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Che cos’è un libro per te (cioè per Enrico)

Il libro è una pianta: cresce piano piano e ogni foglia è una storia.

Il libro è una strega buona: all’apparenza è cattiva ma sotto sotto è molto dolce

Il libro è una colla: attacca alla nostra mente la conoscenza.

Il libro è un polmone: respira l’aria del sapere

Trasporti funebri

Enrico: – Papà, ma quando uno muore lo portano nella tomba, oppure muore proprio nella tomba? –
Io: – No, lo portano -:
Enrico: – E che lo portano a fare? -.
Io: – Eh, perché il corpo diventa come la terra -.
Enrico – E quanto si deve aspettare per andare in cielo? -.
Io: – Non lo so, nessuno lo sa -.
Enrico: – Papà, ma io mi annoio. Che ci faccio là? Allora voglio morire vecchio –

Tu l'hai detto

Oggi pomeriggio a Top of The Pops c’era Shakira, con She, Wolf.

Enrico: "Questa cantante è proprio brava!"
Io: "Dici?"
Enrico: "Vedi come si abbassa? E’ proprio brava!".
Io: "Come si abbassa?"
Enrico: "Sì, perché una cantante più si abbassa e più è brava".
Io: "E chi te l’ha detto?"
Enrico: "Tu, papà!".

 

La popolarità, a questo mondo

Enrico: – Papà, ma le tigri sono popolari perché sono le zie dei leoni?
Io: – Come sarebbe? -.
Enrico: – Ma le tigri sono parenti dei leoni? -.
Io: – Sì, sono parenti -.
Enrico: – E sono popolari? -.
Io: – Ma che vuol dire ‘popolari’?
Enrico: – Che una sola tigre popola un grande pezzo di natura. Come un leone -.
Io: – ma perché vuoi sapere se le tigri sono popolari? -.
Enrico: – Tigro (tigro è una tigre vero? Per forza: si chiama così!) in un cartone ha insegnato a Ih-Oh a dire ciao. Solo che diceva solo ciao. Poi alla fine ha detto: "E’ facile essere popolare, basta essere me stesso". Allora Ih-Oh ha cominciato a fare come lui e s’è messo a saltellare in tutto il bosco come aveva fatto Tigro. E ha detto che allora era popolare. E perciò volevo sapere se la tigre è popolare -.
Io – E i leoni?
Enrico: Papà, Ih-Oh credeva che più o meno Tigro è come un re della natura. Poi Ih-Oh si credeva sempre triste e non salutava niente. Perciò Tigro che salta sempre e saluta tutta la gente conosce tutti. Addirittura si inventa i nomi, per dire. Allora Ih OH voleva fare come lui e popolare pure lui -.
Io – Ho capito. Però popolare vuol dire che si è conosciuti dal popolo, cioè da un sacco di gente -.
Enrico: – Ci penso papà -.

Dinanzi allo specchio

Renata: – Ico, sto meglio così o… così? –
Enrico: – Così. Sembri più femmina -.

Insegnamenti metafisici

Enrico (a tavola, dopo avere seguito un certo spot): – Papà, ma che cosa ci vuole per fare il legno? –
Io: – Un albero -.
Enrico: – E per fare un albero? –
Io: – Un seme -.
Enrico – Eh? -.
Io: – Sì. Dal seme crescerà l’albero -:
Enrico: – E per fare un seme? -.
Io: – Un frutto-.
Enrico: – E per fare un frutto? –
Io (con tono di soddisfazione): – Un fiore! –
Enrico (insofferente e palesemente insoddisfatto per le continue risposte): – E allora per fare Dio? -.
Io: – Un altro dio? -.
Enrico: – E come ci fa a esserci un altro dio prima di fare Dio? –
Io: – Giusto. E allora come si fa? –
Enrico: – Dio non si fa. Dio esiste da sempre. Non hai capito, papà! -.

