Neanche se fossimo sicuri della bontà dei sondaggi, che oggi circolano solo fra addetti ai lavori, sapremmo dire quale governo attende il Paese. Neanche se disponessimo delle percentuali esatte fino alla terza cifra decimale. Perché il profilo delle forze politiche e soprattutto quello della loro rappresentanza parlamentare (e la conversione dei voti in seggi) non è mai stata così incerto: i Cinquestelle hanno già preso le distanze da una quindicina di possibili eletti tra le loro file; Forza Italia e Lega nessuno sa se rimarranno insieme anche dopo il 4 marzo; in Liberi e Uguali convivono almeno due anime e non è detto che la lista si trasformi in un partito; quanto al Pd e alla coalizione di centrosinistra, c’è chi immagina che anche lì ci sia una zona molle che potrebbe rendersi disponibile a soluzioni di governo a prescindere dal destino personale di Matteo Renzi. Non resta allora che moltiplicare gli scenari che, con diversi gradi di probabilità, premono per realizzarsi. A differenza che nella teodicea di Leibniz, secondo cui a prevalere alla fine è il migliore dei mondi possibili, qui in realtà non è certo nemmeno che lo scenario migliore sia anche quello che prenderà forma all’indomani del voto.
Governo del Presidente
L’ipotesi più probabile è che, di fronte all’assenza di una maggioranza parlamentare, Mattarella debba mettere un governo sotto la sua egida, perché abbia la fiducia delle due Camere. Questo significa individuare una personalità al di sopra della mischia a cui affidare la costituzione di una sorta di governo di scopo, con in mano un elenco di poche, essenziali cose da fare, tra cui spiccherebbe una nuova legge elettorale. In un simile governo potrebbero sedere personalità istituzionali, tecnici, accademici, alti funzionari, espressioni di aree politico-culturali diverse ma non direttamente esponenti di partito, come del resto è già accaduto col governo Monti. Un simile governo potrebbe avere il sostegno del centrosinistra, di Liberi e Uguali, di Forza Italia, certo non quello di Lega e Fratelli d’Italia, e probabilmente nemmeno quello dei Cinque Stelle.
Grande coalizione
Dall’arco di quelle stesse forze che sosterebbero un governo del Presidente potrebbe nascere un governo di larghe intese. E potrebbe durare, ambire cioè a coprire l’intera legislatura. La differenza la fanno i numeri: se Forza Italia e Pd, con i loro alleati minori, raggiungessero la maggioranza, allora potrebbe davvero nascere un esecutivo pienamente legittimato sul piano politico, con tanto di delegazione dei partiti al governo. Liberi e Uguali potrebbe starci, o più probabilmente non starci. Oppure dividersi. In ogni caso, la base parlamentare, e forse anche l’indirizzo programmatico, non sarebbe molto diverso da cinque anni fa: il governo Letta, che nacque dal voto del 2013, aveva infatti l’appoggio di Pd e Forza Italia. Difficile fare però ipotesi su chi sarebbe il futuro premier: se cioè Forza Italia darebbe il via libera a Renzi, o se invece chiederebbe al Pd di indicare una figura diversa, più “inclusiva”. Certo è che un governo Renzi di grande coalizione non prenderebbe un voto in più a sinistra.
Governo di centrodestra
Terzo scenario. Il centrodestra, che è più avanti nei sondaggi, raggiunge la maggioranza. Oppure arriva a un soffio dalla fatidica soglia, e racimola in Parlamento quel che gli serve per arrivare al 51%. Le esperienze passate dicono tuttavia che una risicata maggioranza di centrodestra stenterebbe a portare fino in fondo la legislatura. Del resto, già adesso Salvini, Meloni e Berlusconi non parlano affatto all’unisono: ciascuno rassicura i suoi sulla tenuta dell’accordo, ma la diffidenza reciproca è molto forte. Al partito che arriva primo nell’ambito della coalizione toccherà comunque fare il nome del Presidente del Consiglio. Lo scarto tra Forza Italia e Lega è molto ridotto, e la percentuale di indecisi ancora molto alta: tutto può succedere. Difficile, però, credere che un governo Salvini possa avere i voti degli alleati centristi. E difficile pure ipotizzare che Forza Italia possa davvero rimanere tutta unita incolonnata dietro il segretario leghista.
