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La sinistra moderna secondo Amato

coppia_funzionale12Il mondo qual è e il mondo quale deve essere. E una sinistra che non può esistere se non cerca linee di scorrimento dall’uno all’altro mondo. Giuliano Amato ha dato un’intervista al Foglio, in cui è difficile trovare risposte banali. Qualche esempio. A proposito della situazione in Medioriente: «non possiamo fronteggiare l’onda lunga della fuga dei siriani senza affrontare in modo efficace il problema siriano». A proposito dell’accoglienza e del diritto di asilo europeo: «La strada dell’asilo europeo è giusta, ma non funziona se non si rendono europee le stesse procedure di registrazione». A proposito della sinistra continentale: «non è stata capace di produrre politiche in grado di fronteggiare e di superare la crisi economica […] e ha finito per trovare rifugio nei diritti civili. Tema sacrosanto, ma una sinistra che campa di diritti civili è una sinistra che non si sa quanto possa durare». A proposito, infine, dei populismi e delle forze anti sistema: «o mutano nel tempo o rimangono passeggeri. Vale anche per l’Italia: il giorno in cui vi sarà una forza di centrodestra capace di contendere elettori al Pd sono convinto che l’anti-politica sarà riassorbita».

Ognuno di questi giudizi può essere discusso, precisato, riveduto, ma non c’è dubbio che disegnano il perimetro di una sinistra più razionale che sentimentale, che non si innamora delle proprie idee senza preoccuparsi insieme di procurare ad esse capacità di intervento nel mondo e di governo reale delle cose. Amato indica abbastanza chiaramente da quali sirene bisogna che la sinistra sappia guardarsi. A proposito dell’ordine internazionale: da un pacifismo velleitario, che non solo ripudia la guerra, ma rifiuta pure di guardare dentro la realtà geopolitica mondiale, ed è quindi impreparata a misurarsi con la crisi drammaticamente aperte alle porte del continente: vale per la Siria ma vale anche per l’Ucraina, o per la Libia. Un conto è il mondo di pace e di cooperazione, «quale deve essere», un altro è il mondo qual è, nel quale non solo ci sono le guerre, ma c’è chi, come la Russia di Putin, non perde tempo ad occupare gli spazi che gli occidentali lasciano vuoti. A proposito dei flussi migratori, la sirena dalla quale la sinistra deve guardarsi è la sirena di un umanitarismo appassionato ma ingenuo, che in nome di una indistinta e universale solidarietà (il mondo «quale deve essere»), non predispone strumenti di governo dei fenomeni, e non costruisce un quadro regolatorio efficace. Ancora: a proposito dei temi politici interni, che contribuiscono a definire l’identità, ma anche le priorità programmatiche delle forze di sinistra, la sirena è quella di un moralismo o di un giuridicismo astratto, che si costruisce anche aggressivamente intorno alla frontiera dei diritti civili, essendo ormai sempre più intimidita sul versante della cultura economica e sociale, sicché quel che perde arretrando su quest’ultimo terreno, cerca di prendersi avanzando su quell’altro terreno. Siccome la struttura economica del mondo qual è non la si riesce a riformare, insomma, si costruiscono – in una chiave surrogatoria dell’identità progressista – altri orizzonti di riforme e di cambiamento. Infine, a proposito delle nuove istanze che si affacciano nello spazio politico, la sirena ammaliante da non ascoltare è l’infantilismo della democrazia diretta. Nel mondo quale deve essere, la disintermediazione elimina ogni problema di leadership: ognuno vale uno, e il leader è solo un megafono. Nel mondo qual è, senza leadership personali non si va da nessuna parte, e le leggi ferree dell’organizzazione costringono anche i più informali dei movimenti a mettere, prima o poi, la cravatta.

Pacifismo velleitario, umanitarismo ingenuo, moralismo astratto, democraticismo estremistico: una sinistra che si tenesse alla larga da tutte queste malattie sarebbe la sinistra dal profilo riformista su cui Amato invita a ragionare. Il ragionamento può discostarsi da alcune delle soluzioni alle quali Amato pensa. Ad esempio: la critica al fallimento dell’Occidente nel confronto con il fondamentalismo islamico è comprensibile e fondata, ma nell’alternativa che si disegna ormai in maniera ineludibile – o noi, o loro – dobbiamo comunque evitare di trascinare l’intero mondo islamico, e studiare con esso le forme di un possibile «noi e loro». Ancora: è giusto denunciare i limiti della cultura economica della sinistra europea nella crisi, ma l’analisi andrebbe forse portata più a fondo, alle condotte della sinistra da Maastricht in poi. Senza dire che è giusto ridefinire certe priorità, ma la contrapposizione fra i due versanti – quello dei diritti civili, e quello dei diritti economici e sociali – può essere forse evitata, senza pensare che le richieste su un versante siano giocoforza una forma di risarcimento per quello che non si ottiene sull’altro versante.

Si può ragionare, insomma: però c’è materia per chiamare davvero le cose col loro nome, invece di nascondersi ipocritamente i problemi. Sarebbe importante che le sollecitazioni di Amato venissero accolte, anche solo per scongiurare la tentazione minoritaria (e perdente) che consiste nel tenersi strette le proprie vecchie, care idee, perché è tanto rassicurante, pagando però il prezzo di non metterle davvero in gioco, nell’attrito vero con la realtà, cioè col mondo qual è.

(Il Mattino, 18 settembre 2015)