Boldrini, la gaffe del no all’invito Fiat

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C’è, evidentemente, diversità di vedute tra Sergio Marchionne e Laura Boldrini. Per l’amministratore delegato della Fiat, la visita del Presidente della Camera allo stabilimento in Val di Sangro poteva però essere un’occasione per far conoscere un’importante realtà industriale: senza attenuare le divergenze del giudizio ma senza neppure opporre o vedersi opposti rifiuti di principio al dialogo e al confronto.

L’invito però è stato declinato, «per motivi istituzionali». Ma nella lettera la Presidente non risparmia nessuna delle critiche che ha inteso muovere al colosso torinese e al suo sistema di relazioni industriali. La recentissima sentenza della Corte costituzionale, favorevole alla Fiom, a cui si riconosce il diritto alla rappresentanza di fabbrica pur in assenza della firma di accordi sindacali, rende ancora più bruciante il contenuto della lettera di Laura Boldrini. Che imputa alla Fiat, neanche troppo velatamente, di cercare la via d’uscita dalla crisi in una  «gara al ribasso sui diritti». Se a questo si aggiunge che la settimana scorsa i rappresentanti della Fiom che avevano sfilato a Roma erano stati invece ricevuti dalla Boldrini, si può pervenire non troppo arbitrariamente alla conclusione che la Presidente della Camera ha scelto una sola delle parti in causa: con coerenza, forse, rispetto alla sua storia personale e alle sue convinzioni ideali, ma in maniera un po’ stridente con il ruolo super partes che da qualche mese ricopre, e che la chiama ad una rappresentanza di tutta la comunità nazionale. A meno di non pensare, infatti, che c’è un luogo, in Italia, al di fuori della legalità costituzionale, e che questo luogo è la Fiat, non c’è motivo perché la più importante industria del paese non riceva la visita del Presidente della Camera dei Deputati. E, francamente, anche chi ha voluto criticare negli ultimi anni la Fiat di Sergio Marchionne, le sue strategie di internazionalizzazione, l’atteggiamento conflittuale nei confronti dei metalmeccanici della Cgil oppure il mancato sviluppo del piano Fabbrica Italia, non credo possa spingersi fino al punto di mettere la galassia Fiat fuori della civiltà giuridica del Paese.

Tanto più che tutte le opinioni espresse dalla Boldrini nella lettera, così come la sua acuta sensibilità sociale, avrebbero potuto essere con altrettanto se non con maggiore forza rappresentate nel corso stesso della visita. Un confronto lo si fa per quello, e un invito lo si raccoglie anche, se lo si ritiene, per segnalare eventuali criticità, magari in un linguaggio franco e schietto – come si dice nel linguaggio delle diplomazie.

C’è poi un punto più generale, al quale non solo la Presidente Boldrini, ma l’Italia intera non può sottrarsi. Perché non solo il diritto al lavoro, ma ogni e qualunque garanzia giuridica costituirà pure un presidio di libertà irrinunciabile, però non esime nessuno dal domandarsi a quali condizioni quel diritto o quei diritti possano essere resi effettivi. Questa domanda interroga tutte le parti, non una soltanto, e non porla equivale ad eluderla, non certo a risolvere la questione. L’Italia è uno strano paese: perde posti di lavoro, stabilisce nuovi record di disoccupazione giovanile, e dibatte quasi esclusivamente questioni di diritto, per la gioia dei giuslavoristi di ogni specie. Nobile disciplina, non c’è dubbio: il sigillo stesso della modernità. Ma il giorno in cui si tornasse a parlare di politiche industriali, di investimenti, di quote di mercato da conquistare, di globalizzazione da sfidare e da governare, sarà comunque un gran bel giorno. Poteva essere il prossimo 9 luglio, il giorno della visita; così non sarà, ma ci auguriamo che ci sia presto una prossima volta.

Il Mattino, 5 luglio 2013

3 risposte a “Boldrini, la gaffe del no all’invito Fiat

  1. Caro Massimo Per la mancata visita credo alla Presidenta e ai motivi istituzionali addotti. Sarebbe passato inosservato il fatto se non fosse stata pubblicizzata la lettera con il suo contenuto inusuale. Mai un’alta carica dello Stato aveva detto ai vertici Fiat la verità sulla situazione di crisi in cui versa la nazione anche per colpa loro. Per me la lettera resta una pietra miliare nella storia di questa Repubblica per la sua franchezza e chiarisce in modo inequivocabile i rapporti che si devono avere tra mondo del lavoro e istituzioni Poi due parole su Marchionne : pensa solo al suo stipendio legato ai profitti della Fiat, se ne frega dei destini dell’Italia e dei lavoratori. Sono stato testimone della vicenda Irisbus l’unica fabbrica in Italia che produceva pullman, nata con aiuti sostanziosi dello Stato si parla del 60% del suo valore, viene chiusa inopinatamente e tutta la produzione si trasferisce in Francia e in Polonia. Per questa sortita il governo prima ed ora è stato impotente e sul lastrico si contano 1500 famiglie (compreso l’indotto). Puoi immaginare come si sia acuita la crisi in valle ufita con la chiusura dell’unica fabbrica esistente.

    Ciao nic

    p.s. perchè Marchionne non chiede di essere ricevuto come hanno fatto gli operai? sicuramente avrà tutte le spiegazioni da questa grande Donna, onore dell’Italia intera, con i tempi che corrono la sua figura diventa immensa

  2. Capisco, ma resto convinto che tutte le critiche potevano ben essere espresse pubblicamente, in un incontro ufficiale, ricevendone anche maggiore forza

  3. Bene Boldrini, bisognerebbe anche rivendicare l’esproprio del gruppo Fiat, la nazionalizzazione e il controllo e la direzione dei lavoratori sull’azienda..così come per tutte le altre aziende che delocalizzano, e per i capitali non investiti, e per tutto il settore creditizio e finanziario. Solo la pianificazione e la programmazione dell’economia da parte dei lavoratori potrà portarci fuori da questa crisi del capitalismo e aprire la strada ad una transizione verso un socialismo del XXI secolo di cui si sente urgente bisogno.

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