«Il parlamentare che ti serve» serve la pizza: d’altronde, a che altro serve? Ieri sera, in due note pizzerie napoletane, sul Lungomare cittadino, la campagna elettorale di Valeria Ciarambino, candidata del Movimento Cinque Stelle alla guida della Regione Campania, era coadiuvata ai tavoli dal vicepresidente della Camera dei Deputati, Luigi Di Maio, da Alessandro Di Battista e altri pentastellati. Cena di finanziamento, campagna elettorale: la politica si fa vicina ai cittadini e porge volentieri una Margherita e una Bianca al prosciutto in fondo alla sala. In effetti: s’è mai visto un vicepresidente della Camera alle prese non con gli emendamenti ma con i condimenti, non con gli ordini del giorno ma con la comanda del giorno? Non è la prova definitiva che questi parlamentari sono veramente di un’altra pasta, e questa pasta è la pasta della pizza?
Prima però di pagare il conto agli improvvisati pizzaioli di una sera, facciamoli bene pure noi, due conti. Il Movimento Cinque Stelle ha conseguito un successo elettorale straordinario non più tardi di due anni fa, superiore ad ogni più rosea aspettativa. Ma in due anni la sua presenza sui temi politici rilevanti si è dimostrata quasi inconsistente. Lo stesso dicasi in Campania, dove i grillini dicono qualcosa sui rifiuti, chiedono di far largo ai giovani, fanno il miracolo di finanziare di tutto e di più tagliando gli sprechi e i costi della politica, e declinano sul piano regionale la proposta che ripetono come un mantra del reddito di cittadinanza. E basta. Al resto deve forse pensare la pizza servita ai tavoli. O piuttosto: i grillini continuano a scommettere sul fatto che al resto ci pensano gli altri, che la politica campana e nazionale è messa così male, che basta un’operazione simpatia, un viaggio in treno in seconda classe e un giro fra i tavoli di una pizzeria per riscuotere il giusto consenso. Che ovviamente è consenso vero, consenso genuino, quello onesto sincero e spontaneo che meritano i loro candidati, mentre quello degli altri è sempre sospettato di essere finto, truccato, comprato, corrotto. Così Renzi e Berlusconi sono venditori di fumo, mentre la loro pizza di ieri sera non aveva nemmeno il cornicione bruciacchiato.
In realtà, la pizza sul Lungomare è puro marketing elettorale. Una trovata, non diversa da uno slogan ben pensato, o da un manifesto dai colori indovinati. Com’è giusto che sia, peraltro: hai tolto il finanziamento pubblico, e te ne fai un vanto, non vuoi allora inventarti almeno qualche iniziativa di raccolta fondi? Ben vengano quindi la pizza e, la prossima volta, due spaghetti o una frittura di pesce. Ma da un movimento politico che nel 2013 ha preso più di otto milioni e mezzo di voti – primo partito d’Italia, non primo partito in pizzeria –, da una forza che nel solo collegio di Napoli ha eletto cinque deputati, e che ha suoi uomini in posizioni apicali nelle istituzioni, ti aspetti forse non il manifesto del ventunesimo secolo, ma almeno una capacità di elaborazione, un insieme di proposte che siano un po’ meglio articolate della scelta (difficile, in verità) fra una pizza con o senza acciughe. Che Italia e che Campania sarebbero, quelle che i grillini ci servirebbero? Sicuramente un’Italia più onesta, una Campania più onesta, diranno loro, e non facciamo fatica a credergli. I corrotti tutti in carcere, i camorristi tutti in carcere, i ladri tutti in carcere. Come non si sa, ma andrà sicuramente così: ce lo auguriamo con tutto il cuore, anche perché è l’unica cosa che si capisce con chiarezza dalle dichiarazioni di intenti del movimento. Ma per tutti gli altri, per quelli che restano fuori dal carcere, e si spera siano in tanti, che si farà: andranno tutti la sera in pizzeria?
(Il Mattino – ed. Napoli, 28 aprile 2015)