Le parole sbagliate non portano in cella

ImmagineDi qui al 5 giugno tocca stare con Erri De Luca. È una settimana, si può fare. Tocca stare con lui perché per quel giorno è fissata l’udienza preliminare nel procedimento in cui lo scrittore napoletano è imputato per istigazione a delinquere. La sua incitazione al sabotaggio del progetto Alta Velocità in Val di Susa non è infatti passata inosservata: ha anzi innescato un processo penale, e il 5 giugno si va in udienza. D’altronde, il contesto ambientale in cui il cantiere va avanti è ancora surriscaldato abbastanza perché il delicato invito di De Luca a invadere, occupare o danneggiare scientemente l’opera – questo è il sabotaggio, secondo il codice attualmente in vigore – ricevesse l’attenzione della magistratura. È lecito tuttavia dubitare che De Luca si augurasse il contrario, che cioè sperasse in qualche superficiale alzata di spalle, o che non lo si prendesse seriamente, magari con la scusa che quelle dello scrittore sono ardite metafore, o forse solo parole in libertà, dette con leggerezza e prive di peso. Parole, insomma, da non prendersi alla lettera, frutto magari dell’estro poetico e  letterario di un artista, e non attentamente ponderate. Forse a processo sarà proprio questa la linea difensiva di De Luca. Ma se invece egli tiene alla sua arte, oltre che alla coerenza delle sue parole, deve essere ben contento che qualche magistrato, avendolo sentito spronare i più esagitatori oppositori della Tav perché passassero alle vie di fatto, abbia ritenuto di processarlo.

Comunque sia, i suoi amici non sono affatto contenti (e noi con loro). È orribile, essi dicono, che uno scrittore sia in stato d’accusa per un reato d’opinione. Per il giorno dell’udienza, sono così previste pubbliche letture delle opere di De Luca: a Roma, a Napoli, a Bari e in molte altre città. L’argomento pare essere il seguente: se le parole di De Luca sono pericolose, allora ci autodenunciamo, prendendo le parole dai suoi libri e leggendole a gran voce. È un buon argomento: i libri non si bruciano, gli scrittori non si mandano in carcere. Questo, almeno, in un orizzonte giuridico liberale di cui De Luca probabilmente manca di riconoscere o di rispettare qualche elemento basilare, visto che consiglia azioni di sabotaggio per fermare l’Alta Velocità. In quell’orizzonte, è effettivamente possibile che uno scrittore mostri a parole di fregarsene altamente della legalità democratica. Ma in tal caso la cosa migliore che ai pubblici poteri conviene fare è di fregarsene altamente delle intemperanze verbali dello scrittore. Anche solo per evitare che assuma pose da martire della libertà. Quelle che, peraltro, ha già cominciato eroicamente ad assumere, annunciando che in caso di condanna non ricorrerà in appello. Probabilmente De Luca, gran cultore di cose bibliche, immagina di avere nello Stato il suo personalissimo gigante Golia da abbattere (cioè da sabotare) fiondandogli contro le sue parole dure come pietre. Lo faccia pure: ognuno ha le sue ossessioni. E fino al 5 giugno ci asterremo finanche dal giudicarle. Ma appena si chiuderà con un nulla di fatto la vicenda processuale, come ci auguriamo vivamente, torneremo a pensare che incitare al sabotaggio è un pessimo modo di usare la libertà di opinione che in uno Stato liberale (e solo in uno Stato liberale)  è e deve essere garantita a tutti.

(Il Mattino, 30 maggio 2014)

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