Quattro senatori a cinque stelle sono stati espulsi, al termine di una procedura che prevede l’ukase di Grillo, la conseguente riunione dei gruppi parlamentari e il voto dei militanti in Rete (che chiamo voto così come i grillini sono usi chiamarlo, chiunque detenga le chiavi di accesso al sito, chiunque stabilisca le dimensioni della platea dei votanti, chiunque verifichi gli indirizzi IP e le relative credenziali, chiunque conteggi e chiunque certifichi i conteggi). Ma la procedura non era ancora terminata, e già un quinto senatore esprimeva solidarietà e chiedeva per sé lo stesso trattamento. Altri senatori hanno poi lasciato la riunione del gruppo, alcuni di essi paiono pronti a lasciare e tutti sono sull’orlo del pianto. Intanto, sul suo blog, Grillo promettendo di «dare il sangue nelle strade», ha rispolverato la tempra del militante rivoluzionario: «noi saremo un pochino meno ma molto, molto più coesi e forti». È infatti chiaro che per lui è questione di forza, non di democrazia. Il fatto che la critica non possa trovare ospitalità all’interno del movimento la dice tutta sulla natura del movimento (e in verità la dice da tempo, visto che di espulsioni è punteggiata tutta la sua storia). Esaltando lo spirito illuministico, Immanuel Kant diceva di vivere in un tempo in cui persino il trono e l’altare dovevano accettare di essere sottoposti a discussione critica. Pensava che nemmeno alla maestà del Re e alla santità di Dio (o del Papa) dovessero essere risparmiate critiche pubbliche: è evidente che, nonostante il cielo stellato sopra di lui, non sapeva nulla di Beppe Grillo e delle sue cinque stelle, tra le quali la critica è tanto poco ammessa, che viene giudicata irricevibile anche quando si derubrica spontaneamente a cazzata, come ha fatto ieri il senatore Battista in una video-testimonianza riversata in rete a propria discolpa: «È possibile che quattro senatori vengano espulsi per il reato di cazzata? Se fosse così quanti altri parlamentari del Movimento Cinque Stelle avrebbero dovuto espellere?». Effettivamente: non lo sappiamo. Il numero di quelli che sono sul punto di lasciare è però in crescita, e forse non dipende solo dal fatto che «questi qua» – come si è sentito urlare ieri da parte dei dissidenti – «sono peggio dei fascisti». Forse c’è dell’altro. Forse si percepisce che una fase nuova può aprirsi, e che rimanere nel novero dei rivoluzionari duri e puri non porta da nessuna parte.
Fare un nuovo gruppo può invece portare da qualche altra parte. I grillini dissenzienti si guardano bene da confermare voci di contatti, di intese in Parlamento e disponibilità a future alleanze, ed è probabile che, allo stato, non vi sia ancora nulla del genere. Ma lo scenario politico è sicuramente in movimento. Le ragioni principali sono due: una è il fattore Renzi. Del quale si potrà dire quel che si vuole, ma non si potrà non riconoscere l’accelerazione che ha impresso alla vicenda politica del Paese. Renzi ha bisogno di «cambiare verso», e di mostrare tangibilmente che il verso sta cambiando davvero: tutta la retorica grillina sul sistema marcio e irriformabile rischia di finire rottamata, se qualche segnale di cambiamento arriva davvero agli italiani.
L’altra ragione è il fattore tempo. La logica da militanza rivoluzionaria che Grillo impone al movimento funziona infatti nei tempi brevi: persino i primi cristiani, che di fede dovevano averne, avevano tuttavia bisogno di pensare che l’apocalisse era vicina, per sopportare il peso del martirio. Allungatisi i tempi, qualcosa mutò nella loro fede, che restò sempre sostanza di cose sperate, ma dovette rinunciare all’immediata soddisfazione terrena. Quello che sperano i grillini ortodossi (c’è infatti un’ortodossia, così come ci sono eresie e, probabilmente, scismi) è che davvero «viene l’ora ed è adesso». O, al massimo, che l’appuntamento decisivo e finale sia fissato per la prossima, ormai imminente campagna per le Europee. Ma se i tempi si allungano, se si va al 2018, se si completa la legislatura, se Renzi comincia davvero a governare e qualche riforma la porta a casa, anche la fede grillina, anche il fervore rivoluzionario pentastellato sarà costretto a mutare indirizzo.
Ebbene, in mezzo a molte promesse che attendono di essere verificate, una cosa l’ha detta chiara Renzi: il suo è un governo politico. L’impasse è finita, le supplenze sono finite, i governi di necessità pure: i tempi potrebbero davvero allungarsi. Si compiranno delle scelte, e si verrà giudicati per quelle. Tra i grillini c’è qualcuno che vorrebbe assaporare il sapore delle scelte, cominciare a fare politica entro il nuovo orizzonte temporale e non aspettare l’Armageddon. Ma dentro il movimento questo non si può fare.