Dentro di loro

Il tema dell’estate assegnato da Il Foglio è: "che c’è dentro di me". Il quale mi pare che dica – se capisco bene – che c’è una cosa che chiamiamo "sé", la quale ha un "dentro" (e immagino anche un "fuori", però evidentemente meno interessante), in cui ci sarebbe "qualcosa", che però non è ben chiaro cosa sia, perché altrimenti non staremmo a ragionarci sopra per l’intera estate. Nonostante questa poca chiarezza, ci sarebbe già un nome per questa "cosa" che si trova "dentro" di "sé" ma che non si sa bene che cos’è, ed è, stando a Il Foglio, "coscienza". Oppure la "coscienza" è ciò che serve per cercare quel che c’è "dentro" di "sé": ma allora dove si trova, a sua volta, la "coscienza"? Oppure chi "ha" coscienza (perché la coscienza è una cosa che si ha – oppure che si è?) sa già, per il fatto stesso di aver coscienza, che ha coscienza, e che ce l’ha dentro di sé? Ma perché per aver coscienza di aver coscienza, bisogna avercela "dentro"? O si tratta di quel che è "dentro" la coscienza, e di cui la coscienza stessa nulla sa? Ma come fa la "coscienza" ad avere un "dentro"?  (Son metafore? D’accordo, e allora me le sostituite, per favore, con le espressioni proprie?)

Com’è chiaro, io ho difficoltà non con la ricerca di ciò che è dentro di me, ma con l’assegnare un significato chiaro ai termini che definiscono il campo dentro cui si dovrebbe condurre la ricerca. Presumo che mi si chiederà di non far finta di non capire, e di fare qualche sforzo, per esercitare in prima persona quella riflessione grazie alla quale ciascuno scopre di avere un sé (o scopre di avere un dentro, o scopre che il suo sé ha un dentro?). Come se poi fosse ben chiaro cos’è la "prima persona". In ogni caso, adesso è tardi, ma domani giro la domanda di Ferrara a Renata, di anni otto e mezzo, Enrico, di anni cinque e mezzo, e Mauro, di anni tre, e vediamo se loro capiscono meglio di me cosa si vuole con questa storia di quel che è dentro di loro

Q.E.D.

Oggi, alla scuola materna di Aiello di Baronissi, c’è stata la festa di fine anno. I bambini di cinque anni, tra i quali Enrico, salutavano le maestre perché dal prossimo anno comincia anche per loro la scuola elementare.
I genitori, a loro volta, han salutato le maestre – c’era pure la maestra Bice che andava in pensione, e quindi i saluti sono stati più calorosi del solito – e anch’io, com’è usanza, ho porto i miei saluti. Ma al momento di andarmene, raccolta la pergamena, il grembiule, i quadernoni, i figli, sono stato richiamato: – il sig. Adinolfi? -, mi dice una mamma. – Sì, sono io – rispondo. – La cerca l’insegnante di religione -. In effetti, non l’avevo salutata: colpa mia che per un vecchio riflesso laicista dò importanza solo agli insegnamenti curriculari. Mi avvicino all’insegnante di religione, la quale mi fa:

– E’ lei il sig. Adinolfi? -:
– Sì, sono io -.
– Guardi, volevo avvertirla che ho trattenuto il quaderno di religione di suo figlio -:
– ?? -.
– Siccome sono in prova, devo documentare il lavoro svolto quest’anno, e ho scelto il quadernone di Enrico perché è quello meglio riuscito. Poi glielo farò avere, non si preoccupi -:
Guardo i quaderni, guardo la maestra:
– Lei legge per caso il mio blog? – le chiedo.
– Blog? -.
– No, niente, non si preoccupi. Allora mi avvertirà la scuola quando potrò ritirare il quaderno -.
– Si grazie -.
– Arrivederci -.
– Arrivederci -.

 

Enrico, domani

Vado su ffdes, ci trovo gli artisti uniti per l’Abruzzo. Mi ascolto la canzone: Se siamo insieme domani è già qui. La canzone finisce, comincia Enrico.

(Le parole che seguono sono state scritte in presa diretta, queste che avete letto invece no)
Enrico: – Domani non esiste vero papà? -.
Io: – Come? -.
Enrico: – Domani è un modo di dire un altro giorno -.
Io: – Ma un altro giorno esiste? -.
Enrico: – Per esempio domani sarebbe questo giorno, quindi venerdì è già passato e allora siamo a oggi e quindi domani non esiste. Venerdì è passato e oggi è sabato e non è domani. Domani ci sta sempre ma non è mai oggi. Se è venerdì, sabato era domani, di venerdì. Se venerdì è già passato, non è più venerdì, è sabato, e sabato non è più domani, perché oggi è sabato e domani non è sabato, se no ci sarebbero due sabati: capito? E quindi è lo stesso per domenica -.
Io: – Ma allora esiste? –
Enrico – Sì esiste solo che fa tutto il giro per i giorni. Pure oggi, e pure dopodomani. Se passi a quel giorno, quel giorno non è più domani, capito papà? Perciò hanno inventato i modi di dire: domani, dopodomani, eccetera -.

