Archivi del giorno: ottobre 9, 2013

Tasse, il PD sbanda

ImmagineUna cosa di sicuro gli italiani l’hanno capita: a torto o a ragione, il Pdl vuole l’abolizione dell’Imu. Non si può dire invece che abbiano capito che cosa, al riguardo, vuole il Pd. Ieri è stato ritirato l’emendamento a firma Pd, con il quale si reintroduceva la tassazione per le dimore di lusso, ma il concetto di lusso sotteso alla proposta del partito democratico era così largo e comprensivo che chi scrive, con l’occasione, ha scoperto improvvisamente di vivere per l’appunto nel lusso, dal momento che la rendita catastale dell’appartamento di proprietà supera, sia pure di poco, il tetto dei 750 Euro indicati nell’emendamento. Poco male: bisognerà che me ne convinca, e rifaccia i pavimenti. Ma resta che nel giro di pochi mesi i democratici sono passati dalla ferma contrarietà all’abolizione totale dell’Imu all’accettazione di un compromesso col Pdl e al rinvio della prima rata; poi di nuovo alla contrarietà e al tentativo di reintrodurre la tassazione sugli immobili di maggior pregio, infine ad una frettolosa e non proprio onorevole ritirata.

Ora, un andamento così curvilineo ben difficilmente può essere attribuito ad un sapiente disegno strategico. Ma se non è strategia, di cosa si tratta? Due  sono le ipotesi. La prima è che si tratti di semplice insipienza di singoli deputati, o della difficoltà a governare un gruppo parlamentare decisamente più ampio della forza effettiva del partito (non solo elettorale) e profondamente rinnovato: sia detto, questo, a futura memoria dei laudatori a tutti i costi del rinnovamento della politica. Poiché però anche Monsieur de La Palice capirebbe senza sforzi che se c’era una cosa che il Pd non avrebbe mai potuto ottenere, in questo frangente, da Alfano e dai «governisti» del centrodestra, era proprio la riproposizione dell’Imu, allora è ragionevole propendere per la seconda ipotesi. La quale dice che: non sono pochi, nel Pd, quanti si propongono di gettare scompiglio non solo o non tanto nel campo del centrodestra – che anzi ha potuto ricompattarsi dietro lo slogan del rifiuto della tassa sulla casa – quanto nel governo e nel Pd stesso.

Naturalmente, le proposte puramente tattiche (e di una tattica mal riuscita, visti i risultati non brillantissimi) prosperano nelle fasi precongressuali, prosperano quando più attori si contendono il campo con opposte ambizioni, prosperano infine quando manca una chiara visione politica. Ora, che la prima condizione sussista è fatto legato al calendario, fa parte della fisiologia politica e non mette conto di discuterne. Quanto alla seconda, che produca capolavori di tatticismo è fin troppo evidente. Basta prendere la dichiarazione di Renzi di ieri, a proposito di Imu: “Si mettano d’accordo, per me va bene qualsiasi soluzione”. Ora, che il candidato più accreditato alla segreteria del Pd, e magari futuro leader di governo, trovi che vada bene «qualsiasi soluzione» a proposito del gettito Imu, non so bene se debba far solo sorridere o, anche, preoccupare

Quanto in ultimo alla terza condizione, mettiamola così: ricordando Luigi Spaventa, Franco Debenedetti ne ha indicato il ruolo nell’aver favorito l’evoluzione della sinistra comunista ed ex-comunista dalla «curva di Phillips a quella di Laffer». La curva di Phillips stabilisce una relazione inversa fra inflazione e disoccupazione: al decrescere della prima sale la seconda. La curva di Laffer stabilisce invece che oltre un certo limite di tassazione il prelievo  fiscale smette di crescere, perché le imposte deprimono la crescita. Ecco il tema: la sinistra e le tasse. Ora, io non so a qual punto si sia compiuta l’evoluzione della sinistra italiana. Non so neppure se l’evoluzione debba avere sempre, in ogni ciclo economico, la stessa direzione: osservando lo stato di crisi in Europa, non disdegnerei neppure chi pensasse oggi che un po’ di inflazione aiuterebbe a liberare risorse pubbliche e a combattere la disoccupazione. Quel che però si può con qualche ragionevolezza affermare di sapere, è che tra queste curve il Pd sembra ancora sbandare vistosamente, senza riuscire a prendere una direzione precisa, o a trovare una sintesi. E più passano i giorni, più viene il timore che il Pd il congresso non lo faccia sulla strada da prendere, ma sui pensierini semplici di Renzi o sulle proposte le più fumose e involute, figlie soltanto del desiderio di complicare i percorsi e accidentare il terreno. Le strade diritte, il Pd fa ancora fatica ad imboccarle.