(Il Mattino, 27 febbraio 2014)
meno male che rimane purtroppo per voi ancora un folto gruppo di veri populisti grillini come snobbamente dall’alto della vostra cultura democratica ed esemplare libertà di parola giudicate l’unica vera opposizione e i cittadini che rappresentano. Perchè con voi di certo il populismo cioè popolo e quindi citadini da 40 anni o forse più non ha mai avuto l’occasione di incidere per cambiare il sistema voi nel sistema avete creato per soppravvivire e con questo voglio intendere botteghe di partito fondazioni, regali ad imprenditori e capitalisti di regime allegri ed incapaci il permesso di frammentarsi in migliaia di società difficilmente controllabili chiedendo soldi ad altre innumerevoli banche malgestite e condizionate da lobby politiche e finanziarie che hanno finito con l’indebitarsi di cui le voragini con il vs consenso siamo sempre noi populisti a pagare. Voi da perfetti ignavi ma da grandi oratori sapete volgere tutto a vs vantaggio perchè ancora avete i media e parte della magistrutura che vi sorregge, nn so ancora per quanto ce la farà, i buchi sono troppi ed i populisti nn ce la fanno più. Volete andare in Europa a fare cosa a massacrare anche quella? A fare gli Ignavi anche lì ci sono rimaste ancora due mucche da mungere. Avete Civati, l’unico pseudo dissidente, rimane nel partito nn ho ancora ben capito a fare cosa, forse per mantenersi stipendio e celebrità. Perchè mamma bottega partito finchè dura il governo nn conviene lasciarla. Noi siamo molto più democratici chi nn è vero se ne va nn è gradito la lotta va portata avanti solo noi abbiamo scoperto il marcio di questo paese e nn intendiamo esserne più complici. Fossi in voi mi laverei prima di tutto la coscienza non potete criticare metodi all’interno di un movimento se prima non siete stati capaci di ridurvi lo stipendio, di rinunciare al finanziamento pubblico, alle auto blu (forse qualcuno di voi nn la userà ma di certo lo permettete ad altri) nn vi siete ridotti le indennità (qualcuno di voi nn le prenderà ma di certo nn lo avete impedito ad altri di farlo). Scemi nn siamo da voi critiche nn si possono accettare soprattutto se hai la possibilità di entrare a far parte di questa mirabile fondazione con i soldi di chi? Fate pace con il cervello ma soprattutto con la vs coscienza l’Italia nn si cambia solo con le parole.
E’ difficile rispondere a uno sfogo (a proposito di pace e di cervelli). Mi soffermo solo sull’unico passaggio che sembra stare al punto: “non potete criticare metodi all’interno di un movimento se prima non siete capace di ridurvi lo stipendio, di rinunciare al finanziamento pubblico”. Ora, a parte l’uso del voi (io sono docente universitario e come stipendio ho quello: devo ridurlo?), vorrei semplicemente chiedere: perché? (o anche: cosa c’entra?). Non è che il metodo all’interno del movimento è più o meno democratico a seconda che io mi riduca o non mi riduca lo stipendio. Questo, poi, non è snobismo: è semplicemente la necessità di discutere in base ad argomenti. Se invece la discussione si riduce a: mi sono stufato, andate tutti al diavolo, basta scrivere per l’appunto: mi sono stufato, andate tutti al diavolo. Si capisce meglio e si fa pure prima.
