L’indimenticato Adriano De Zan, protagonista di mille cronache sulle strade del giro d’Italia, al traguardo non dimenticava quasi mai di sottolineare, delle epiche imprese dei ciclisti, oltre al «fatto tecnico», il «fatto umano». Una distinzione importante: oltre i chilometri, i minuti di distacco e le condizioni meteo, sul sellino stava un uomo, e De Zan lo intervistava con rispetto.
Su ben altre sedie sono accomodati i sottosegretari del governo Letta che, dopo la rottura di Berlusconi, hanno seguito il Cavaliere all’opposizione. E tuttavia restano ben seduti al governo. La formula: «partito di lotta e di governo» richiede dunque un aggiornamento che includa anche il caso di questi valentuomini, disponibili con grande senso di abnegazione e sacrificio personale a lavorare su provvedimenti e misure che il loro neonato e rinato partito, Forza Italia, cercherà implacabilmente di bocciare. Nel loro caso, il brocardo «nemo contra se edere tenetur» non è affatto calzante: questi sottosegretari sono ben capaci di accusare se stessi, e anzi sono tenuti a farlo, come uomini d’opposizione, chiamati a mettere sotto accusa i loro stessi atti di governo. Con una mano firmano, con l’altra implacabilmente contestano. Penelope, quella che filava la tela di giorno per sfilarla di notte, era una principiante, a confronto.
Si capisce allora perché, ben oltre il fatto tecnico, è il fatto umano che interessi il cronista. Che infatti in Italia, in quella scuola di uomini nuovi che deve essere stata in tutti questi anni la casa della libertà o il popolo delle libertà o il polo del buon governo (addirittura!), una roba simile sia giuridicamente e politicamente possibile, si stenta a crederlo, e però ce ne si fa una ragione. Ma umanamente possibile?
Qui è veramente difficile farsene una ragione, anche perché gli interessati non ne forniscono alcuna. Preferiscono tacere, non rispondere, svicolare. I giornalisti chiamano, e loro non rispondono. I giornalisti richiamano, e loro tergiversano, nicchiano, e di nuovo non rispondono. Quando si dice metterci la faccia.
Ieri sera, con accenti diversi, i candidati alle primarie del partito democratico hanno meritoriamente parlato più volte di costi della politica, finanziamento della politica, riforma della politica. Temo che il caso dei sottosegretari di Forza Italia non sarebbe risolto in nessun caso. Se non capiscono da soli che è inammissibile rimanere contemporaneamente al governo come sottosegretari e all’opposizione come esponenti di Forza Italia, non c’è legge che possa farglielo capire. E, a volte, tutto il gran parlare che si fa di rinnovamento della politica, di recupero di credibilità e di autorevolezza si incaglia miseramente dinanzi a un ceto dirigente a dir poco inadeguato, selezionato con criteri che con la cultura e la dignità della politica francamente non hanno nulla a che fare. Siamo di sicuro oltre il fatto tecnico, ma anche il fatto umano è francamente incomprensibile.
E dunque: il fatto umano di De Zan non si capisce, il brocardo latino non si applica, la formula della lotta e del governo è antiquata e il mito di Penelope è poca roba. Ci vuole ben altro, ci vuole la mostruosa, smisurata sentenza di Goethe: «nihil contra Deum nisi Deus ipse». Se al posto di Dio prestate al poeta tedesco un sottosegretario teologicamente inamovibile di Forza Italia, vedrete che la frase funziona. (Se poi funziona il governo con simili figure, questo è un altro, più arduo problema, che speriamo però Letta possa presto risolvere).