Archivi del giorno: ottobre 11, 2013

Indulto e amnistia: Travaglio e quella morale un po’ reazionaria

ImmagineC’è un argomento che si può sempre mettere avanti, per contrastare qualunque proposta di indulto e amnistia, in ogni tempo e in ogni luogo: chi ha sbagliato deve pagare. Va formulato proprio così, senza giri di parole, senza neppure rivestimenti giuridici di sorta: al fondo, non si tratta che di questo. Un bisogno di giustizia non elaborato, a cui anzi ogni ulteriore elaborazione toglierebbe chiarezza, limpidità, rigore. Ed è un peccato che Marco Travaglio giri tanto intorno al nocciolo vero della questione, tirando in ballo Berlusconi, e il tentativo di mandarlo libero, non potendolo più mandare assolto. È un peccato, perché il pezzo condito dal sarcasmo, dalla derisione e dall’indignazione Travaglio lo detta ogni giorno, lo ripete da anni, e sarebbe in grado di scriverlo anche in caso di collisione di un meteorite sulla Terra: tutti scappano, vuoi vedere che il meteorite è precipitato per consentire a Berlusconi di farla franca? Neanche l’orbita di un meteorite potrebbe sfuggire alla vigilanza di Travaglio, figuriamoci il Presidente Napolitano. Ma sfrondate l’articolo di Travaglio di tutto quello che appartiene al repertorio, e vi troverete quella dura, elementare invendicata verità morale: chi ha sbagliato deve pagare. Punto.

Walter Benjamin scomodava il mito per spiegare in quale vicinanza questo ruvido e inflessibile senso di giustizia si tiene con la vendetta, ma non c’è bisogno di alcun corredo di favole mitiche per avvertire questa inquietante prossimità: basta tenere ben desto tutto ciò che nella coscienza moderna del diritto ha portato il senso di umanità e il rispetto della dignità della persona. Ma se umanità e dignità vi appaiono semplici imbellettamenti, formule da azzeccagarbugli, meri pretesti, pallide scuse o addirittura veri e propri imbrogli, e insomma maniere per sottrarre alla giustizia la sua inesorabile severità, allora ritroverete un’altra volta, nella sua forma più pura, la verità di Travaglio: chi ha sbagliato deve pagare. Punto. La troverete dove la trova chi accantona qualunque considerazione moderna di filosofia della pena: e cioè dalle parti della più cieca reazione a codesta modernità. E  così non c’è sovraffollamento delle carceri che tenga. Non c’è trattamento degradante, non c’è condizione al limite della tortura, non c’è contrasto coi principi costituzionali che valga un messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere: chi ha sbagliato deve pagare. Punto. È così semplice, così evidente: deve stare in carcere. Deve marcire in galera (perché non c’è espressione più appropriata, viste le condizioni detentive dei nostri penitenziari).

Purtroppo però di verità morali ce n’è più d’una, altrimenti i filosofi non avrebbero di che campare. Così, per ogni implacabile giustizialista che brandisce con la necessaria spietatezza la sua verità, e quindi pure per il principe di tutti loro, Travaglio in persona, si troverà sempre qualcuno che di verità ne conoscerà almeno un’altra: è più ingiusto commettere ingiustizia che subirla. E dunque non si può commettere ingiustizia neanche per riparare a un’offesa, o vendicare un torto.

Ma il giustizialista non vuol sentir ragioni: vuol vedere tutti in galera, tutti quelli che hanno «grassato e depredato l’Italia». Questo sentimento è così prepotente, che perfino Berlusconi diventa uno dei tanti. Agli occhi di Travaglio, il che è tutto dire. E se per tenerli tutti in galera bisognerà sacrificare l’umanità della condizione carceraria tanto meglio: in fondo non si tratta che di delinquenti (o detenuti in attesa di giudizio, anche se Travaglio questi poveri cristi nemmeno li menziona): E se poi nei toni, nell’immagine di un’Italia «paradiso dei delinquenti» dove gli immigrati clandestini vengono a frotte perché sanno che possono «farla franca», si finisce col cadere nei luoghi comuni del leghismo più becero o della destra più reazionaria, poco importa: chi ha sbagliato deve pagare. Punto.

(L’Unità, 10 ottobre 2013)