Spiace un po’ per i nipotini, ma è ragionevole pensare che il nonno, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, avrà un po’ meno tempo per loro. Antonio Bassolino è ormai ai nastri di partenza. Tutto, naturalmente, può succedere ancora. La fase di ascolto della città, inaugurata qualche settimana fa, non si è ancora conclusa, ma è difficile ipotizzare che svanisca in una bolla di sapone il gran parlare di questi giorni sulla candidatura di Bassolino a sindaco di Napoli.
Perché d’altronde dovrebbe tirarsi indietro, se è bastato che il suo nome circolasse per mettere a subbuglio il partito democratico. Forse perché la campagna elettorale si risolverebbe in un giudizio sul passato, invece di dare indicazioni sul futuro? Oppure perché Bassolino rappresenterebbe il vecchio? Il fatto è che il vecchio diventa vecchio quando il nuovo lo sopravanza. Se il nuovo non ce la fa ad avanzare, c’è poco da fare: il vecchio ne fa un sol boccone.
La questione della candidatura di Bassolino è infatti un problema per il partito democratico, non certo per Bassolino medesimo. È il Pd che deve tirar fuori qualche nome da buttare nella corsa delle primarie. Anzi, non andrebbe detta nemmeno così, perché al partito democratico compete solo l’organizzazione della competizione: il resto lo deve fare il voto. A meno che non si raggiunga un accordo ampio su un candidato unitario. che raccolga il consenso di tutti, o quasi, nella direzione regionale del partito. Quando però i democratici cominciano la ricerca di questo nome fatidico, tutto si impantana fra veti reciproci, vecchi vizi e antiche debolezze, e il nome non salta fuori.
D’altronde, che nome cercherebbero i democratici? Bassolino corre, se corre, per vincere. Non è detto ovviamente che gli riesca, ma la sua candidatura manda in secondo piano tutto il resto: la costruzione della classe dirigente, il rinnovamento generazionale, il profilo del partito democratico, il rapporto con la regione o quello col governo nazionale. Tutte cose che vengono dopo, e che con Bassolino in campo subiscono una torsione profonda: del resto, non è stata la sua prima stagione di sindaco della città di Napoli a imporre il tema della leadership personale, poi ripropostosi anche nel Paese? Vi sono stati altri interpreti, nel centrosinistra campano, di una simile stagione? Uno in verità c’è stato, si chiama De Luca e siede a Palazzo Santa Lucia (e probabilmente non è entusiasta del ritorno di Bassolino). Ma, per il resto, non se ne sono visti.
Per il partito democratico si avvicina perciò il dilemma a cui diede forma Arturo Parisi negli anni dell’Ulivo, con nobile senso della sconfitta: meglio perdere che perdersi. Ma è davvero così? A livello nazionale, il partito democratico, forse, non ha proprio deciso di perdere l’anima, ma di sicuro a giocare per perdere non ci pensa nemmeno: Renzi non è affatto il tipo. E a Napoli? Anche a Napoli, dopo la batosta del 2011, e senza tuttavia aver fatto molto in questi anni per dotarsi di un profilo vincente, non pare che ci sia qualcuno disposto a intestarsi una sconfitta, magari per cominciare da lì la costruzione di una nuova fase. Bassolino è dunque in campo, o lo sarà a breve, perché offre al Pd almeno una chance di rovesciare l’assioma di Parisi: meglio, molto meglio vincere, e, quanto al resto, si vedrà.
Certo, è possibile che candidando Bassolino il Pd faccia un regalo a De Magistris e ai grillini, che avrebbero un argomento in più per imbastire la retorica del cambiamento contro le vecchie nomenclature, soprattutto se o’ Sindaco facesse l’errore di formare la sua squadra guardando all’indietro e pescando nel passato. Ma il fatto è che si fa un errore ancora più grande pensando che il Pd candidi Bassolino: lui, infatti, si candida da sé, com’è nello spirito delle primarie democrat, che mettono davvero pochi paletti alle candidature. Presto perciò il dibattito si farà stucchevole, e a meno che il Pd non voglia logorarsi, come già altre volte, in inutili e sfiancanti discussioni sulle regole e i tempi e i modi della sfida elettorale, farebbe molto meglio a ragionare solo e unicamente sul punto politico che la candidatura di Bassolino pone: ce l’ha il partito democratico un candidato migliore?
Così stanno le cose: poco altro rimane da ragionare. Intanto, alla presentazione del film-documentario sul Mattino Bassolino, ovviamente, c’era. I nipotini no. E Bassolino non stava lì, nel suo palco, per fare solo da comprimario. Pochi, del resto, tra quanti si sono fermati a parlare con lui, hanno avuto l’impressione che la sua principale passione ed il suo assillo fosse ancora e soltanto scalare le Dolomiti.
(Il Mattino – ed. Napoli, 30 settembre 2015)