A fine ottobre è stato a Gaza. Per uno nato nel 1928, che l’altroieri ha compiuto 84 anni, i cinque giorni trascorsi nella Striscia non devono essere stati una passeggiata – e d’altra parte a Gaza non si va per passeggiare. Noam Chomsky, forse il più grande linguista del ‘900, è andato laggiù per ben altro: per elevare un durissimo atto d’accusa contro la politica del governo di Israele e denunciare la manipolazione delle informazioni sul conflitto israelo-palestinesi da parte di media compiacenti.
Fa quel che può, Chomsky, senza risparmiarsi mai. Del resto di j’accuse, nel corso della sua vita di attivista radicale, di socialista libertario, il filosofo e linguista americano di origini ebraiche ne ha pronunciati molti. È sempre stato un feroce critico della politica estera «imperialista» degli Stati Uniti, dall’America Latina al Medio Oriente alla lotta al terrorismo, così come dei poteri reali che, nel campo dell’economia come dell’informazione, impongono di fatto intollerabili restrizioni all’esercizio della democrazia.
pubblicato sull’Unità, 9 dicembre 2012: continua qui