La capacità oratoria è sempre la vs arma vincente e nn sembrerebbe degno di un filosofo nn prendere allora in considerazione cio che di buono altre forze tentano di affermare soprattutto chi non ha la possibilità di introdursi in meccanismi di visibilità ed altro di esprimere le proprie opinioni. Perchè nn rispondi ad altre interrogazioni vale a dire il sistema ti piace tu che sei un filosofo hai grandi responsabilità per di più insegni e forse incidi con il tuo pensiero sulla formazione delle coscienze. Ma la verità deve essere presa in considerazione e finalmente raccontata. Non sei politico ma graviti nel PD. Ti conviene rispondere che il mio è solo uno sfogo perchè di argomenti ne sono rimasti pochi l’arrampicarsi continuamente sugli specchi alle assurdità é palese condividi il passaggio che si è consumato fra Letta e Renzi perchè lo ha fatto il PD, nn denunci il malcostume dei troppi soldi che girano intorno alla politica e che i tuoi rappresentanti politici da pi+ di 40 anni ne godono. Voi filosofi avete delle responsabilità e allora mettetele in campo nn fate solo critiche all’avversario ed elogi a chi ha interloquito con un pregiudicato per la riforma elettorale e quindi ha riconsegnato rispetto ad una persona che faticosamente si è cercato di far capire alla gente che quando nn si rispettano le regole non si possono avere responsabilità di governo e rappresentanza politica. Anche questo è solo uno sfogo? Come filosofo potresti contribuire alla battaglia etica perchè questo è di ridurre i benefici economici che ne derivano dall’essere eletti. Se mi posso permettere di fare una domanda (perchè nn mi sento completamente stupida) Questa classe poiltica è libera da condizionamenti lobbistiche finanziare? Non ti devo ricordare certo io le indagini di report sui finanziamenti ricevuti dal PD in cambio di sgravi fiscali.Questo rende l’attività politica ed il politico più fragile e rafforza il radicarsi del malcostume indebolendo anche l’azione del tuo pensiero filosofico che di certo è onesto ma non condizionante al punto di cambiare il sistema in quanto giustifichi, per tifoseria politica le azioni anche sbagliate del partito che tu hai votato.Se posso permettermi Questo Non è solo uno sfogo è l’amara realtà non condividi?.
Non è apprezzabile la maniera in cui Renzi ha scavalcato Letta, né può piacere il governo che ha messo in piedi, per molti aspetti replicante del precedente e ancora più modesto, connotato com’è dalla presenza di novellini senza esperienza e raccomandati di ferro. Ma il “sistema” Italia non è fatto solo dalla politica e dalle lobby.
Il problema del paese è innanzitutto culturale e, se c’è una colpa imputabile alla classe politica italiana, è innanzitutto quella di avere favorito dal Sessantotto in poi la diffusione di una cultura di massa di sempre più basso livello che negli ultimi trent’anni si è sposata con l’edonismo dell’immagine e del benessere, producendo risultati devastanti. Al di là della corruzione e inadeguatezza delle classi dirigenti, è infatti legittimo domandarsi anche come possano andare a votare alle prossime elezioni quegli studenti universitari (e non sono purtroppo pochi) che non sanno scrivere e parlare correttamente l’italiano, che non ricordano quando c’è stata la seconda guerra mondiale, né tanto meno l’Unità d’Italia e non hanno assolutamente alcun interesse autentico verso ciò che studiano, ma sono molto attenti a pretendere promozioni e risultati o a fare uso dei sistemi più truffaldini e sleali per maturare il risultato pratico, senza alcuna preoccupazione del proprio merito. E’ forse colpa della politica questa loro mentalità o non piuttosto delle famiglie e della società da cui provengono?
Perciò si può concludere che la classe politica che abbiamo esprima, volenti o nolenti, un malcostume diffuso a tutti i livelli e assolutamente trasversale, senza eccezione alcuna. L’evasione fiscale, praticata con disinvoltura e piena convinzione da tutti quelli che possono farlo, è un ulteriore esempio di questa mentalità ed emerge platealmente dalla discrepanza tra i dati ufficiali dell’ISTAT e il tenore di vita condotto da quelle stesse famiglie che, ufficialmente, non dovrebbero arrivare alla “quarta settimana”, ma che il sabato sera si ritrovano unite in chiassose quanto pacchiane tavolate nei ristoranti “in” della zona, dove arrivano a bordo di SUV, seguiti dalle Smart dei figli, che poi magari se ne vanno in discoteca. Pertanto, sfoghi grillini a parte, qui il problema non consiste solo nella differenza sempre più marcata tra chi ha e chi non ha, tra politici corrotti e cittadini onesti, tra banchieri e pensionati, ma nella condivisione di una cultura individualistica dell’illegalità, dove il verbo “dovere” viene spesso coniugato solo in seconda persona (singolare o plurale), dove il corporativismo sindacalista ha abituato molta gente a ritenere leciti solo i diritti e non i doveri, creando un attaccamento atavico al proprio privilegio, per quanto misero e per quanto dannoso nei confronti della collettività e delle prossime generazioni. L’unica speranza che abbiamo di riemergere dal baratro in cui siamo precipitati è puntare su un cambiamento culturale profondo del paese, a partire dalle nuove generazioni e dalla necessità di un confronto molto più serrato con la realtà. In tal senso sarebbe piaciuto ricevere dal governo Renzi un segnale di cambiamento fondato innanzitutto sulla scelta meritocratica della compagine governativa. Così sinora non è stato, ma crediamo che la speranza debba essere sempre l’ultima a morire (augurandoci di non morire noi prima di vedere qualche cambiamento in atto).