Centrodestra più Bonino.
Così subentra un’altra possibilità, che il centrodestra riesca a portare nella sua orbita la lista europeista della Bonino, disarticolando la coalizione di centrosinistra. L’ipotesi circolata nelle ultime ore è che Berlusconi indichi addirittura la leader radicale come premier, ma questa eventualità può servire se mai a non concedere il primato a Renzi e al Pd in un governo di grande coalizione, più che a fare un governo di centrodestra con dentro piùEuropa. Può succedere invece che il Cavaliere punti ad attrarre consensi al centro e fra gli europeisti della Bonino per sganciarsi progressivamente dalla Lega. Una soluzione di governo con dentro sia Matteo Salvini che Emma Bonino, cioè i sovranisti e i federalisti, i securitari e i garantisti appare un equilibrismo che nemmeno il Berlusconi del ‘94 saprebbe portare a buon fine.
Il populismo al governo
Se i Cinquestelle dovessero risultare il primo partito, e se fossero in grado di prospettare al presidente della Repubblica la possibilità di un appoggio parlamentare da parte di settori del centrodestra, e in particolare della Lega, allora l’incarico di formare un governo potrebbe andare a Luigi Di Maio. Un governo populista, fondato sull’asse Cinque Stelle – Lega, è di sicuro il più dirompente tra gli scenari possibili. Salto nel buio o no, sarebbe un inedito assoluto nella storia della Repubblica. Convergenze programmatiche ci sono (in tema di politiche migratorie e della sicurezza, di politiche fiscali e del lavoro, di politiche comunitarie); bisogna ovviamente che ci siano anche i numeri. E le condizioni politiche. Perché al momento i Cinque Stelle non sembrano disponibili ad alleanze, ma solo a chiedere consenso ad un ‘loro’ governo monocolore. In questo caso, Salvini e la Lega dovranno decidere se accettare di dare l’appoggio esterno, puntando sui Cinque Stelle per far saltare definitivamente il banco della seconda Repubblica.
Alleanza Cinque Stelle – sinistra
Ma i Cinque Stelle possono giocare a tutto campo. Se si confermassero primo partito, potrebbero provare a cercare voti anche a sinistra. Si ripeterebbe il tentativo (fallito) di Bersani nel 2013, ma a parti invertite. E questa volta l’argomento sarebbe: meglio appoggiare i Cinque Stelle che far tornare Berlusconi al governo. Un argomento che non è detto riscuota unanimità di consensi dentro Liberi e Uguali, ma che comincia a farsi strada persino nel Pd. Dove per un Renzi che dice mai al governo con i Cinque Stelle c’è pur sempre un Emiliano che invece accarezza con simpatia l’idea. Che i voti di Liberi e Uguali possano bastare è improbabile. Ma se il Pd va molto male, e crescono le spinte centrifughe, potrebbe darsi anche questa eventualità di un Esecutivo a guida Di Maio con la sinistra che lo sostiene in Parlamento. Difficile scommettere, però, sulla durata di un simile esperimento.
Scenario spagnolo.
L’ultimo scenario possibile è che il governo non lo si riesca proprio a fare. Che i veti reciproci prevalgano. Che i no al governo del Presidente di Lega, Fratelli d’Italia e Cinque Stelle non consentano di sperimentare neanche soluzioni emergenziali. Che il centrodestra da solo non abbia la maggioranza e che la grande coalizione sia tutto meno che grande. Che in Liberi e Uguali si imponga una linea di intransigenza e che la sinistra non presti i suoi voti a nessuna soluzione di compromesso con il Cavaliere. Che l’appello di Di Maio cada nel vuoto e che non riceva nessun soccorso verde o rosso. Se tutte queste strade risultassero sbarrate, non resterebbe che tornare rapidamente al voto, con la stessa legge elettorale. Scenario quasi weimariano, da crisi di sistema, con instabilità assicurata e forti fibrillazione sui mercati. Forse si riuscirà ad evitarlo; forse no.
(Il Mattino, 27 febbraio 2018)