La cura per un paese normale

Crisi: Mattarella, Italia migliora, bene 2016Il primo discorso di fine anno di Sergio Mattarella è stato il discorso di un Presidente, che interpreta alla lettera il posto che la Costituzione gli assegna nell’ordinamento della Repubblica: capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale. Perciò: nessun riferimento alla dialettica politica fra i partiti, spesso fuori  dalle righe, o ai prossimi, decisivi appuntamenti col voto, nel 2016: referendum confermativo ed elezioni amministrative. Nessun riferimento alle difficoltà, infine superate, di elezione dei giudici costituzionali, o alla crisi bancaria, o al cambiamento della legge elettorale. Mattarella ha scelto di riferirsi unicamente all’Italia, alle condizioni di vita degli italiani. Nel suo discorso hanno così trovato posto anzitutto «le principali difficoltà e le principali speranze della vita di ogni giorno». In primo luogo il lavoro, da cui il Presidente ha preso le mosse: i segnali di ripresa economica del Paese non sono ancora sufficienti a dare il lavoro ai troppi che sono privi. Poi il tema dell’intollerabile livello di evasione fiscale, che danneggia l’economia sana e i cittadini onesti. Quindi le materie dell’ambiente, del terrorismo, dell’emigrazione.

Non si è trattato però di un semplice catalogo di argomenti, sciorinato per creare sintonia con la platea televisiva; si è trattato piuttosto di un esplicito richiamo al dovere fondamentale dei cittadini di avere «cura della Repubblica», espressione che Mattarella ha già impiegato altre volte e che dà bene il senso del modo in cui egli intenda il proprio ruolo, e del modo in cui esorti gli italiani a intendere il proprio. E sotto quella parola, «cura», si sente declinato un richiamo ai principi e ai doveri delle istituzioni e dei cittadini, più che ai diritti. È come se le  diverse questioni economiche e sociali, o ambientali, o internazionali, affrontate nel discorso, ricevessero, nelle parole di Mattarella, un supplemento di significato, che le riporta alla preoccupazione di fondo del Presidente, declinata però nel suo uso quotidiano, nella vita di tutti i giorni: aver cura dell’Italia, avere a cuore il nostro Paese. Il dovere, l’impegno, la responsabilità: sono questi, infatti, i termini per i quali correvano le parole del discorso presidenziale.

Altro tratto stilistico distintivo è stato il riferirsi alle istituzioni nel loro insieme, senza mai far riferimento al governo o al Parlamento o ad altri organi dello Stato, e il tenere sempre insieme all’impegno delle istituzioni pubbliche quello della società, dei cittadini, della sfera privata dei rapporti economici e civili. Nessuna contrapposizione fra società civile e società politica, dunque, ma un’idea di Paese come concerto di energie diverse, impegnate tutte con eguale responsabilità.

Su due temi Mattarella è sembrato mostrare una particolare sensibilità: quello ambientale e quello migratorio. E in entrambi i casi i riferimenti sono andati alle preoccupazioni quotidiane dei cittadini, agli stili di vita e alla doverosità dei comportamenti, più che alle sedi politiche di dibattito e decisione. Sull’ambiente, ad esempio, Mattarella non ha richiamato i recentissimi risultati della Conferenza di Parigi e l’accordo sulla riduzione dei gas serra, ma ha preferito parlare dell’inquinamento delle nostre città, della limitazione nell’uso delle auto private (e, al contempo, del dovere di erogare servizi di trasporto pubblico efficienti). A proposito di emigrazione, il Presidente ha dedicato un cenno veloce, ma incisivo, all’insistenza con cui l’Italia chiede all’Unione europea un salto di qualità nel governo collegiale del fenomeno migratorio, ma poi ha voluto dedicarsi al valore dell’accoglienza, della convivenza, dell’integrazione. E, con equilibrio, ha aggiunto che accoglienza implica comunque rigore, severità verso i comportamenti irregolari o illegali, e «rispetto per le leggi e la cultura del nostro Paese».

Ci voleva, un discorso così. Chiaro, comprensibile, senza acuti o note polemiche, rivolto più ad esortare che a stigmatizzare, misurato e rispettoso dei poteri, fermo nei principi ma non per questo ostile ai cambiamenti, un discorso di un Presidente della Repubblica che tiene alla fisiologia dei rapporti fra le istituzioni, e fra le istituzioni e i cittadini, che esercita per questo il suo ufficio di raccordo, e che può dunque aiutare l’Italia a ritrovare l’assetto, politico e istituzionale, di un Paese normale.

(Il Mattino, 2 gennaio 2016)

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