De Magistris non fa passi indietro: c’era da aspettarselo. D’altronde, l’appuntamento elettorale è ormai alle porte ed il dado è già stato tratto. Così, nell’intervista data ieri a Repubblica, il sindaco che si vanta di aver derenzizzatala città «offre» al premier la sua ultima chance: «Se il Presidente del Consiglio mi dovesse chiamare e dire “facciamo un incontro su Bagnoli con il governatore De Luca, e vediamo il vostro piano” – dice De Magistris- l’organizzerei subito». Si tratta, evidentemente, di una provocazione, poiché, oltre alla pretesa, poco istituzionale, che sia un capo del governo a chiamare un sindaco, c’è una condizione che da sola vanifica l’offerta: il premier dovrebbe cancellare decreto su Bagnoli e commissario, e ripartire dal piano del Comune. A dare un senso ancora più esplicito a queste pseudo-concessioni, De Magistris aggiunge di avere avuto con Renzi un eccesso di atteggiamento non negativo, e dichiara di essere, e di essere stato, sin troppo istituzionale nei suoi rapporti con gli altri livelli di governo. Aggiunge pure che, però, lui in realtà si sente «molto più rivoluzionario che istituzionale», adottando così per sé la definizione del partito che per settant’anni ha ininterrottamente governato il Messico (a proposito di occupazione): il partito istituzionale rivoluzionario, appunto.Ma è nella rivendicazione del ruolo del fratello Claudio che il senso di De Magistris per le istituzioni si precisa meglio – ed è una precisazione di sapore non già liberale, ma centroamericano. Claudio ha lavorato per cinque anni a titolo gratuito, e si capisce che il sindaco è rammaricato per quella che gli deve sembrare un’ingiustizia somma. Per questo, lascia intendere che nessuna decisione è presa, ma non è affatto escluso che il suo amato fratello esca da dietro le quinte, dove si è tenuto finora, per assumere un peso politico di primo piano, magari passando prima per la candidatura in consiglio comunale. Un De Magistris in cima alla lista, come candidato sindaco, e un altro subito dietro, di rincalzo, a tenere ordinate e in fila le truppe (e a legittimare, in un futuro forse non lontano, un’ipotesi di successione). L’idea che i rapporti di fiducia debbano essere modellati su, o fortificati da, i legami familiari, risale a prima di John Locke, il campione del liberalismo moderno, che duellava con un tale John Filmer proprio per affrancare la sfera dei rapporti politici e statali dal modello autoritario, di tipo patriarcal-familiare. Le istituzioni (moderne) ci sono per quello, come una dimensione terza rispetto ai legami diretti, di sangue o di clan, e l’opera della politica consiste proprio nella costruzione di questa dimensione. Ma De Magistris ha altra preoccupazione: fare le liste, e chi meglio di Claudio-Raul De Magistris può garantire la purezza rivoluzionariadei candidati delle liste civiche a sostegno di Giggino-Fidel?
L’ultima battuta dell’intervista dice però anche un’altra cosa: se si votasse oggi, De Magistris sarebbe pronto, centrodestra e centrosinistra no. Al di là dell’adeguatezza o meno dei nomi che sono in campo – Lettieri da un lato, Bassolino dall’altro, in attesa di capire se ve ne saranno altri, e chi eventualmente saranno –entrambi gli schieramenti sembrano lontani da un progetto chiaro, definito e per dir così esigibile di città. Il Pd, in particolare, ha le maggiori responsabilità: perché tiene il governo nazionale e regionale, perché il populismo di De Magistris pesca soprattutto a sinistra, e perché è dai suoi disastri passati che viene l’esplosione del bubbone arancione.
Il Sindaco di Napoli ha, dal suo punto di vista, trovato il modo per sollevarsi da molte responsabilità amministrative, facendosi contare come «uno del popolo»: arretratezza e sgangheratezza della città non possono essere imputate a lui, o alla sua famiglia, ma a chi fa soffrire il popolo: cioè i poteri forti, gli interessi costituiti da una parte, il governo nazionale dall’altro. Lo schema può funzionare, se gli altri partiti politici, che non hanno in città nemmeno la metà della popolarità del Sindaco, si limitano a denunciare sbreghi e rodomontate del Sindaco, senza riuscire a inventare nulla di nuovo. Vale anche per Bassolino, il qualesa bene di non poter fondare la sua campagna elettorale solosu idee di rivincita, o di ritorno al passato. Se non si riuscirà a dimostrare che c’è un futuro per Napoli dentro il futuro dell’Italia, e non fuori, o contro, prevarrà la linea del conflitto, e l’interprete che riesce a incarnarla nel migliore dei modi, ventilando persino la possibilità di compiere prima o poi un passo dentro le istituzioni nazionali, senza però rinunciare all’altro passo, confusamente rivoluzionarioa fianco del popolo, è ancora Luigi De Magistris.
(Il Mattino, 7 gennaio 2016)