Con la presa di posizione del ministro dell’Interno Salvini sul censimento dei rom, e il diluvio di dichiarazioni che ne è seguito, lo spostamento di attenzione dai problemi reali all’ordine dei problemi puramente immaginari si era già completato. Ora si è aggiunto Saviano e la scorta. Tutto si può dire però, meno che convenga al Paese andar dietro a quest’ordine di questioni per dividersi fra quelli che danno del fascista al leader leghista, e quelli per i quali bisogna strappare tutti i veli della pubblica ipocrisia. Dubito che in questo modo siamo messi dinanzi a dilemmi in qualche senso decisivi, urgenti e indifferibili. D’altronde, né in campagna elettorale, né nelle faticose settimane che hanno preceduto la nascita dell’esecutivo Conte, né nel contratto di governo fra Lega e Cinque Stelle, né infine nelle dichiarazioni rese alle Camere dal Presidente del Consiglio, si faceva menzione dei rom, dei campi nomadi e del censimento. Tantomeno di Saviano. A ragion veduta, direi, perché non vi era motivo di infilare simili questioni dentro documenti che dovevano servire a descrivere la situazione del Paese e a formulare risposte nuove e diverse ai nodi del suo mancato sviluppo, dei suoi molteplici ritardi, delle sue forti diseguaglianze. Tutte cose che coi rom non c’entrano per nulla.
Evidentemente Karl Marx aveva torto: non è vero, infatti, che l’umanità si pone soltanto quei problemi che può risolvere. C’è un mucchio di problemi che l’umanità si pone (o che le vengono imposti) non perché siano risolubili, e vengano poi effettivamente risolti, ma solo per distrarre da altri problemi, la cui risoluzione non è a portata di mano. Salvini ha detto che i rom in possesso della cittadinanza italiana “purtroppo ce li dobbiamo tenere”. Lasciamo perdere quel “purtroppo”, parecchio infelice, ma non è che gli altri, invece, li possiamo mandar via. Anche gli altri sono cittadini comunitari: non c’è alcuna base giuridica – aggiungerei: per fortuna –, per una politica di espulsioni di massa. E d’altra parte, siamo onesti: è molto dubbio che Salvini abbia davvero in mente qualcosa del genere. Probabilmente, pensa solo che sia bene che se ne parli.
E infatti se ne parla: si discute di indici di criminalità fra i rom, oppure di condizioni di vita nei campi, o anche dei Casamonica che spadroneggiano a Ostia. Nessuna di queste questioni ha però minimamente a che vedere con i problemi reali degli italiani: con le tasse, la sanità o il lavoro. Se il governo adotterà o meno un nuovo regime fiscale basato sulla flat tax, infatti, oppure: se gli riuscirà di dare il reddito di cittadinanza; o ancora: se il ministro Traia si muoverà in continuità o discontinuità con le politiche economiche dei precedenti governi, son cose che non dipendono né da presso né da lungi dal numero dei rom, italiani o di altre nazionalità. E lo stesso si dovrà dire quando sul tavolo sarà gettata la questione di un inasprimento della legittima difesa – accadrà: statene certi – o chissà cos’altro. Neppure la questione migranti, che pure rischia di mettere a soqquadro l’Unione Europea, avrebbe in sé un rapporto diretto con i nodi reali del Paese: nessuno può pensare seriamente che se blocchiamo gli sbarchi diminuisce la disoccupazione, cala il debito o cresce la produttività del sistema industriale.
Con ciò non voglio certo dire che solo i temi dell’economia devono preoccupare governo e maggioranza. Stiamo entrando in un’epoca in cui, anzi, par vero il contrario, che cioè le questioni strutturali contano sì, ma fino a un certo punto, perché tornano a pesare anche questioni ideologiche, sovrastrutturali, legate a identità, nazionalità, cultura, religione. La stessa polemica sulla scorta di Saviano: è vuota per un verso, ma per l’altro sposta linee e simboli del dibattito pubblico, cosa che di sicuro incide sugli orientamenti di voto.
Però con i rom, francamente, siamo un po’ oltre, siamo alla ricerca del capro espiatorio. Sarà come ha detto Giulia Grillo, dei 5S, che si tratta solo di una vivace modalità di espressione e non di un’idea sostanziale. Se però si andasse finalmente sulle idee sostanziali contenute nel contratto di governo, e fosse possibile, sia per la maggioranza che per l’opposizione, misurare su quelle la rotta del nuovo esecutivo, di sicuro sarebbe meglio: non dico per i rom, ma per il Paese.
(Il Mattino, 22 giugno 2018)