(Il Mattino, 9 ottobre 2013)

Accettare le regole della legalità senza zone d’ombra

ImmagineDei tanti modi in cui il vicesindaco Sodano poteva cercare conforto alla sua posizione, quello che ha scelto non è certo il migliore. Poteva, come ha fatto, spiegare le circostanze e raccontare di come, durante un consiglio comunale a Pomigliano, avvenne il parapiglia che gli è costato una denuncia e una condanna in primo grado per minacce, violenza ed aggressione ad una vigilessa. Poteva, come ha fatto o farà, ricorrere contro la sentenza di primo grado, e giudicare strumentale l’intera vicenda penale che seguì i tafferugli. Poteva, come ha scritto, rivendicare la battaglia politica condotta allora, da consigliere di opposizione, per fermare nuovi insediamenti di centri commerciali. Tutto questo poteva farlo e lo ha fatto, con coerenza rispetto al suo proprio passato e alle sue idee: gliene si può dare atto. Quello che sarebbe stato meglio non fare, tuttavia, è affiancare la sua vibrante protesta di allora alle proteste di oggi contro il Tav, in Val di Susa, e mettere le une e le altre sotto il denominatore comune della disobbedienza civile, e sotto questo nobile cappello citare non solo don Milani o la filosofa Hannah Arendt, ma pure Erri De Luca, che del sabotaggio dell’Alta Velocità è diventato ormai l’autentico paladino.

Il conforto, infatti, il vicesindaco di Napoli non lo ha trovato solo nelle ardue teorie sul diritto di resistenza, ma nel magistero esercitato da De Luca nelle aule universitarie milanesi, dove ha solennemente detto che  «l’essere incriminati di resistenza è un titolo di onore cittadino e va rispettato. Ogni volta che c’è un nuovo arresto, si allarga l’albo dei resistenti. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciar passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza».

Ora, lasciamo perdere che sotto «l’insulto, l’infamia, l’oppressione e la violenza» che indignano De Luca stanno le decisioni magari sbagliate ma democraticamente assunte dall’autorità pubblica, così come sta pure l’azione della forze dell’ordine e della magistratura, che hanno il dovere di fermare quanti in Val di Susa trasportano molotov, fionde, cesoie e altro materiale: tutto quello che in altra, recente occasione De Luca ha giudicato «necessario» per l’opera di sabotaggio dei cantieri. Lasciamo perdere pure l’allarme dei servizi di intelligence, e se sia vero che la pericolosità delle azioni antagoniste sia cresciuta, e, ancora, se la lotta abbia assunto un significato politico generale, di contestazione globale al «sistema» piuttosto che di tutela della salute e dell’ambiente. Lasciamo perdere tutto ciò che, però, Tommaso Sodano dovrebbe invece tenere presente, essendo ormai un uomo delle istituzioni: De Luca, infatti, lui può anche dire, con ghigno beffardo, che non conosce la lettera inviata da Napolitano al quotidiano La Stampa (dopo il pacco bomba al cronista della Val di Susa), perché non segue «la letteratura delle autorità», ma Sodano, che è un’autorità, quella letteratura non ha il dovere di seguirla un po’ di più?

Ma – ripeto – lasciamo perdere. E stiamo alla celebrazione del diritto di resistenza dello scrittore partenopeo, alla «medaglia al valor civile» per i resistenti arrestati. Ora, è la logica che ci soccorre: De Luca dice che essere arrestati è un onore, ma come la mette allora Sodano, che non si sente affatto onorato dalla condanna comminatagli? La disubbidienza civile, se proprio ad essa vogliamo richiamarci, comporta infatti che si affrontino le conseguenze dei propri atti, non invece che ci si ribelli ad esse. Sodano può ben dire che nulla, nella sua storia personale e politica, ha a che fare con la violenza: non c’è motivo per non credergli. Ma allora cosa c’entrano con la sua appassionata difesa i sabotaggi della Val di Susa e il rifiuto dell’autorità dello Stato? Certo, la legalità democratica può rivelarsi insufficiente, ottusa, persino ingiusta, ma se non se ne contesta la legittimità – come fa Erri De Luca, e come un vicesindaco di una città problematica come Napoli non può fare – bisogna accettarne le regole. Si può obiettare civilmente («civilmente»: sottolineiamolo, perché è importante) ma poi bisogna scegliere in quale albo si vuole essere iscritti: in quello che continua ad aggiornare Erri De Luca, a parecchi decenni di distanza dalla sua esperienza in Lotta Continua, o nell’albo degli amministratori di una città che con la legalità è meglio scherzi il meno possibile. Questa scelta sarebbe di conforto che Sodano la facesse con maggiore chiarezza.

(Il Mattino, 7 ottobre 2013)