Un sistema politico da imitare

ImmagineAngela Merkel stravince col 42% circa, conquista il suo terzo mandato di cancelliera ma si ferma a un passo dalla maggioranza assoluta. I suoi alleati di governo, i liberali della FDP, sono sotto la soglia di sbarramento del 5%, e il loro capolista, Rainer Bruederle, ha già ammesso che si tratta della peggiore giornata della loro storia: per la prima volta resteranno fuori dal parlamento. Se questi risultati saranno confermati e la divisione dei seggi lascerà l’Unione di CDU-CSU, guidata dalla Merkel, un filo sotto l’autosufficienza, l’ipotesi di una Grosse Koalition con i socialdemocratici di Peer Steinbrück, fermi intorno al 26%, diviene la più realistica.

Nel Bundestag entreranno solo quattro forze. Non restano fuori solo i liberali, ma anche la nuova formazione politica di Alternative für Deutschland, contraria all’euro, e i Piraten, quelli che suscitano le simpatie dei nostri grillini. Nel panorama politico tedesco, oltre ai due maggiori partiti, c’è posto solo per la Linke. La sinistra più radicale, e per i Verdi. Ma l’unico governo possibile, se la Merkel non potrà fare da sola, nascerà in Parlamento, da un accordo con l’SPD.

E a questo punto viene il dubbio che invece di invidiare il sistema economico tedesco sarebbe il caso di invidiare anzitutto il sistema politico. Intanto, le larghe intese che dovessero profilarsi non si chiameranno né «inciucio» né «strana maggioranza». Neppure è da presumere che la Merkel, quando dovesse annunciarle, si lamenterà dicendo che non si tratta del governo che voleva. Quanto poi all’SPD, ha impiegato 42 minuti per ammettere la sconfitta: tanti sono occorsi al loro leader, Steinbrück, per andare davanti alle telecamere e fare i suoi auguri alla Cancelliera, quando le proporzioni della vittoria della CDU erano già chiare, ma non la formula politica che governerà la Germania. Bersani impiegò due giorni per raccapezzarsi dopo il voto.

Ma non sono i comportamenti che colpiscono, quanto piuttosto la nuda eloquenza dei dati e la linearità del sistema. Che non è sottoposto a continue quanto inconcludenti pulsioni riformistiche. I tedeschi hanno un sistema parlamentare, e non fa dunque meraviglia che la Merkel trovi in Parlamento e nella trattativa con altri partiti il modo per formare la maggioranza. In Italia abbiamo un sistema parlamentare di cui ci vergogniamo, che fingiamo di riformare con operazioni di make-up tipo il nome del candidato premier sulle schede , e di cui quindi erodiamo la base di legittimazione senza essere in grado di cambiarlo effettivamente. La legge elettorale tedesca semplifica la rappresentazione politica, per via della soglia di sbarramento, ma non regala automaticamente la governabilità. In Italia invece inventiamo automatismi di segno opposto, che con una mano regalano premi di maggioranza spropositati, alla Camera, mentre con l’altra mano assicurano piuttosto l’ingovernabilità, distribuendo al Senato il premio su base regionale.

Poi c’è la questione del leader. Ebbene, è evidente quanto profondamente i sistemi politici moderni siano sempre più segnati, se non addirittura plasmati, dalla forza dei leader. Ma il leader non è necessariamente il meglio figo del bigoncio. È invece chi trasmette chiarezza di visione, chi garantisce affidabilità, chi, infine, può vantare concretezza di risultati. La vincitrice delle elezioni tedesche non sembra avere nessun particolare appeal mediatico, non gode di un’immagine particolarmente accattivante e, per dirla in una sola parola, non è cool. Eppure non si limita a vincere: domina. E domina perché l’economia in Germania va meglio che altrove e perché il Paese ha un ruolo sempre più decisivo nelle dinamiche europee. Dopodiché non è tutto oro quel che luccica: il successo tedesco è il successo di un modello orientato all’export e all’avanzo commerciale verso i Paesi vicini; l’austerità imposta dai tedeschi all’Europa tiene alti i tassi di disoccupazione e l’euro stenta ad essere davvero la moneta dell’Unione, visto che il servizio del debito nazionale non viene percepito ancora come un problema politico di dimensione europea e non di pertinenza dei singoli Stati. Se la Merkel si alleerà con l’SPD, è da credere che, anche solo per la forza dei numeri, continuerà a prevalere la linea rigorista e le critiche socialdemocratiche si ridurranno a sfumature, più che imporre vere e proprie correzioni. Non possiamo farci molte illusioni al riguardo. O forse sarà la crisi stessa dell’euro-zona, che non è affatto ad imporre.

(Il Mattino, 23 settembre 2013)

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