E così Silvio Berlusconi telefonava a Amedeo Laboccetta. L’unica reazione che una simile notizia ispira si può riassumere in un rotondo: «Beh?» . Ma non è questa la reazione dei carabinieri che sunteggiano l’intercettazione tra l’ex parlamentare del Pdl e il Cavaliere, e evidentemente non è la reazione dei solerti magistrati che prendono la notizia e la inseriscono nelle carte dell’inchiesta ischitana. Eh già: perché Amedeo Laboccetta aveva rapporti con il dirigente della Coop Concordia Francesco Simone (finito agli arresti); perché Laboccetta era, in virtù di questi rapporti, a sua volta intercettato; perché Laboccetta parlava con Silvio Berlusconi, e perché – soprattutto perché – in una di queste conversazioni Berlusconi confidava all’ex parlamentare che i giudici non aspettano altro che un suo passo falso per arrestarlo, su ordine, scrivono i carabinieri, nientepopodimeno che di Giorgio Napolitano.
Ricordate la fiera dell’Est? Venne il cane che morse il gatto che si mangiò il topo? Bene: con le intercettazioni è uguale, tu intercetti Tizio, che parla con Caio, che dice di Sempronio, che riferiva di Pinco Pallo: nella canzone di Branduardi alla fine veniva l’Angelo della Morte; qui finisce invece con l’orecchio di un carabiniere, e la disposizione di un magistrato che mette in piazza la conversazione carpita, anche se non c’è nessun rilievo penale, e nessuno, ma proprio nessun rapporto con i fatti contestati, l’inchiesta, la metanizzazione, le tangenti e quant’altro.
Ora, sicuramente verrà qualcuno a spiegarci che è però di rilevanza pubblica quanto così apprendiamo, che cioè Berlusconi non era sereno, temeva che i magistrati volessero fargliela pagare, diffidava del Presidente della Repubblica. Ma a parte il fatto che tutte queste cose Berlusconi le diceva, confidava o dichiarava un giorno sì e l’altro pure, e dunque non era per nulla una novità la preoccupazione che rivelava a Laboccetta, ma che razza di argomento è? Anche parole estorte con la tortura possono avere rilevanza pubblica, ma non per questo è una buona idea torturare gli inquisiti. Lo capisce chiunque: perché non riescono a capirlo quei magistrati che si divertono a tirare in ballo i politici importanti al solo scopo, si deve supporre, di dare maggiore risalto alle loro inchieste? Alle inchieste: finché esse durano, e, purtroppo, del tutto a prescindere da come spesso finiscono.
(Il Mattino, 3 aprile 2015)