Il Don Rodrigo e i don Abbondio del sapere

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Una buona notizia e una cattiva. Quella cattiva è che l’accordo con la Scuola Normale di Pisa per la creazione di un polo di alta formazione a Napoli, d’intesa con la Federico II, è saltato. È bastato che il sindaco leghista della città toscana, come un Don Rodrigo qualunque, si mettesse a strillare che il matrimonio non s’aveva da fare, perché tutto finisse a carte quarantotto. Non diremo chi sia il don Abbondio, o se magari non ve ne sia più d’uno, ma Innominati che si pentono in questa storia non ve ne saranno. I due Atenei non convoleranno a nozze, nonostante i Rettori si fossero già da tempo trovati d’accordo su un’offerta formativa di eccellenza, che avrebbe permesso di ospitare la Scuola Normale nel cuore della città, nella sede federiciana di via Mezzocannone, e di conferire un prestigiosissimo titolo di studio, riconosciuto da entrambe le istituzioni accademiche.

La buona notizia è che il Ministero mantiene comunque l’impegno finanziario per la creazione a Napoli di una scuola di studi superiori, autonoma dalla Normale, ma inserita comunque nel circuito della didattica d’eccellenza. Può darsi che sia un compromesso soddisfacente: dopo tutto, è la prima volta che nasce, se nasce, una scuola di eccellenza nel Mezzogiorno, e le difficoltà dell’ultimo miglio dimostrano quanto poco fosse un risultato scontato. Ma un paio di considerazioni ulteriori non è possibile non farle, viste come sono andate le cose.

Perché le cose sono andate così, che due Università di prestigio internazionale e di lunghissima tradizione hanno lavorato per molti mesi a un progetto di altissima qualità – sia didattica che scientifica – che l’alzata di ingegno del sindaco di Pisa ha potuto mandare per aria dalla sera alla mattina. Nonostante i più alti vertici istituzionali del Paese lo avessero guardato con particolare favore. Nonostante il governo avesse dato il suo parere favorevole. Nonostante ci fosse già un emendamento approvato nelle sedi parlamentari. La Scuola Normale di Pisa è una scuola, e, certo, è di Pisa. Il fatto che sia una scuola, che sia cioè una sede del sapere, chiamata a coltivare in autonomia la propria vocazione culturale, i propri indirizzi di ricerca, la propria missione formativa, è, però, passato in secondo piano. In primo piano è venuto il fatto che è di Pisa, che ha sede a Pisa, in piazza dei Cavalieri, e che dunque ne andava difesa la pisanità. L’autorità accademica ha dovuto piegarsi all’autorità politica, ma aggiungo: a un’autorità politica ripiegata su ragioni grettamente localistiche. Forse è più sensato dire che una politica senza un disegno strategico e un’idea di Paese ha prevalso rispetto a istanze di interesse generale, di più ampio respiro e di più larghe vedute. Così sappiamo una volta per tutte quanta miopia si nasconda nella paroletta “territorio”, quanto corto sia il suo raggio, e quanto slabbrato e sdrucito sia un Paese che si riduca alla somma particolaristica ed egoistica dei suoi territori. Peggio: che quella somma proprio non la riesce a fare.

E questo è l’altro punto dolente della storia. Da un lato c’è il colpo inferto al sistema universitario, alla sua autonomia, dall’altro c’è il colpo inferto al Paese. Non dico al Mezzogiorno, dico al Paese: alla sua capacità di fare sistema, di creare sinergie, di tenere insieme tutte le sue parti. Anche se il leghismo ha messo la sordina ai temi federalisti, è ancora molto lontano dall’indicare e perseguire una strategia di sviluppo per il Sud. L’unica strategia che si vede, sta nella ricerca di un’autonomia rafforzata da parte delle regioni settentrionali, Veneto in testa, che toglierebbe ulteriore terreno alla parte meridionale del Paese. Purtroppo, il fatto che, con l’eccezione di De Luca, non ci sia stata voce a Napoli che abbia sostenuto il progetto federiciano, mentre il sindaco pisano faceva fuoco e fiamme in Parlamento, è segno di quanto, in mezzo a professioni altisonanti di orgoglio partenopeo, i ripiegamenti in una dimensione localistica, o addirittura folcloristica, facciano danno anche da queste parti.

Infine. Qualcuno lo dica al sanguigno sindaco di Pisa che oggi celebra la sua vittoria per la città: la Normale non è come la pizza, perché la scienza non porta l’etichetta di indicazione geografica tipica, e non diminuisce se viene diffusa ma, anzi, aumenta. Aprire una sede a Napoli avrebbe dato lustro alla Scuola: non avrebbe tolto, avrebbe aggiunto. E non c’è stato chierico nel Medioevo, e studente in tempi moderni, così come non ci sarà “millennial” nel futuro che non amerà muoversi, spostarsi e scambiare esperienze, perché di queste cose è fatto il sapere.

(Il Mattino, 14 dicembre 2018)

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