso immaginario [di questo impulso immaginario non c’è alcun bisogno, ma queste sono sottigliezze filosofiche] in una sfera metamorfica, per una mozione di apoteosi, in quanto essa è il Nutrimento Assoluto, fuggente e disseminato, raggiungibile, è l’energia unificante, tonificante. Per definirla ideologicamente [ideologicamente?], diciamo che è bestia-dio”.
Chi ha ragione? Siccome a valle del coltello sacrificale c’è lo stilo, la penna, un’idea ve la potete fare pure voi: scrivete per nutrire la vita o per difendervi dalla morte? (o tutte e due?)