Formula di chiusura

Mauro: – Papà, dove sta zio Vincenzo? -.
Io: – A Bologna -.
Mauro: – No: sta a casa sua -.
Io: – Ma casa sua sta a Bologna -.
Enrico: – E Bologna sta in Italia -.
Io: – Giusto -.
Enrico. – E l’Italia dove sta? -.
Io: – In Europa -.
Enrico: – E l’Europa? -.
Io: – Nel mondo -.
Enrico: – E il mondo? -.
Io: – Nell’universo -.
Enrico: – E l’universo? -.
Io: – L’universo non sta da nessuna parte -.
Enrico: – No. sta in Dio -.
Io: – E allora Dio? -.
Enrico ci pensa un po’, poi: – Dio è di Gesù -.

Addizione

Io: – Se tanto mi dà tanto… -.
Enrico: – Hai due tanti, papà! -.

Wiederholung des Sinnes

Enrico: . E così l’accapacchiacani… -.
Io: – No, Enri: l’accalappiacani -.
Enrico: – E così l’appalacchiacani… -.
Io: No, Enri: l’accalappiacani -:
Enrico: – E così Il catturatore…-.

 

Fama

Alle 15.45 prendo Enrico a scuola. Togli il grembiule metti il capotto la sciarpa il cappello. In auto. corro fino alla piscina universitaria. Lascio un documento e prendo la chiave dell’armadietto. Spogliatoio. Aiuto Enrico a svestirsi e a indossare costume occhiali cuffia. Ore 16.00 Poso la borsa nell’armadietto e saluto Enrico.
Torno di corsa in biblioteca. Cavolo, ho dimenticato il pass. Parcheggio lontano e corro a piedi. In biblioteca, fila per consegnare i libri in prestito. Poi scendo di corsa nel fondo librario. Prendo altri tre libri, compilo le schede e aspetto l’addetto per l’autorizzazione al prestito. Arriva. I libri mi vengono rilasciati. Corro all’auto, poi in auto corro verso la piscina universitaria. Parcheggio. Corro. Sono in tempo. Entro nello spogliatoio alle 16.58, due minuti prima che Enrico abbia finito il suo turno.
E qui mi accorgo di avere dimenticato la chiave dell’armadietto in auto.
Allora corro fuori, dalla ragazza a cui avevo lasciato un documento, chiedendo se abbia una seconda chiave. Non so, adesso vedo. Un minuto dopo, mi consegna un mazzo di chiavi. Provi con queste. Corro nello spogliatoio. Comincio a provare le chiavi. Non riesco a trovare quella giusta, cavolo! Non aprono! I bimbi escono dalla piscina. Enrico grida: Papà! Papà! Lascio le chiavi e corro da Enrico. Papà non ti vedevo. Sono qui, Enrico. Lo porto sotto la doccia. Comincio a lavarlo, e a spiegargli che la borsa è chiusa nell’armadietto, e che dovrò lasciarlo con il mio giubbotto addosso, mentre di corsa andrò a prendere la chiave in macchina. No, papà: non voglio!
Compare mia cognata. Maria, ho la borsa chiusa nell’armadietto, ho lasciato tutto lì. Ho capito, dice lei, e corre via. Un minuto dopo, mi porta shampoo e bagnoschiuma di suo figlio. Hai capito al volo, Maria! Mi serve tutto!!
Vengo via dalla doccia. Papà ho freddo. Aspetta. E mentre decido di che morte morire, un addetta alle pulizie mi si fa innanzi con la borsa di Enrico: cerca questa, signore?
 
La mia fama presso la piscina universitaria sta crescendo.
Aggiornamento: Pare che abbia dimenticato nello spogliatoio costume occhiali cuffia.

Sinistra e destra: lezioni

Enrico: – Mamma, ma quando sarò grande potrò guidare la moto -.
Mamma: – Sì, amore. Però mamma e papà devono essere sicuri che tu sia attento e prudente -.
Enrico: – Mamma, ma che significa prudente? -.
Mamma: – Che fai attenzione a ogni cosa, che vai piano, che per esempio quando attraversi guardi prima a destra e a sinistra…-.
Enrico: – No! -.
Mamma: – ?? -.
Enrico: – Si guarda prima a sinistra e poi a destra. Ce lo hanno detto i vigili -.

Sul far della sera

Enrico: – Papàà! -.
Io: – Che c’è? -.
Enrico: – Papà, mi porti a Betlemme? –
Io: – Figlio mio, ormai sei un tag -.