Domanda: si può essere d’accordo con Renzi, che ieri, intervenendo nella direzione nazionale del Pd riunita per avviare la discussione sul Mezzogiorno, ha affermato: «il problema del Sud oggi non è la mancanza dei soldi. E’ la mancanza della politica»? Forse sì, si può concordare, a condizione però di leggere questa affermazione secondo il suo funzionamento retorico, e cioè nel modo seguente: «Quand’anche vi fossero i soldi, il problema è che manca comunque la politica, mancano le idee, manca una visione». Detta così, funziona. Perché tutti questi soldi in giro non si vedono. Renzi ha annunciato un «masterplan» per la metà di settembre, al quale dunque il Pd lavorerà per un mese, per poi inserire l’insieme delle proposte elaborate nella legge di stabilità. E si capirà dunque solo allora se i soldi ci sono per davvero, e di quali soldi di parla: di quali fondi, di quali investimenti, di quali opere e via di questo passo.
Resta vero, però: senza che la politica assuma daccapo – come dopo l’unità d’Italia, come dopo la guerra – il compito di cucire insieme i pezzi del Paese, il Sud rimarrà inevitabilmente indietro, in quella condizione permanente di sottosviluppo che il rapporto Svimez ha denunciato con toni drammatici in questi giorni.
Vista in questa prospettiva, forse la riunione di ieri del Pd non è stata inutile. C’è stata anzi una presa d’atto importante, quando il segretario del Pd ha ammesso che anche il centrosinistra ha subito negli ultimi quindici anni il fascino di una questione settentrionale divenuta improvvisamente una priorità, a scapito però del resto del Paese. Ma proprio per le ragioni che Renzi ha accampato, che cioè non bastano le chiacchiere, bisogna ancora aspettare prima di dire se il bicchiere della direzione di ieri era mezzo pieno, oppure mezzo vuoto.
Mettiamola così: era vuoto di quella visione, di quel progetto per il Sud che manca al Pd come al Paese, e che certo non si costruisce in un singolo pomeriggio di agosto. Ma forse era pieno almeno della consapevolezza che questo progetto, questa idea di fondo manca, e bisogna cominciare a costruirla, metterla nella testa delle persone, trasformarla in un obiettivo delle politiche del governo, farla passare nell’opinione pubblica e nelle sue classi dirigenti, rappresentarla e perseguirla come un traguardo di tutto il Paese.
Il partito democratico, la maggioranza di governo sono in grado di imporre un simile cambio di agenda? Hanno idee e uomini per farlo? Nella direzione di ieri c’era il premier, c’erano i ministri, c’erano i governatori delle regioni del Mezzogiorno e i parlamentari meridionali: c’erano proprio tutti, insomma. Non vi sono stati punti di particolare tensione e s’è ascoltato pure un certo sforzo di «impegnarsi» e non solo di «lamentarsi», come vuole Renzi. Ma un esercizio di buona volontà (per una volta senza esasperate divisioni interne) non è ancora una linea politica.
E, in verità, neanche un ministro del Mezzogiorno fa, da solo, una politica. Anzi: tirarlo fuori dal cilindro della direzione avrebbe forse avuto un significato puramente strumentale: volete che vi dimostri quanto è impegnato il governo? Ecco, vi nomino su due piedi un Ministro, così che non si dica che il governo è disattento su questo fronte. O almeno vi indico un sottosegretario ad hoc, magari mi invento un volto nuovo, un campione del Sud da mandare dinanzi alle telecamere a tappare le falle tutte le volte che si torna a parlare di Mezzogiorno, così che, di nuovo, non si dica che il premier non ha presente la «quistione». Non è andata così, invece: non c’è stato nessun effetto speciale, nessuna trovata estemporanea.
Certo però che l’esito della riunione è parso un po’ sottotono, ed è curioso che Renzi, proprio nel giorno di una direzione interamente dedicata a parlare dei problemi del Sud (perché per le proposte e gli annunci concreti si aspetta, come detto, il masterplan), provi a lanciare l’hashtag: #zerochiacchiere. Vale la pena notare il paradosso: non tanto o non solo, però, per denunciare il fatto che ieri si sia soltanto parlato (non oso dire chiacchierato), ma casomai per rilevare che il Pd è ancora in cerca delle parole efficaci. Basta con gli stereotipi e con i pregiudizi, s’è detto, e basta pure col piagnisteo. Giusto. Ma come lo si convince il Paese che non c’è provvedimento che il governo debba prendere, di qui in avanti, per cui non si debbamo misurare gli effetti sul divario fra Nord e Sud, per ridurli e non per perpetuarli, che si tratti di banda larga o di scuola, di portualità o di tutela dell’ambiente, di investimenti pubblici o di incentivi fiscali? Se lo si potesse scrivere in Costituzione, o farne comunque un termine vincolante delle politiche del governo allora sì: sarebbe la prova provata che, anche dopo il rapporto Svimez, la direzione del Pd e pure il masterplan, si penserà davvero che lo sviluppo del Mezzogiorno è interesse dell’Italia intera.
In mancanza di impegni del genere, di un orgogliosa professione di meridionalismo (certo nuovo, certo ripensato, certo ridefinito negli uomini e nelle idee, ma meridionalismo): siamo al solito bicchiere che non si sa bene come prendere. E se anche fosse mezzo pieno, con questo caldo è chiaro che non basterà.
(Il Mattino, 8 agosto 2015)